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Il Foglio Rassegna Stampa
17.09.2018 L'Europa e la vita ebraica annientata nella Shoah
Analisi tratta dal Jerusalem Post

Testata: Il Foglio
Data: 17 settembre 2018
Pagina: 6
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: «'Sono stato una settimana senza kippah e da ebreo ne sono uscito disgustato'»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/09/2018, a pag. VI, l'analisi 'Sono stato una settimana senza kippah e da ebreo ne sono uscito disgustato' tratta dal Jerusalem Post.

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Il Memoriale della Shoah a Berlino

Per 168 ore mi sono rifiutato di indossare una kippah”, scrive Micah Thau. “Per sette giorni non ero Micha il nuovo immigrato, ma piuttosto Michea, il turista americano di Los Angeles. Per una settimana ero, agli occhi del mondo che mi circondava, non un ebreo, ma un americano. Per essere chiari, questo non era un esperimento fatto per scherzo né un esercizio educativo. E’ stato fatto semplicemente per la mia sicurezza mentre un amico e io abbiamo viaggiato in Europa ad agosto. Ho apprezzato alcuni memoriali sugli ebrei d’Europa. Ho notato delle piccole targhe di bronzo costruite sui marciapiedi davanti alle case che appartenevano alle vittime dell’Olocausto. Ho visto che alcune strade, come la Ben-Gurion, prendevano il nome da eminenti leader ebraici. Tuttavia, con il progredire della settimana, mi sono sentito sempre più a disagio – e alla fine irritato – come ebreo in Europa, e mi sono ritirato ulteriormente nella persona esclusivamente americana che avevo creato. Il primo pungiglione di rabbia che ho sentito è stato nel quartiere ebraico di Praga, una popolare meta turistica per viaggiatori ebrei e no. Non vedevo l’ora di andare a Praga, sede di numerosi musei, sinagoghe e il presunto luogo di nascita del Golem. Mentre visitavamo la sinagoga, il museo e il cimitero, il mio cuore ribolliva di sdegno.

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La consapevolezza che un centro un tempo vibrante di cultura ebraica fosse ora una trappola per turisti mi ha colpito come un treno. I libri di preghiere, gli abiti da sposa e le coppette di kiddush che un tempo venivano usate da persone reali sono ora condannati a raccogliere polvere nelle teche dei musei di vetro. Mi sentivo come se il cadavere degli ebrei europei fosse esposto al pubblico, un’attrazione turistica di un popolo morto da fotografare, studiato come un animale da zoo e sfruttato da uno stato che rimase in silenzio mentre Hitler annientava gli abitanti di questo museo della città fantasma. La seconda puntura è arrivata dopo una visita al memoriale dell’Olocausto nel centro di Berlino.

Il sito è ben fatto. Per chi non lo sapesse, il monumento si trova a due passi dalla Porta di Brandeburgo e dalle zone dello shopping. Sarebbe come mettere un memoriale al genocidio dei nativi americani o degli schiavi afroamericani nel mezzo di Times Square. Era chiaro che gli architetti intendevano ammettere apertamente che il moderno stato tedesco era letteralmente costruito sulle ceneri degli ebrei tedeschi che sistematicamente venivano sterminati. Riconoscere pubblicamente il buco lasciato dall’Olocausto nel centro della moderna Berlino è un gesto che ho apprezzato con tutto il cuore. Il memoriale stesso sembra un mare di pietre tagliate di varie forme e dimensioni costruite in una sorta di labirinto con piccoli segnali. Non ero arrabbiato per l’aspet - to o la posizione del memoriale. Ma per le azioni delle persone. I bambini stavano saltando, gareggiando per vedere chi potesse raggiungere le pietre più alte. Uomini e donne sorridevano alla macchina fotografica, usando lo sfondo come un modo per raccogliere ‘Mi piace’ su Facebook o Instagram. L’ambivalenza era sbalorditiva e inquietante. Mentre sembrava che dovessi dire qualcosa, ho preferito rimanere in silenzio e lasciare che l’ebreo invisibile se ne andasse via silenziosamente. Lo sdegno finale provenne dall’uomo alla Porta di Brandeburgo che aveva un cartello che paragonava gli israeliani ai nazisti e accusava una cospirazione sionista mondiale. L’antisemitismo era in mostra nel cuore di Berlino, a pochi passi dal memoriale dell’Olocausto. Ovviamente questo era inquietante, ma il silenzio e il travestimento erano il segno distintivo della mia avventura europea di sette giorni. Per essere chiari, l’Europa è stata divertente. Praga è piena di storia ebraica. Berlino ha un’architettura magnifica, il Tiergarten che fa vergognare Central Park e una vita notturna irreale. In Polonia, ho imparato come i nazisti hanno compiuto il loro genocidio. Ma solo nell’Europa moderna ho visto il suo impatto a lungo termine. Ero solito considerare l’Olo - causto semplicemente il culmine di duemila anni di persecuzione ebraica e, cosa più importante, come un altro tentativo fallito di distruggere il popolo ebraico. Eppure, dopo una profonda riflessione, ho riconosciuto una brutta verità: Hitler avrebbe potuto perdere la guerra ma riuscì ad eliminare il ‘problema ebraico’. L’Europa era una volta il principale centro della diaspora ebraica. Ora, gli Stati Uniti e Israele sono le capitali della vita ebraica, mentre l’Europa è la patria di una piccola infarinatura di ebrei. In breve, questo viaggio mi ha dato un apprezzamento ancora maggiore per l’autodeterminazione ebraica di cui sono grato di essere parte. Alla fine della mia vacanza, mi sono sentito ancora più sicuro della mia decisione di non indossare una kippah in Europa. Mi sono sentito come una reliquia del passato, una specie estinta che camminava in un vecchio habitat, dove la gente si accontentava di lasciarci nei musei e nei negozi di biscotti golem”.

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lettere@ilfoglio.it

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