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Il Foglio Rassegna Stampa
16.10.2014 16 ottobre 1943: la deportazione degli ebrei romani
Raccontata da Antonello Capurso

Testata: Il Foglio
Data: 16 ottobre 2014
Pagina: 2
Autore: Antonello Capurso
Titolo: «16 ottobre 1943, Sandra e Mariadora. Una questione non solo privata»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 16/10/2014, a pag. 2, con il titolo "16 ottobre 1943, Sandra e Mariadora. Una questione non solo privata", il racconto di Antonello Capurso.

 

La deportazione degli ebrei romani il 16 ottobre 1943

Roma. 16 ottobre 1943. Il telefono suonò di prima mattina nella casa romana di piazza Randaccio, in Prati dove abitava, ospite della sorella Maria e del cognato Ugo Battaglia, una ragazza ebrea di ventidue anni, Mariadora Segre: "Sta succedendo qualcosa al Ghetto, non sappiamo esattamente cosa, ma le vie d'accesso sono tutte bloccate da camionette della Gestapo. Non è prudente che tu resti a casa. Vai via. Vai subito da Sandra", dice la voce al telefono.
Alle cinque e un quarto la polizia tedesca aveva iniziato l'operazione di rastrellamento per sorprendere nel sonno chiunque appartenesse alla comunità ebraica romana. Annota con gelido disappunto Herbert Kappler "Mentre la polizia tedesca irrompeva in alcune case, tentativi di nascondere gli ebrei in appartamenti vicini sono stati osservati per tutto il tempo e in molti casi si crede con successo. Grandi masse, in episodi isolati, hanno addirittura tentato di trattenere singoli poliziotti lontano dagli ebrei".
Ugo Battaglia, cognato di Mariadora, era un punto di riferimento dell'antifascismo romano, collaboratore della rivista Volontà, con Mario Ferrara, Emilio Lussu, Vincenzo Torraca, Federico Comandini, Francesco Fancello, e incarcerato dal regime alla fine del 1929, quando venne sorpreso nel suo studio di avvocato di via Condotti con carte e fogli di Giustizia e Libertà, appena arrivati dalla Francia per la distribuzione clandestina. Storia curiosa quella dei fidanzati Ugo, cattolico, e Maria, ebrea.
Nell'estate 1938 escono le prime disposizioni razziali e si inizia a preparare il decreto che avrebbe proibito i matrimoni misti. Ugo, scapolo impenitente ma ancor più antifascista rigoroso, non sta li a pensarci: "Ah no, se me lo proibiscono allora mi sposo!". E con il decreto ancora in formazione, da Roma si precipita a Milano da Maria, che lì vive: "Dobbiamo sposarci subito, tra pochi giorni non si potrà più".
Il 3 novembre si celebra, senza tanti preamboli, il matrimonio tra Ugo Battaglia e Maria Segre. Il 17 novembre il Regio Decreto Legge n. 1728, all'articolo 1, dispone: "Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito. Il matrimonio celebrato in contrasto con tale divieto è nullo".
"Vai subito da Sandra". Sandra, invocata il 16 ottobre 1943 dalla voce al telefono, è invece la nipote di Ugo, ovvero figlia di Achille Battaglia, ricercato da nazisti e fascisti perché sospettato, peraltro giustamente, di far parte del gruppo di antifascisti che, in contatto con Ferruccio Parri e Piero Calamandrei, si organizzava nel centro Italia.
Sandra ha da poco sposato Marcello Capurso, giovane professore che proprio in quei giorni ha definitivamente preso le distanze dal regime, ritenendo le leggi razziali incompatibili con la propria coscienza: "Così - scrive Mariadora nella sua ultima memoria - il 16 ottobre rapidamente andai col tram a casa di Sandra Battaglia, trovando lì la governante che guardava il bimbo piccolo mentre Sandra era andata fuori Roma". Mi avevano sconsigliato il tram - racconta Mariadora - che poteva tramutarsi in una trappola, ma il tragitto era lungo fino a via Cadamosto, vicino alla Piramide, e insomma non mi andava tanto di farmela tutta a piedi, così alla fine sono salita sui mezzi pubblici; però ricordo che lungo la strada non notai nulla di particolarmente strano.
Alle 14 i rastrellamenti hanno termine: i camion uncinati con a bordo 1.024 persone, di cui 200 bambini, lasciano il Ghetto. Mariadora è già da qualche ora al riparo in via Cadamosto, a casa di Marcello, che sarebbe diventato uno dei maggiori costituzionalisti italiani negli anni Sessanta e Settanta, e con lui attende nel pomeriggio il ritorno dalle Marche di Sandra, che aveva recuperato da alcuni parenti un... prosciutto, ma in ritardo perché il treno, mitragliato da un aereo alleato, si era dovuto fermare lungo il difficoltoso percorso.
Ora si pone un problema: trovare una sistemazione sicura, cosa che non può certo essere l'abitazione della figlia di uno dei capi antifascisti.
Achille e Ugo, Sandra e Marcello organizzano così un primo trasferimento. Qualche giorno dopo Mariadora viene accompagnata da Marcello e Sandra a ponte Garibaldi, dove attende un'automobile, sulla quale è già la sorella Maria. "Mio cognato Ugo - scrive Mariadora - ebbe l'idea di rivolgersi alla governante di un suo amico, Renato Vernaleone, prigioniero di guerra in India. La trovò in chiesa e le domandò aiuto. Lei fu molto comprensiva e decisero di mandare da lei me e mia sorella Maria, dicendo ai portieri che eravamo delle cugine di Vernaleone, di Lecce, che chiedevano ospitalità". Certo, lo strano accento milanese delle due presunte sfollate leccesi fu oggetto di qualche battuta ma alla fine, per così dire, ognuno si fece i fatti propri.
Contemporaneamente Achille e Ugo incaricano il loro amico Stefano Siglienti, futuro ministro delle Finanze, di preparare i necessari documenti falsi e gli consegnano due foto tessera di Mariadora e Maria Segre. Purtroppo prima di arrivare da chi avrebbe dovuto provvedere alla stampa delle nuove carte, Siglienti viene fermato dalla milizia fascista e perquisito: dal portafoglio saltano fuori le due foto. Siglienti non si perde d'animo e racconta ai fascisti una storia boccaccesca di amanti molteplici e, caspita, contemporanee, pregando i bravi militi di comprendere le ragioni dell'animo maschile, che tutti accomuna, se non quelle della politica, che invece divide. I fascisti accolgono la spiegazione con soddisfazione cameratesca e, giudicata plausibile, tralasciano più approfondite indagini.
Il 31 dicembre, finalmente arrivati i nuovi documenti, si entra in azione. Un padre gesuita è incaricato di predisporre il passaggio di Mariadora presso il convento delle Dorotee al Gianicolo, dove i Battaglia avevano una certa influenza nel ricordo di una familiare che ne era stata autorevole Madre superiora. Nel convento dunque Mariadora resta al riparo sotto falsa identità, fino al giorno dell'entrata degli americani a Roma: "Il 5 giugno 1944 vidi dalla finestra del dormitorio l'arrivo degli alleati - scrive Mariadora - subito i Battaglia vennero a prendermi in convento e quella mattina, con le altre persone nascoste lì, andammo in giro per la città a festeggiare la liberazione, e ci trovammo tutti in piazza Venezia.
16 ottobre 1944. Il telefono suonò di prima mattina in casa di Sandra Battaglia e Marcello Capurso. Era Mariadora che voleva ricordare la prima porta che le venne aperta, che aveva significato per lei accoglienza e salvezza. Da allora, ogni anno, per anni, ogni 16 ottobre, Mariadora ha telefonato a Sandra per ricordare insieme. Ogni anno. Finché, assistita fino all'ultimo da Sandra, Mariadora è mancata alla vita terrena.
"Un'amicizia durata tutta la vita - scrive Sandra sul suo diario, poco prima di mancare, anche lei, l'anno successivo - questa è una cosa che spero anche i miei figli ricorderanno sempre". Il 16 ottobre 1955 per coincidenza è nato chi scrive, figlio di Sandra e Marcello, fatto che Mariadora interpretò come un segno del destino, e così, dal 1955, le telefonate diventarono due, tutti gli anni, tutti i 16 ottobre: una per ricordare e una per rallegrarsi insieme. Dove la parola insieme, teneva unite e indissolubili tutte le cose.

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