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Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 07/08/2019 a pag. 1 con il titolo "Trump è molto nei guai con i dossier Turchia e Iran (e pure il resto non va bene)" il commento di Daniele Raineri.
Connor Betts, l'assassino di Dayton (Ohio) che ha ammazzato nove persone prima di essere ucciso, si dichiarava metallaro e di sinistra, odiava Trump, adorava Satana e sosteneva la senatrice democratica Elisabeth Warren. La notizia viene però citata solo di sfuggita, mentre sul banco degli imputati i media mettono esclusivamente il suprematismo bianco.
Non riprendiamo dal MESSAGGERO, a pag. 10, il pezzo di Flavio Pompetti dal titolo "Proteste dei lettori, il New York Times cambia il titolo morbido su Trump", un articolo senza infamia e senza lode che però riporta le proteste di numerosi lettori del NYT per un titolo giudicato troppo poco critico di Trump. Non stupisce una simile reazione, visto quello a cui li ha abituati la testata di New York, solita ad attaccare frontalmente e senza meze misure il Presidente americano.
L'articolo di Raineri critica ma non criminalizza Trump, riconoscendogli anche dei meriti. Raineri potrà scrivere in futuro altri articoli senza insultare Trump? Ecco l'articolo di Daniele Raineri:
Erdogan vuole invece una fascia di sicurezza profonda almeno 32 chilometri, per creare una zona cuscinetto tra il confine della Turchia e i curdi – che considera terroristi pericolosi perché affiliati al Pkk. In questa zona cuscinetto i turchi riverserebbero molti dei tre milioni di profughi siriani che da anni vivono in Siria e che i media della Turchia da qualche giorno trattano con una luce pessima, per farli diventare ancora più sgraditi a un’opinione pubblica che già non li ama. Sarebbe un’operazione di ingegneria etnomilitare per togliere ai curdi la contiguità con la Turchia, rimpiazzare i curdi con arabi siriani e creare nello spazio così conquistato un nuovo territorio sotto il controllo dell’esercito turco. E’ molto probabile che la nuova area sarebbe consegnata ad alcuni reparti di quelle forze militari che un tempo erano ribelli contro il rais siriano Bashar el Assad ma che oggi sono diventate (anche) estensioni paramilitari della politica turca in Siria. Già hanno il controllo del cantone di Afrin, da cui i curdi sono stati cacciati con un’operazione simile nel gennaio 2018. Trump a dicembre aveva annunciato dopo una telefonata con Erdogan il ritiro a sorpresa dei duemila soldati americani che assieme ai curdi controllano la Siria orientale, strappata battaglia dopo battaglia ai fanatici dello Stato islamico, e aveva detto che i turchi avrebbero pensato loro alla guerra contro lo Stato islamico. Il ritiro poi non è avvenuto – misteri della politica trumpiana – e i curdi con l’appoggio dei bombardieri e delle forze speciali americane hanno espugnato anche l’ultima zona in mano ai terroristi islamisti, a Baghouz. Adesso però il Pentagono dice che non si potrà opporre all’opera - zione turca in Siria. Di fatto, non riuscirà a fermare una guerra fra la Turchia (esercito più grande della Nato dopo quello americano) e i curdi che sono stati preziosi alleati nella guerra contro lo Stato islamico. E i curdi avvertono che in caso di conflitto non potranno fare la guardia ai campi dove custodiscono decine di migliaia di prigionieri dello Stato islamico, stranieri inclusi. Per lo Stato islamico è uno scenario da sogno: perdere la guerra nella Siria orientale a marzo, vedere la stessa zona precipitare nel caos di una nuova guerra nel giro di cinque mesi. In Iran il presidente Trump voleva ripetere il miracolo mediatico compiuto in Corea del nord: incontri che erano considerati impossibili, strette di mano davanti ai giornalisti eccitati, immagini storiche. Ma il piano non sta funzionando. Due giorni fa il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha respinto un invito alla Casa Bianca – dopo essere stato colpito da sanzioni personali. Ieri il regime iraniano ha fatto sapere che la condizione preliminare per ogni eventuale incontro è la fine delle sanzioni. Se Trump vuole i flash dei fotografi e una visita storica a Teheran, prima dovrà annullare le sanzioni americane – incluse quelle ancora più dure che aveva aggiunto alle già esistenti. Se lo facesse, seguirebbe lo stesso percorso di Obama – che congelò le sanzioni nel luglio 2015 – ma senza nemmeno ottenere uno stop alla produzione di materiale nucleare. Difficile che accetti.
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