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Il Foglio Rassegna Stampa
23.07.2019 Continua la linea del Foglio contro Donald Trump
Il pezzo di oggi è firmato da Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 23 luglio 2019
Pagina: 1
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Il flirt iraniano di Trump»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 23/07/2019 a pag. 1 con il titolo "Il flirt iraniano di Trump" il commento di Daniele Raineri.

Quella di Trump verso l'Iran è una strategia analoga a quella impegata dal Presidente americano in questi anni per gestire e risolvere altre situazioni di conflitto internazionale: il bastone e la carota. Da una parte Trump è disposto al dialogo con chiunque, dall'altra però mantiene una linea chiara senza piegarsi a compromessi con gli avversari. Il Foglio, invece, scrive di "flirt iraniano di Trump" e di "avvicinamento" agli ayatollah, dimostrando di seguire ancora la linea Ferrara di aperta ostilità al Presidente americano.

Ecco l'articolo:

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Daniele Raineri

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Donald Trump con Benjamin Netanyahu

Roma. Non c’era un periodo così teso nel Golfo da molti anni per colpa della situazione di quasi-guerra con l’Iran, ma in tutto questo è necessario considerare sempre che il presidente americano, Donald Trump, aspira a ripetere con i nemici iraniani l’exploit diplomatico visto con la Corea del nord. Il contesto è molto duro, fatto di continue manovre e contromanovre militari nello Stretto di Hormuz che fino a pochi mesi fa sarebbero state considerate gravissime e invece oggi sembrano quasi la normalità. Dall’inizio di maggio a oggi abbiamo visto sei petroliere danneggiate da sabotatori anonimi (il primo sospettato è l’Iran), l’arrivo di duemila militari americani, un aereo spia americano molto sofisticato abbattuto in alta quota da un missile dell’Iran, un attacco americano annullato all’ultimo momento, un drone iraniano abbattuto dagli americani (dice Trump) e una petroliera britannica catturata dai militari iraniani per rappresaglia contro il sequestro di una petroliera iraniana a Gibilterra (portava carburante al regime siriano di Bashar el Assad in violazione delle sanzioni dell’Unione europea). Senza contare che venerdì un velivolo non ancora identificato ha bombardato per la prima volta una base con militari iraniani in Iraq. Eppure in tutto questo è chiaro che Trump vorrebbe ripetere con il regime dell’ayatollah Khamenei quello che ha fatto con la Corea del nord. Anche la sequenza di avvicinamento è simile. Per arrivare a negoziare di persona con il dittatore nordcoreano Kim Jong Un, il presidente americano usò nella fase iniziale un approccio durissimo, promise che avrebbe risposto ai test di Kim con “fire and fury”, irrise Kim e lo chiamò “l’uomo razzo”. Poi quando la tensione divenne molto alta accennò alla possibilità di un incontro personale e ci fu una svolta diplomatica. Da allora i contatti sono diventati frenetici. Trump ha incontrato Kim già tre volte ormai – e in ogni occasione i media sono impazziti. Durante l’ultimo incontro il presidente americano ha varcato la linea di confine nella zona demilitarizzata tra Corea del nord e Corea del sud per stringere la mano a Kim e non era mai successo prima. Che importa se risultati concreti per ora non ce ne sono e la Corea del nord non ha alcuna intenzione di rinunciare alle armi nucleari, l’attenzione attorno a Trump è stata altissima e quindi i negoziati dal suo punto di vista sono senz’altro una cosa eccellente. Kim nel frattempo si gode una legittimità internazionale che non aveva mai avuto perché era sempre stato considerato un mattoide. E’ possibile che Trump desideri la stessa cosa con l’Iran. Durante la campagna elettorale definì l’accordo firmato dal predecessore Obama con l’Iran per congelare il programma atomico “il peggiore accordo di sempre”, e queste parole sono famose, ma si tende a dimenticare quello che disse dopo: “Io ne farò uno migliore”. Se dopo essere stato il primo presidente americano a varcare il confine sul trentottesimo parallelo in Corea Trump diventasse anche il primo presidente a essere invitato in Iran dopo la rivoluzione del 1979, sarebbe un evento storico. E’ probabile che l’eccitazione che abbiamo visto quando è successo in Corea del nord in confronto all’Iran sarebbe poca cosa, come una prova generale dello spettacolo vero. Per ora tutto questo resta sullo sfondo, ma ci sono segnali molto chiari. Quando a giugno Trump ha annullato all’ultimo momento un raid aereo contro obiettivi militari in Iran, ha fatto arrivare agli iraniani la richiesta di negoziati. L’Amministrazione americana per due anni ha applicato all’Iran la linea della “massima pressione possibile”, quindi sanzioni molto dure e annullamento dell’accordo del 2015, ma ora ha fatto sapere che non impone condizioni per i negoziati: basta che avvengano. E negli ultimi giorni dall’Iran sono arrivate dichiarazioni di disponibilità dalle due correnti interne al regime, quella del presidente pragmatico Hassan Rohani e quella del falco populista Mahmoud Ahmadinejad. Quest’ultimo, che non ha più incarichi di governo ma ha molto seguito, ha detto al New York Times che “Trump è un uomo d’affari, sa come calcolare costi e benefici a lungo termine”. In Iran si comincia a pensare che, in cambio di una bella foto con Trump, ci si potrebbe liberare di molte sanzioni. Ieri il segretario di stato americano, Mike Pompeo, ha detto al governo britannico “dovete prendervi cura voi delle vostre navi” – si riferiva alla petroliera catturata – e così ha escluso qualsiasi iniziativa americana di aiuto.

 

 

 

 

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