sabato 04 maggio 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
10.09.2018 Boualem Sansal: 'Islam significa islamismo, che porta al jihadismo'
Ma a chi è pronto alla sottomissione Sansal non interessa

Testata: Il Foglio
Data: 10 settembre 2018
Pagina: 3
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: «Islam e islamismo sono la stessa cosa»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 10/09/2018, a pag. III, l'analisi "Islam e islamismo sono la stessa cosa" tratta da Libération.

Immagine correlata
Boualem Sansal

Per me, l’islam e l’islamismo sono la stessa cosa: l’islam ha portato all’islamismo che ha portato al jihadismo. Tutte queste religioni hanno la loro ombra. Quando parliamo di cattolicesimo arriviamo rapidamente a San Bartolomeo. Non possiamo dissociarci o siamo politicamente corretti. L’islam sviluppa un discorso politico, promette il paradiso”. Così dice lo scrittore algerino Boualem Sansal a Libération, parlando del suo nuovo libro. “La globalizzazione è un’altra religione (la ‘umma’ è il mondo) che inventa il proprio pensiero, i propri meccanismi. Mi sembra incontrollata, mi spaventa. In ogni ideologia, c’è un leader, un maestro del pensiero. La globalizzazione non ha nulla di tutto questo. Se permettesse una migliore distribuzione della ricchezza e della felicità, perché no? Ma ci sono sempre più ricchi, sempre più poveri e le periferie vengono emarginate. Le persone non guardano oltre i loro piedi. Tendiamo a non agire, il che ci rende bovini. Improvvisamente, i ladri di bestiame si dedicano al loro cuore promettendo che, di fronte, l’erba è sempre più verde. Da qui l’ascesa del populismo e dell’estrema destra”. Poi parla della sua condizione in patria. “Io vivo a 50 chilometri da Algeri, a Boumerdès, in un campus universitario, vicino al mare, circondato da montagne e foreste. Quando sono stato licenziato dal potere, sono rimasto nel campus. Sarebbe stato facile per me lasciare, ma avrei contraddetto tutti i miei principi. L’Algeria ha creato questo campus negli anni Sessanta per accogliere insegnanti e studenti di tutto il mondo. Era un bel posto dove parlavamo dozzine di lingue. Ma, come ho detto, l’inferno è in paradiso. L’islamismo è emerso lì, in questo campus. Dopo, il governo algerino ha avviato una politica che ci ha portato al disastro. Abbiamo cacciato gli stranieri perché ci hanno dato lezioni ma senza pensare alla successione, quindi abbiamo dato posizioni a chiunque, il livello è sceso molto in basso. Gli intellettuali avevano osato denunciare la dittatura, ma di fronte all’islam, niente, il silenzio. Boumerdès non è più il posto che conoscevo, ma ho la mia casa, la mia vita. Capisci perché questo libro è difficile? Mette tutte queste idee da diverse angolazioni. Cerca le sue radici in varie direzioni. Come nel ‘Deserto dei tartari’ di Buzzati, aspettiamo. E abbiamo paura”.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT