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Il Foglio Rassegna Stampa
02.06.2016 Marco Pannella & Israele, l'amore di una vita
Fu il solo politico a trasformarlo in battaglia politica

Testata: Il Foglio
Data: 02 giugno 2016
Pagina: 4
Autore: Marco Pannella
Titolo: «L'anno prossimo a Gerusalemme»

Il FOGLIO dedica oggi, 02/06/2016, quattro pagine a Marco Pannella, una breve biografia che tocca gli argomenti più rilevanti della vita del politico italiano che più di ogni altro ha contribuito a rendere moderno il nostro paese. La quarta è dedicata a Pannella & Israele, la riprendiamo.



Chi scrive è stato accanto a Marco Pannella quando il Partito Radicale, unico fra i partiti italiani, si schierò in difesa degli ebrei sovietici che non potevano lasciare l'Urss - i 'refusenicks' appunto -  che reclamavano il diritto di poter emigrare in Israele.  Fu Pannella a volere, insieme a Bruno Zevi, presidente del PR, il congresso nazionale non in Italia, come era sempre avvenuto, ma a Gerusalemme. Fu sempre Pannella che venne ricevuto all'Ambasciata sovietica a Roma, insieme a Rita Levi Montalcini, appena insignita del Premio Nobel, e a chi scrive questa breve nota, per consegnare una dura protesta al governo sovietico "Lascia andare il mio popolo", come venne detto al nuovo Faraone.
Pannella fu l'unico politico ad avere trasformato l'amicizia verso Israele e il popolo ebraico in una battaglia politica. Perchè ? Come disse Bruno Zevi a Gerusalemme, "we care", a noi importa. Ecco la differenza tra il dire e il fare in politica e nella vita.
Furono in pochi a ringraziarlo, ma Pannella non venne mai meno all'amore che portava per Israele.  Ecco una raccolta di brevi testi, in una pagina dal titolo " L'anno prossimo a Gerusalemme" .


Quella minaccia mortale per fondamentalisti e dittatori: Israele

 

La sicurezza d’Israele è la sicurezza di 300 milioni di europei

 I confini di Israele possono essere i confini degli Stati Uniti d’Europa (e del Mediterraneo). I cittadini d’Israele possono essere i cittadini degli Stati Uniti d’Europa, della Comunità Europea. La difesa, la sicurezza d’Israele possono coincidere con quelle di altri trecento milioni di persone, ed essere integrate nel sistema difensivo che gli Stati Uniti d’Europa possono darsi e si stanno in varie forme dando. In questo scenario la pace può essere trattata e affermata; i territori occupati possono strategicamente essere lasciati. Ma solo in questo scenario. Ogni altra soluzione non può essere che fallace e precaria (…) Il sionismo, con i suoi immensi valori, è stato concepito mentre nel mondo le lotte per la creazione degli stati nazionali divenivano cultura di un’intera generazione intellettuale (…) Essere democratici significa comprendere che i nemici di Israele non temono tanto le sue armi, quanto i suoi ideali e quelli di democrazia politica e sociale. Questi ideali sono i nemici più temuti da tutti gli altri regimi del medio oriente, senza eccezione, perché sono i soli che possono rendere liberi i cittadini, gli abitanti (18 ottobre 1988)

Palestinesi degni di menzione solo quando ricevono le pallottole israeliane

Mai come in questo momento in cui il processo di pace è gravemente indebolito, se non definitivamente interrotto, non deve e non può mancare ad Israele una pregiudiziale solidarietà civile e democratica nel mondo intero, pena la distruzione, interna ed esterna, della sola democrazia esistente, malgrado mezzo secolo di guerra e di aggressione, nel medio oriente. Uccidere o suicidarsi non può e non deve essere o apparire come la sola alternativa praticabile. La tragedia di tante vittime palestinesi, che fa in questi giorni concorrenza nei massmedia anche occidentali, specie italiani, all’ormai insopportabile imposizione della propaganda confessionale cattolico-romana, continua l’atroce tradizione che fa delle donne e degli uomini arabi esseri umani degni di menzione solamente se e quando incontrano ingiustizie, e pallottole israeliane (8 ottobre 2000)

 Che cosa possa accadere nel territorio detto “Palestina”, non lo so

La difesa di Israele va proclamata, va fatta. Forse ho toni un po’ alla Bruno Zevi, ma mi piace usarli oggi, nelle ore dell’anniversario della sua morte. Cosa accadrebbe qualche mese dopo la pace nello stato palestinese? Come farebbe Arafat a gestire la nuova situazione? Come sarà governato il nuovo stato? C’è un luogo in cui circoli l’abc della democrazia? Vi è un luogo in cui l’idea della liberazione nazionale non sia religiosa o nazionalistica? Il problema della democrazia in medio oriente, dei diritti umani e civili, della liberazione del lavoro, della libertà dal bisogno sono temi che non pone quasi nessuno tra le popolazioni palestinesi. Io so cosa può accadere in Israele un anno dopo la pace. Cosa possa accadere nel territorio detto Palestina, invece, non lo so (8 gennaio 2001)

 La sinistra appoggia i nemici di Israele

 La sinistra ancora paga la politica comunista: per loro Israele, essendo alleata con gli Stati Uniti, è da ostacolare, mentre si devono appoggiare i suoi nemici. E al contempo a destra molti hanno paura di venir definiti antisemiti e mascherano i propri sentimenti con la più accettabile etichetta antisionista (15 giugno 2001)

La libertà degli arabi israeliani

In tutto il medio oriente, nel territorio israeliano che ne rappresenta lo 0,2 per cento, vi sono gli unici arabi-palestinesi che godono di diritti civili, pur se in difficili condizioni. Quindi siamo fieri di dire: noi siamo tutti ebrei, siamo tutti di Israele (11 maggio 2002)

 Dare agli israeliani un passaporto europeo

 Bisogna assicurare allo stato di Israele le caratteristiche di regione di frontiera dell’Unione europea, della democrazia e dello stato di diritto. Occorre al più presto che i cittadini israeliani abbiano tutti anch’essi un passaporto europeo (17 giugno 2002)

Israele, metastasi di democrazia e civiltà

 La realtà è che Israele rappresenta una minaccia mortale per i regimi fondamentalisti e dittatoriali. Israele è divenuta una metastasi di democrazia e di civiltà in medio oriente e per questo vogliono che sia distrutta. A chi chiede la pace va risposto che non può esserci pace senza giustizia, senza libertà per le donne e gli uomini, anzitutto palestinesi, arabi, medio-orientali. E’ a costoro, infatti, che va assicurato il diritto e i diritti, giustizia, libertà, progresso sociale e tutto questo, nella regione araba dominata da sanguinose dittature, può essere garantito solo da Israele, testa di ponte della democrazia (18 giugno 2002)

 La gara araba per cancellare Israele

Non è più semplicemente questione di antisemitismo e antisionismo ma è una lotta disperata, sottolineo disperata, che parte da tutte le capitali di questo medio oriente volta a eliminare in ogni modo quella metastasi della civiltà e della democrazia che rappresenta nel loro corpo lo stato di Israele (19 giugno 2002)

 Quei diciannove israeliani assassinati

Le grandi organizzazioni rivoluzionarie palestinesi e dintorni hanno potuto gloriarsi di aver assassinato diciannove cittadini di Gerusalemme, aggiungendo questo nuovo fregio al loro cammino volto a conservare nel medio mriente un sistema di potere ferocemente totalitario e autoritario, fondamentalista e antipopolare (20 giugno 2002)

 Il coraggio di Ariel Sharon

C’è da chiedersi quale mai leader di quale stato europeo quale che sia, forse a eccezione di quello della Gran Bretagna, avrebbe avuto e ha la forza, l’intelligenza, la moralità politica e civile che Ariel Sharon ha mostrato ieri, con il suo pubblico intervento con il quale ha letteralmente sfidato l’opinione pubblica israeliana a dare altro nome di quello di “occupazione” alla presenza pubblica israeliana su territori che in questi decenni Israele ha ritenuto di dover direttamente amministrare per un’elementare diritto-dovere di autodifesa e di difesa dei più elementari diritti umani e politici anche degli arabi nel frattempo denominati e divenuti palestinesi. (28 maggio 2003)

La “pace” dell’Europa vigliacca

Ancora una volta, come per la tragedia ex jugoslava, un’Europa, vigliacca e gollisticamente divisa in patrie nazionalistico-burocratiche, è la principale responsabile della prevista e inevitabile tragedia, che ora coinvolge direttamente palestinesi, libanesi e israeliani. La politica “europea”, che già fu causa prima della tragedia jugoslava dopo la morte di Tito, pretendendo che continuasse ad essere “neutrale”, non europea e democratica; che nei confronti di Israele ha puntato tutto sulla “pace”, piuttosto che sulla democrazia, la libertà e il progresso sociale, per tutta quella parte del Medio Oriente, che corrisponde anche alla quarantennale scelta filo-occidentale e sempre più democratica della Turchia, un paese letteralmente stremato, che ha compiuto negli ultimi dieci anni progressi senza confronti, e di cui si accentuano oggi le difficoltà invece di condividerne l’ultimo tratto di strada di compimento democratico. Questa Europa non ha più nulla a che vedere con quella di Schumann, Adenauer e De Gasperi e, soprattutto di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni. L’anno prossimo l’Europa a Gerusalemme, Gerusalemme Europa. (14 luglio 2006)

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