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Il Foglio Rassegna Stampa
19.11.2018 Il nostro debito verso Solgenitsin
Commento di Jordan Peterson

Testata: Il Foglio
Data: 19 novembre 2018
Pagina: 3
Autore: Jordan Peterson
Titolo: «Il nostro debito verso Solgenitsin»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 19/11/2018, a pag.III con il titolo "Il nostro debito verso Solgenitsin" il commento di Jordan Petersen, tratto dal quotidiano The Times.

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                                                        mentre riceve il Premio Nobel

Scrisse segretamente, di notte, documentando le sue terribili esperienze”, spiega il celebre psicologo canadese Jordan Peterson nella sua prefazione alla nuova edizione di “Arcipelago Gulag”. “Il grande autore era diventato una ‘non-persona’. Il suo grande ‘Arcipelago Gulag’, scritto tra il 1958 e il 1968, documentava l’assoluta e totale corruzione dei dogmi e delle dottrine dello stato sovietico. Nel 1974 Solgenitsin fu espulso dall’Unione sovietica e privato della sua cittadinanza. Il potere dei resoconti di Solgenitsin demolì ogni rimanente rivendicazione di credibilità etica ancora prodotta dai difensori del sistema collettivista che diede origine a tutto ciò di cui era stato testimone. Gli anni passarono. Si è verificato un altro miracolo. L’Unione sovietica è crollata. Solgenitsin tornò a casa nel 1994. I tre volumi di ‘Arcipelago Gulag’ – un urlo continuo e prolungato di indignazione – sono brillanti, amari, increduli.

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Ronald Reagan

E’ un fatto storico che ‘Arcipelago Gulag’ abbia avuto un ruolo primario nel mettere in ginocchio l’impero sovietico. Sebbene economicamente insostenibile, governato nel modo più corrotto immaginabile, e dipendente dalla schiavitù e dall’inganno forzato dei suoi cittadini, il sistema sovietico è riuscito a campare per troppe decine di anni. I coraggiosi leader dei sindacati in Polonia, il grande Papa Giovanni Paolo II e il presidente americano Ronald Reagan, con la sua schietta insistenza sul fatto che l’occidente dovesse affrontare un impero del male, tutti hanno svolto il loro ruolo nella sua sconfitta e collasso. Ma è Solgenitsin, tuttavia, a rivelare non solo lo stato sovietico, ma il sistema stesso di pensiero che rendeva quello stato ciò che era. E’ stato Solgenitsin a dimostrare che la morte di milioni di persone era una conseguenza diretta della filosofia che guidava il sistema. Le dottrine di Karl Marx contenevano dentro di sé odio, risentimento, invidia e rifiuto della responsabilità individuale che non produssero nient’altro che veleno e morte quando si manifestavano nel mondo. Apprendiamo, come Solgenitsin insiste così profondamente, che la linea che separa il bene e il male attraversa il cuore di ogni essere umano. E apprendiamo anche che noi tutti siamo, ciascuno di noi, contemporaneamente, oppressore e oppresso. Fu Solgenitsin e il suo ‘Arcipelago Gulag’ a strappare la maschera e a esibire la selvaggia codardia, l’invidia, l’inganno, il risentimento e l’odio per l’individuo e per l’esistenza stessa che pulsavano sotto. E oggi, nonostante tutto, quasi tre decenni dopo la caduta del Muro di Berlino e l’apparente collasso del comunismo, stiamo facendo tutto il possibile per dimenticare ciò che Solgenitsin ha dimostrato. Perchè i nostri figli non leggono ‘Arcipelago Gulag’ nelle scuole, come ora fanno in Russia? Perché i nostri insegnanti in occidente non si sentono in dovere di leggere il libro ad alta voce? Perché è ancora accettabile professare la filosofia comunista? E’ pura ignoranza quella che permette ai marxisti odierni di ostentare la loro continua fedeltà? O qualcosa di simile all’odio per l’umanità stessa? Di quante prove abbiamo bisogno? Fu Solgenitsin che ci avvertì che le catastrofi dello stato sovietico erano inestricabilmente legate alle vanitose illusioni della visione utopistica marxista. Fu Solgenitsin a documentare il prezzo pagato nella sofferenza per il terribile esperimento comunista”.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

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