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Il Foglio Rassegna Stampa
21.11.2019 Che cos'è l'islamogoscismo? La risposta arriva da Parigi. Ce ne accorgeremo anche in Italia?
Commento di Mauro Zanon

Testata: Il Foglio
Data: 21 novembre 2019
Pagina: 2
Autore: Mauro Zanon
Titolo: «Un docu francese mostra la 'santa alleanza' tra gauche radicale e islam politico»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 21/11/2019, a pag.13 con il titolo "Un docu francese mostra la 'santa alleanza' tra gauche radicale e islam politico" il commento di Mauro Zanon.

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Mauro Zanon

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Che cos'è l'islamogoscismo?

Parigi. Da un lato, sotto il vessillo della “lotta all’islamofobia”, si raggruppano predicatori à la Tariq Ramadan, che giudicano l’occidente troppo “giudeo-cristiano”, militanti indigenisti che sognano di “decolonizzare la Francia”, e attivisti “razzialisti” che organizzano campi estivi vietati ai bianchi. Dall’altro, si tengono mano nella mano gli utili idioti dell’islamismo: politici, giornalisti e intellettuali à la Edwy Plenel che considerano i musulmani la “nuova classe operaia”, i “nuovi dannati della terra”, al punto da favorire l’incursione del virus islamista nella società, andando contro i valori di libertà e laicità occidentali. Sono i due volti della stessa ideologia, l’islamogoscismo, che sta conquistando atenei, tribune e palcoscenici televisivi e che Yves Azeroual, giornalista francese, ha messo sotto i riflettori nel suo ultimo documentario, presentato martedì sera in anteprima al Club de l’Étoile a Parigi: “Islamogauchisme, la trahison du rêve européen”. Con interviste a 360 gradi, da sinistra a destra, dal mondo della politica a quello intellettuale, Azeroual denuncia le radici del male che si sta diffondendo in Francia, e più in generale in Europa, e rappresenta oggi il principale pericolo per le nostre democrazie liberali. Il documentario parte dall’episodio più emblematico di quest’anno: quello che ha visto protagonista il filosofo e accademico di Francia Alain Finkielkraut lo scorso 16 febbraio, quando, a margine della mobilitazione dei gilet gialli, è stato insultato e minacciato al grido di “sporco ebreo” e “sporco sionista” prima da un musulmano noto ai servizi segreti per la sua appartenenza ai milieu salafiti, poi da vari individui militanti di estrema sinistra. E’ in quel momento che la “santa alleanza”, come la definisce il filosofo Raphaël Enthoven nel documentario, tra la gauche radicale francese e l’islam politico irrompe con violenza nel paesaggio mediatico, è in quella raffica di insulti antisemiti che emerge la realtà, a lungo trascurata, di un’amicizia diabolica tra gli ex trotzkisti e i cattivi maestri dell’islamismo. François Pupponi, ex sindaco socialista di Sarcelles, banlieue multietnica a nord-ovest di Parigi, ha conosciuto da vicino l’islamogoscismo in occasione delle elezioni legislative del 2017. Al secondo turno, si è trovato di fronte a Samy Debah, fondatore del controverso Collectif contre l’islamophobie en France, che si era presentato come “candidato indipendente”, nonostante le sue vicinanze alle reti salafite. Dopo essere stato eliminato al primo turno, il candidato della France insoumise, il partito della sinistra radicale di JeanLuc Mélenchon, ha invitato a votare per Debah, contro il centro-sinistra riunito dietro Pupponi. “L’islamogoscismo l’ho vissuto in diretta”, dice Pupponi nel documentario. Caroline Fourest, femminista laica, racconta di come è diventata il nemico pubblico numero uno della gauche giacobina, da quando ha denunciato l’islamismo soft di Tariq Ramadan, santino delle periferie e “amico di Plenel”, il direttore di Mediapart. Jean Birnbaum, responsabile del Monde des livres, l’inserto letterario del Monde, denuncia il “silenzio religioso” (che è anche il titolo di un suo libro) della gauche dinanzi all’islam, contro quei progressisti che hanno tradito la loro storia e dimenticato le loro battaglie, mettendosi il bavaglio per paura di essere tacciati di islamofobia. E Philippe Val, ex direttore di Charlie Hebdo, ricorda con rabbia tutti quegli intellettuali che, dopo la strage islamista che ha decimato la sua ex redazione, dicevano che le vere vittime erano i musulmani “stigmatizzati” da chi era sceso in piazza gridando “Je suis Charlie”. Nel documentario, c’è anche la preziosa testimonianza di Djordje Kuzmanovic, ex consigliere di Jean-Luc Mélenchon, che nel novembre dello scorso anno ha deciso di lasciare la France insoumise per l’antisemitismo disinibito di certi esponenti e la loro ambiguità nei confronti dell’islamismo.

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