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Il Foglio Rassegna Stampa
18.11.2014 Libia: occorre un fronte comune contro i jihadisti
Cronaca di Pio Pompa

Testata: Il Foglio
Data: 18 novembre 2014
Pagina: 3
Autore: Pio Pompa
Titolo: «In Libia c'è un nuovo uomo forte che ha un piano contro le milizie»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 18/11/2014, a pag. 3, con il titolo "In Libia c'è un nuovo uomo forte che ha un piano contro le milizie", la cronaca di Pio Pompa.


Pio Pompa


Armati in Libia

Fonti d'intelligence sentite dal Foglio hanno confermato la notizia secondo cui il nuovo uomo forte nella crisi libica sarebbe un generale quasi sconosciuto, Abderrazak Nadhouri, nominato nell’agosto scorso dal Parlamento di Tobruk capo di stato maggiore dell’esercito. Nato nel 1960 ad al Marj (una località a un centinaio di chilometri a est di Bengasi), Nadhouri, dopo essersi diplomato presso l’accademia militare di Tripoli, nel 1985 entra a far parte della direzione dei servizi segreti. Dopo otto anni (1993) viene radiato dall’esercito e condannato a morte (condanna poi commutata nel carcere a vita) per la sua partecipazione al complotto ordito da alcuni membri della tribù dei Warfalla per rovesciare il regime di Muammar Gheddafi.
Nel 2004, a seguito di un atto di clemenza del rais che tentava di riavvicinarsi all’occidente, Nadhouri torna libero e si ritira a vita privata. A marzo del 2011 si unisce ai ribelli assumendo la guida di una importante fazione militare fuoriuscita dall’esercito di Gheddafi, fino a divenire al momento della caduta del regime comandante della brigata 115 di stanza ad al Marj.

“Per un certo periodo di tempo – raccontano le nostre fonti – Nadhouri si limita a seguire con attenzione l’evolversi della situazione nel paese. Poi, di fronte al precipitare degli eventi, rompe gli indugi e si schiera al fianco del generale in pensione Khalifa Haftar, nell’operazione Dignità lanciata a Bengasi il 16 maggio 2014 contro le formazioni jihadiste. Le sue scelte strategiche in qualità di capo di stato maggiore dell’esercito libico sono chiare. Primo: il rilancio del ruolo delle forze di sicurezza e militari e la marginalizzazione delle milizie criminali, che rivendicano le loro prerogative di potere spacciandosi falsamente come liberatori. Secondo: il rifiuto di qualsiasi dialogo con i gruppi jihadisti, soprattutto con Ansar al Sharia, come invece avevano suggerito di fare alcuni funzionari dell’Onu e certi rappresentanti di partiti nazionali. Terzo: l’avvio immediato di operazioni militari su vasta scala, anche in assenza di un placet internazionale, qualora dovesse persistere l’attuale caos istituzionale o si aprissero forme di mediazione con le componenti politiche islamiste e il network jihadista che ha recentemente aderito allo Stato islamico di Abu Bakr al Baghdadi. Nadhouri è convinto di avere dalla propria parte l’appoggio della maggioranza della popolazione libica, stanca dello stato di anarchia in cui è costretta a vivere. Rifiuta inoltre che intere regioni del paese possano cadere definitivamente sotto il controllo dell’esercito multinazionale jihadista. Benché non eserciti quasi più alcun ruolo sul terreno, anche Haftar ha aderito al piano strategico del nuovo uomo forte dell’esercito libico intenzionato a sfruttarne le indubbie capacità militari nominandolo suo consigliere personale. Da nostre informazioni risulta che Nadhouri potrebbe lanciare la propria offensiva entro i prossimi due mesi o subito dopo aver perfezionato gli accordi militari con il suo principale alleato: il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi”.

Più sfumata appare la posizione della Francia in quella che il presidente, François Hollande, ha definito la “poudrière libyenne”. L’unico aiuto francese verrebbe dai dispositivi militari, di osservazione e intelligence, dell’operazione Barkhane (succeduta all’operazione Serval nel Mali) varata da Parigi nei mesi scorsi insieme ad altri cinque paesi del Sahel: Mauritania, Mali, Niger, Burkina Faso e Ciad. Da qui l’asse privilegiato stabilito da Nadhouri con al Sisi entrambi convinti che solo un’azione militare potrà risolvere la drammatica crisi libica e sventare la temibile minaccia del terrorismo islamico che incombe su entrambi i paesi.

Per inviare la propria opinione al Foglio, telefonare 06/589090, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

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