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Il Foglio Rassegna Stampa
15.05.2018 Francia & Belgio: perchè l'islam avanza
Commenti di Giulio Meotti, Matteo Matzuzzi

Testata: Il Foglio
Data: 15 maggio 2018
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti - Matteo Matzuzzi
Titolo: «'Svegliatevi! L’islamismo ha vinto la battaglia delle idee'. Il grido del consigliere (musulmano) di Macron - I manuali per formare gli imam in Belgio ispirati alla dottrina qaidista»
Riprendiamo dal FOGLIO di ogg, 15/05/218, a pag. 1, con il titolo " 'Svegliatevi! L’islamismo ha vinto la battaglia delle idee'. Il grido del consigliere (musulmano) di Macron" il commento di Giulio Meotti; con il titolo "I manuali per formare gli imam in Belgio ispirati alla dottrina qaidista", il commento di Matteo Matzuzzi.

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Giulio Meotti

Roma. Dal 2013 a oggi in Francia ci sono stati 80 attentati islamisti messi a segno o sventati in tempo. L’ultimo sabato, quando un ceceno affiliato allo Stato islamico ha ucciso un passante nel secondo arrondissement di Parigi. Il Journal du dimanche questa settimana dedica una inchiesta all’“ordine salafita” che si è andato imponendo in vasti pezzi della Repubblica. Secondo il ministero dell’Interno, nel 2010 si attestava a cinquemila il numero di salafiti. Nel 2015, sono saliti a ventimila su un totale di 8,4 milioni di musulmani in Francia. Allo stesso tempo, se prima venivano elencate 132 moschee affiliate, oggi sarebbero duecento. E i salafiti avanzano sul declino dei movimenti islamici ufficiali: “La partecipazione al raduno annuale dei musulmani del nord di Lille è in costante diminuzione dal 2015”, si legge. Consigliere del presidente Emmanuel Macron sull’islam e ricercatore dell’Istituto Montaigne, Hakim El Karoui ha appena scritto per Gallimard un libro sull’Islam, une religion française. El Karoui stabilisce che i musulmani sono caratterizzati da una pratica religiosa molto superiore a quella dei cattolici e che il 28 per cento di loro “ha adottato valori chiaramente contrari a quelli della Repubblica”. “Gli islamisti hanno vinto la battaglia delle idee”, dice El Karoui, figlio di padre musulmano e di madre protestante, nipote di un ex primo ministro tunisino. Per molto tempo i musulmani francesi si sono limitati a dire Bismillah, vale a dire in nome di Allah, prima di addentare una bistecca. Oggi l’ottanta per cento delle famiglie musulmane vuole la carne halal a scuola. Cosa è successo? Un’offensiva islamista su vasta scala da parte dell’Iran, dell’Arabia Saudita, della Turchia, dei paesi arabi. Il 65 per cento dei musulmani intervistati ha dichiarato di essere favorevole a indossare il velo. Secondo El Karoui, gli sforzi degli agitatori islamisti di imporre un “modo di vita halal” in Francia stanno dando i loro frutti. Come Maryam Pougetoux, presidente dell’Unione studentesca all’Università di Parigi IV, velata. La saggista Céline Pina l’ha portata a esempio dell’infiltrazione dei movimenti giovanili da parte dei Fratelli musulmani. Su YouTube, gli ottanta video di teologia musulmana più visti in Francia sono tutti salafiti. Per combattere l’islamismo, El Karoui propone di porre fine all’influenza in Francia dei paesi stranieri. Una sorta di “francesizzazione dell’islam”. Ma serve prima una “insurrezione contro l’islamismo”, che passi anche dall’abolizione di quella parola, “islamofobia”, “la parola del nemico” scrive El Karoui per mettere a tacere la critica dell’islamismo, giusta e lecita, confondendola con la xenofobia, sempre sbagliata. Il libro di El Karoui fa il paio con quello di un altro musulmano francese, Réveillons-nous!, una lettera a un giovane musulmano francese a firma di Mohamed Bajrafil, imam nella moschea di Ivry-sur-Seine, che vuole battere i “fascisti”, i salafiti, sul loro stesso terreno, la conoscenza dell’islam. Nel libro, Karoui fa notare che l’islam è già la prima religione praticata in Francia. “Ci sono più musulmani praticanti, tra 2,5 e tre milioni, che cattolici praticanti, 1,65 milioni”. Molti sono critici delle proposte di El Karoui, come Pascal Bruckner che sul Point scrive: “La riforma dell’islam che El Karoui chiede, se avverrà un giorno, sarà il lavoro collettivo di una o più generazioni e non di una élite illuminata”. D’altronde, anche i fratelli Kouachi che hanno decimato la redazione di Charlie Hebdo, il terrorista di Trèbes Redouane Lakdim, gli attentatori del 13 novembre e lo stragista di Tolosa Mohammed Merah erano espressione a pieno titolo di une religion française.

Matteo Matzuzzi: "I manuali per formare gli imam in Belgio ispirati alla dottrina qaidista"

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Matteo Matzuzzi

Roma. Non è dato sapere se gli uffici dell’organismo belga di coordinamento per l’analisi delle minacce siano rimasti stupiti nello scorrere le pagine dei manuali che il Centro islamico e culturale del Belgio – da cui dipende anche la Grande moschea di Bruxelles nel Parco del Cinquantenario, a due passi dal Parlamento europeo – consiglia ai futuri imam. Una formazione chiara, verrebbe da dire leggendo quanto ha scritto in anteprima la Libre, rivelando il rapporto che l’organi - smo ha stilato dopo attente valutazioni e indagini. I volumi, disponibili in ampia tiratura nella capitale, vanno in una direzione opposta rispetto ai propositi annunciati di integrazione, pace e fratellanza che le autorità spirituali islamiche locali assicurano ogniqualvolta si accendono i riflettori sulle mille e più Molenbeek del Belgio, ghetti dove a prevalere il più delle volte è la sharia anziché la legge dello stato. Se per la tv belga il rapporto – predisposto per i membri della commissione parlamentare che indaga sugli attentati del marzo 2016 nella capitale – conferma che la Grande moschea propone una visione “estremamente conservatrice dell’islam”, gli osservatori che hanno passato in rassegna i manuali aggiungono qualcosa in più, visto che uno dei sussidi per l’apprendimento è un classico della formazione qaidista. Istruzioni finalizzate a “instaurare le leggi dell’islam” attraverso “la lotta armata”. Anche per questo, si legge nel dossier, “il contenuto non è adatto al quadro sociale belga o europeo. Si basa su idee salafite che incoraggiano il rifiuto di qualsiasi altra idea, i diritti e le libertà fondamentali”. Ancora, “i testi sono caratterizzati da ideologizzazione della religione, visione del nemico, teorie del complotto, polarizzazione, diffamazione e xenofobia verso gli ebrei e i musulmani dissidenti”. Gli esempi di tale “vi - sione” non mancano: dall’odio verso gli ebrei, definiti “corrotti, avidi, perfidi e avari” all’illustrazione dettagliata delle modalità per eliminare gli omosessuali: lapidazione, impalamento o giù da un alto palazzo in pieno stile-Raqqa. Già lo scorso ottobre, l’organismo di monitoraggio aveva avvertito sui gravi rischi di radicalizzazione interna, con gli estremisti ormai prossimi ad avere la meglio sulla componente moderata. Anche per questo, pochi mesi fa, il governo belga aveva deciso – sempre su raccomandazione della commissione parlamentare – di chiudere il contratto di locazione che faceva dipendere la Grande moschea dalla famiglia reale saudita. “Dopo gli attentati del marzo 2016 qui in Belgio è stata costituita una commissione parlamentare, che ha concluso i propri lavori a settembre”, diceva in un’intervista concessa alla rivista Oasis Felice Dassetto, professore emerito di Sociologia delle religioni all’Università cattolica di Lovanio. “Nel suo rapporto – proseguiva l’accademico – la commissione stigmatizza il centro islamico di Bruxelles, la Grande moschea, come promotore indiretto del jihadismo; la commissione ha anche constatato come nove jihadisti schedati abbiano seguito un corso alla moschea”. Il problema è di vecchia data, spiegava Dassetto: “Vent’anni fa nessuno aveva ancora capito il ruolo di geopolitica religiosa del salafismo wahhabita. Quando il Belgio ha consegnato l’edificio all’Arabia Saudita pesavano non solo la prospettiva di accordi commerciali, ma anche la presa di coscienza del governo della necessità di integrare la prima presenza musulmana, totalmente nuova, sbarcata alla fine degli anni Cinquanta. Gli insegnamenti del centro islamico in questione, però, sono andati proprio contro questa volontà belga di integrazione”.

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