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Il Foglio Rassegna Stampa
21.05.2019 Al macero il romanzo di Hesh Kestin che racconta un attacco iraniano a Tel Aviv: 'Islamofobo!'
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 21 maggio 2019
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Il romanzo censurato»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 21/05/2019, a pag. 2 con il titolo "Il romanzo censurato" il commento di Giulio Meotti.

Ci sarà un editore italiano pronto a pubblicarlo?

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Giulio Meotti

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Copertina e autore

Roma. Che il regime iraniano desideri la distruzione di Israele non è certo un mistero. La Guida Suprema, Ali Khamenei, ha pubblicato anche un libretto di istruzioni sulla fine dello stato ebraico. A Teheran, c’è un orologio che segna l’ultima ora di Israele. E anche l’attuale presidente, il “moderato” Hassan Rohani, lo scorso novembre ha definito Israele “tumore canceroso”. Israele a sua volta prende molto sul serio le minacce iraniane. Che un giornalista possa raccontare tutto questo in forma di narrativa, di fiction, è meno scontato. E’ quello che è successo al giornalista israelo-americano Hesh Kestin, che due settimane fa ha pubblicato per la casa editrice statunitense Dzanc il suo nuovo romanzo, “The siege of Tel Aviv”, thriller fantascientifico ma nemmeno troppo su un attacco iraniano a sorpresa contro Israele, che aveva il blurb di Stephen King: “Il romanzo di Hesh Kestin è più spaventoso di qualsiasi altro scritto da Stephen King”. Dopo la sconfitta, i cittadini israeliani sopravvissuti sono radunati nel centro di Tel Aviv, che diventa un ghetto dove si attende evacuazione o annientamento. Quello che è successo dopo, purtroppo, è diventato una scena fin troppo familiare nell’editoria americana. Gli attivisti letterari si sono rivolti immediatamente a Twitter per denunciare il romanzo come “razzista” e “islamofobico”. Forse non è andato loro giù questo passaggio: “Mentre gli Stati Uniti e l’occidente assistevano, gli eserciti musulmani si preparavano a uccidere l’intera popolazione”. Dopo aver chiesto la cancellazione del romanzo, l’editore ha tentato di rilasciare con una dichiarazione conciliante, invitando gli oppositori a leggere il romanzo prima di condannarlo. Passano i giorni ed emergono altre denunce e la casa editrice alla fine cede. E Dzanc annulla la pubblicazione. L’editore ha “imparato la lezione”. “Razzista”, ha scritto Nathan Goldman della rivista ebraica di sinistra Jewish Currents. E gli fa eco il poeta Cortney Lamar Charleston fa. John Englehardt, prossimo autore della casa editrice, tuitta di essere “molto deluso dalla pubblicazione di ‘Siege of Tel Aviv’”. L’editore fondatore di Dzanc, Steve Gillis, dice che “non è mai stato nostro intento pubblicare un romanzo che mostrasse i musulmani come cattivi”. Emma Smith-Stevens, autrice di “The Australian”, annuncia su Facebook di aver riconsegnato i diritti sul suo prossimo libro in segno di protesta. L’editore di Kestin lo informa che le copie invendute sarebbero finite al macero. Kestin ha risposto autopubblicando il romanzo con l’aiuto di Amazon ed è probabile che venda più copie grazie alla controversia di quante ne avrebbe vendute senza. La furia satirica del romanzo non si limita ai suoi invasori musulmani. Anche la leadership americana ne esce male. Il presidente degli Stati Uniti è un Ivy Leaguer antisemita concentrato esclusivamente sulla propria rielezione. La politica estera degli Stati Uniti è determinata dal prezzo nelle pompe di benzina. Quindi, quando i sauditi minacciano di tagliare i rifornimenti di petrolio, la neutralità americana è assicurata, e quando sei milioni di rifugiati ebrei cercano un posto dove riparare, gli Stati Uniti e l’Europa si mostrano contrari. Suona familiare? Anche la classe politica israeliana è presa a pugni, troppo occupata a celebrare una implausibile offerta di pace per accorgersi delle concentrazioni iraniane oltre i confini. Il romanzo è simile ad altri. Come “Here I am” di Jonathan Safran Foer, in cui lo stato ebraico è paralizzato da un terremoto e invaso dai vicini arabi. Come “The Yiddish Policemen’s Union”, in cui Michael Chabon immagina gli ebrei post-Shoah fuggire in Alaska dopo che Israele è distrutto. “Hanno abbandonato la norma che noi vecchi credevamo sacrosanta: che tu possa avere opinioni impopolari”, ha detto Kestin sull’autocensura proprio editore. “Abbiamo incontrato il nemico e siamo noi”. E non eravamo molto diversi dagli ayatollah iraniani che censurano i libri.

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