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Il Foglio Rassegna Stampa
20.11.2018 Attaccare Trump: la persecuzione maniacale del Foglio
Oggi tocca a Paola Peduzzi bacchettare il Presidente Usa

Testata: Il Foglio
Data: 20 novembre 2018
Pagina: 3
Autore: Paola Peduzzi
Titolo: «Un alleato a tutti i costi. La regola di Trump applicata a Riad»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 20/11/2018, a pag.3 con il titolo "Un alleato a tutti i costi. La regola di Trump applicata a Riad" il commento di Paola Peduzzi

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L'alleanza continua

Niente insulti da Giuliano Ferrara oggi, un attacco a Trump il Foglio non può però essere evitato. Provvede a bacchettare il presidente Usa Paola Peduzzi, che gli rimprovera di rimanere alleato dell'Arabia Saudita malgrado l'affare Khashoggi. Ma come, rimani amico di Mohammed bin Salman, il mandante dell'assassinio del giornalista? Non rompi i rapporti con il paese responsabile di quell' orribile omicidio? no, Trump non rompe, l'eliminazione del giornalista sarà pure stato un atto esecrando, ma non è poi tanto diverso da altre eliminazioni ordinate dai vari Putin, Erdogan, ayatollah iraniani che non hanno mai sollevato richieste punitive. MBS invece va punito, è amico dell'Occidente e l'ha pure dimostrato, a Riad è nata la coalizione sunnita, voluta da Trump e sostenuta da Israele, azioni che dovrebbero essere apprezzate anche da un giornale come il Foglio. Invece no, se di mezzo c'è Trump, parte l'ordine quasi quotidiano: fucilazione!

Ecco l'esecuzione di oggi:

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Paola Peduzzi

Milano. "Qualcuno saprà davvero" che cosa è successo a Jamal Khashoggi? Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, è tornato sull'uccisione del giornalista saudita - avvenuta il 2 ottobre dentro al consolato saudita a Istanbul, in Turchia - e ancora una volta ha utilizzato la sua tattica più rodata, quella di trasformare i fatti in supposizioni - un metodo che funziona anche in senso inverso, alla bisogna, supposizioni che diventano fatti. Sapremo mai cosa è successo?, ha chiesto Trump, quando le prove -filmati, audio, ricostruzioni indipendenti - dimostrano che lo sappiamogià che cosa è avvenuto, nonostante le tante versioni contraddittorie date dai diretti interessati: i regnanti sauditi Salman. Trump insiste: "Abbiamo un alleato e voglio stare dalla parte del mio alleato". II sistema di alleanze di Trump è molto cambiato: il presidente attacca Francia e Germania con forza pretestuosa, ma con i sauditi è garantista fino all'ultimo, anzi oltre questo limite, dal momento che la Cia, l'intel ligence americana, ha stabilito che Mohammed bin Sal man, il principe erede al trono, ha ordinato l'uccisione di Khashoggi. Ma sdoganata una teoria del complotto - vedi alla voce George Soros, per citare nomi noti - può valere ogni cosa, e cosi anche la Cia servirà sicuramente interessi altri, interessi contrari alla Casa Bianca, e accusa l'alleato bin Salman per poter mettere a disagio il presidente scomodo. I fatti non esistono, esistono le supposizioni, e viceversa. L'imbarazzo però c'è, e anche le divisioni ci sono. Il New York Times ha scritto che Kirsten Fontenrose, che si occupa di Arabia Saudita presso la Casa Bianca, si è dimessa venerdì sera. La Fontenrose aveva chiesto una reazione dura nei confronti di Riad, ed era stata in Arabia Saudita per discutere le sanzioni ai diciassette esponenti del governo considerati coinvolti nel caso Khashoggi: inizialmente la lista non comprendeva Saud al Qahtani, uno dei principali consiglieri di bin Salman, quello che secondo le ricostruzioni avrebbe detto al team saudita arrivato a Istanbul per occuparsi del giornalista: "Portatemi la testa di quel cane". La Fontenrose è riuscita a inserire anche al Qahtani tra i sanzionati, ma questa insistenza le ha causato una lite con il consiglio per la Sicurezza nazionale (guidato da John Bolton) dove lei aveva lavorato come direttore dell'ufficio dei paesi del Golfo. Nessuno ha voluto commentare le dimissioni, nemmeno la diretta interessata, ma Trump ha voluto sottolineare che per ora il diretto coinvolgimento di bin Salman non è stato appurato dall'Amministrazione: il documento dell'inchiesta condotta dalla Casa Bianca dovrebbe essere pronto oggi, ma non è detto che sarà reso pubblico. Ieri intanto la Germania ha coordinato un pacchetto di sanzioni con Regno Unito e Francia contro diciotto esponenti del governo saudita che non potranno viaggiare nella zona Schengen (non sono stati resi noti i nomi). La Germania ha anche congelato i contratti con il regno sulle forniture di armi, in attesa di maggiore chiarezza sull'uccisione di Khashoggi. Ma Riad pensa di aver già detto e appurato abbastanza: bin Salman e suo padre, il re Salman, hanno fatto un tour nel paese per farsi vedere uniti e solidi e ieri il re, inaugurando il Consiglio della shura, è stato ingenerale piuttosto sintetico sulla politica estera saudita, non ha mai citato Khashoggi e si è congratulato con il sistema giudiziario saudita, che sa fare il suo dovere. Per l'omicidio del giornalista sono stati condannati a morte cinque responsabili, lo show offerto all'esterno per dire che giustizia è fatta. Per salvare bin Salman invece ci sono le supposizioni, il confine confuso tra quel che accade e le proprie ideologie, combinati con la convinzione che un principe tanto promettente non pub aver fatto un errore tanto grave. E il punto è tutto qui: si diventa sfacciati quando si sa che si resterà impuniti.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure ciccare sulla e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

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