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Il Foglio Rassegna Stampa
09.05.2018 '1947', di Elisabeth Asbrink
Recensione di Alessandro Litta Modignani

Testata: Il Foglio
Data: 09 maggio 2018
Pagina: 4
Autore: Alessandro Litta Modignani
Titolo: «'1947', di Elisabeth Asbrink»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 09/05/2018, a pag. IV, la recensione di Alessandro Litta Modignani al libro '1947', di Elisabeth Asbrink (Iperborea ed.)

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Alessandro Litta Modignani

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La copertina

Pochi anni sono stati interessanti e cruciali, nella storia del mondo contemporaneo, come questo incredibile 1947, raccontato al tempo presente e in forma di diario dalla svedese Elisabeth Asbrink, brillante giornalista e scrittrice, molto nota e apprezzata nel suo paese. Il ’47 è un anno di svolta, in tutti i campi. Non solo nell’ambito politico internazionale, ma anche nella musica, nella moda, nella letteratura, nel costume. Simone de Beauvoir si innamora perdutamente dello scrittore americano Nelson Algren e inizia la scrittura di Secondo sesso; George Orwell scrive 1984, che vedrà la luce l’an - no dopo; Primo Levi pubblica Se questo è un uomo; in Germania, Hans Werner Richter aggrega un gruppo di scrittori e poeti, in un movimento culturale per la rinascita della letteratura tedesca, sulle rovine della guerra: il “Gruppo 47”, appunto. Di fronte alla minaccia dell’espansione comunista in Europa e altrove, dapprima il presidente degli Stati Uniti espone al Congresso la “Dottrina Truman”, poi il suo segretario di stato, George Marshall, formula un piano complesso e ambizioso: 14 miliardi di dollari da investire, nell’arco di quattro anni, in sedici paesi. Stalin diffida i governi dell’Europa orientale dall’accettare gli aiuti americani.

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Elisabeth Asbrink

E’ l’inizio della Terza guerra mondiale, che sarà chiamata “fredda” e che durerà oltre 40 anni, fino al crollo del Muro e alla scomparsa dell’Urss. Nel 1947, in Oregon, qualcuno avvista in volo degli strani oggetti lucenti di forma piatta, non meglio identificati: saranno chiamati “dischi volanti”, oppure Ufo; in Russia, Michail Kalashnikov lavora alacremente alla costruzione di un nuovo e più pratico fucile mitragliatore, destinato a un grande successo; all’Onu, il giurista ebreo polacco Raphael Lemkin cerca la definizione tecnica di una nuova fattispecie di reato, per definire gli omicidi di massa, studiati e deliberati a tavolino e poi implementati su larga scala da un’appo - sita organizzazione. Il neologismo che egli propone, “genocidio”, viene inserito l’anno seguente nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La Asbrink, figlia di un ebreo ungherese che ha perso i genitori nella Shoah, dedica ampie pagine alla fondazione di Israele: il ’47 è l’anno di Exodus, e della votazione all’Onu che il 29 novembre sancisce la spartizione della Palestina e la nascita dello stato ebraico. Al contempo, il fondatore della Fratellanza musulmana lancia il suo primo jihad contro Israele. “L’arte della morte, la morte è arte”: è Hasan al Banna a formulare di fatto i due concetti, introducendo nella sua versione dell’islam l’amore per la morte. “E’ dovere e necessità primaria di ogni musulmano abbracciare il jihad. (…) E’ un obbligo a cui non ci si può sottrarre”. La Palestina diventa il “mercato in cui faremo un affare conquistandoci uno dei due privilegi: la vittoria o il martirio”. Se in passato al Jihad era stato dato il significato di lotta, al-Banna aggiunge la morte come suo traguardo. Nasce il Jihad moderno, quello “politico”, che condurrà al terrorismo, ai kamikaze, ad Al Qaida, al Califfato dell’Isis.

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