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Il Foglio Rassegna Stampa
11.02.2016 Ci sono o no militari italiani in Iraq?
Analisi di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 11 febbraio 2016
Pagina: 1
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Ecco che cosa fanno i 'boots on the ground' italiani a Ramadi, in Iraq»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 11/02/2016, a pag. 1-4, con il titolo "Ecco che cosa fanno i 'boots on the ground' italiani a Ramadi, in Iraq", l'analisi di Daniele Raineri.


Daniele Raineri

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Ramadi, Iraq

Tel Aviv. Il Pentagono si lascia sfuggire la conferma della presenza di soldati italiani impegnati nella zona di Ramadi, in Iraq – come consiglieri e assistenti militari, ma non in ruoli di combattimento – per appoggiare le truppe irachene che fanno la guerra allo Stato islamico in una delle zone più violente del paese. Un ufficio stampa della Difesa americana ha descritto per la prima volta l’esistenza di una task force a guida americana chiamata Task Force Taqaddum (Tftq), dal nome della base aerea militare di al Taqaddum, tra le città di Falluja e Ramadi, e cita la presenza di militari italiani e australiani. La fonte ufficiale non dice altro, non specifica chi sono e quanti sono e dedica quasi tutto lo spazio alle unità americane – che provengono in gran parte dai marine.

Secondo un’informazione pubblicata sul Foglio il 27 giugno scorso, trenta operatori delle forze speciali italiane – appartenenti al reggimento d’assalto “Col Moschin” di stanza a Livorno – avevano appena ritirato un passaporto diplomatico al ministero degli Esteri ed erano in procinto di partire per la base di Taqaddum in Iraq. Si nota anche una coincidenza temporale. Il 10 giugno il presidente americano, Barack Obama, aveva annunciato l’aumento delle truppe nella regione dell’Anbar per aiutare l’esercito iracheno. L’articolo pubblicato dal Pentagono sostiene ora che il primo gruppo di consiglieri militari americani era arrivato nella base irachena per aprire la strada agli altri subito dopo quel discorso.

Gli incursori italiani sono atterrati all’aeroporto di Baghdad tre settimane dopo (Erbil e Baghdad sono i due aeroporti usati dalle forze italiane impegnate in Iraq. Dalla capitale irachena è possibile che ci sia stato un trasferimento via elicottero verso Taqaddum nel cuore dell’Anbar, circa 75 chilometri a ovest). Considerato che sono passati sette mesi, è probabile che ci sia già stata una rotazione e altri operatori abbiano preso il posto dei primi. Il governo italiano non ha mai dichiarato la presenza di militari nell’Anbar – ufficialmente non ci sono – e parla soltanto di “addestramento”, che dal punto di vista tecnico è differente da quello che fanno i consiglieri militari della Tftq. La Task Force Taqaddum non è impegnata in modo diretto nei combattimenti, fa da appoggio all’Aoc, Anbar Operations Command, lo staff di ufficiali iracheni che dirige le operazioni contro lo Stato islamico a Ramadi e nella regione dell’Anbar. Si tratta, assieme a Mosul, della zona dove il gruppo estremista è più forte, anche per ragioni storiche (la nascita dello Stato islamico fu annunciata proprio a Ramadi nell’ottobre 2006).

A maggio i guerriglieri di Abu Bakr al Baghdadi hanno spazzato via le linee di difesa dell’esercito iracheno attorno e dentro la città, come l’anno prima a Mosul, e hanno messo in fuga i soldati del governo – fu un attacco ben organizzato, indossarono uniformi irachene per confondere le idee e si fecero precedere da dieci camion bomba guidati da attentatori suicidi. La caduta di Ramadi mandò all’aria i piani di guerra scritti fino ad allora dall’Iraq e dalla coalizione internazionale, che fino a quel giorno si erano concentrati sulle operazioni per riprendere Mosul. Il compito della Task Force Taqaddum è dare agli iracheni la sicurezza di non essere soli e impedire altri cedimenti rovinosi – come spiegano i soldati americani intervistati dalla Difesa.

La Task Force aiuta a dirigere i bombardamenti frequenti nell’area di Ramadi (in agosto due jet australiani hanno eliminato un mortaio dell’Is che sparava contro Taqaddum: forse guidati dai soldati australiani all’interno?), corregge i piani degli attacchi, vive e dorme con gli iracheni dentro il comando, provvede addestramento e assistenza medica ai feriti. Soprattutto, passa agli iracheni un flusso continuo di informazioni che arriva grazie alle missioni aeree di sorveglianza. L’Italia ha scelto di non partecipare ai bombardamenti ma ha spostato in Kuwait alcuni droni Predator e jet Tornado che raccolgono intelligence sulle posizioni dell’Is in Iraq, e chissà che non sia questo un collegamento con gli uomini dentro Taqaddum.

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