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Il Foglio Rassegna Stampa
24.07.2014 Immigrati arabi e turchi ineggiano a Hitler, in Germania
il fallimento dell'integrazione raccontato da Andrea Affaticati

Testata: Il Foglio
Data: 24 luglio 2014
Pagina: 4
Autore: Andrea Affaticati
Titolo: «A Berlino gli immigrati urlano “Hitler!” contro Israele, nell’integrazione qualcosa non va»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 24/07/2014,  apag. 4 dell'inserto, l'articolo di Andrea Affaticati dal titolo  "A Berlino gli immigrati urlano “Hitler!” contro Israele, nell’integrazione qualcosa non va"

 
Andrea Affaticati   

 "O Allah distruggi gli ebrei sionisti, non possono opporsi a te"    


Milano. “Oh, Allah, destroy the Zionist Jew”, ripeteva dal pulpito l’imam del quartiere berlinese Neukölln durante la predica del venerdì della settimana scorsa. “Hitler!, Hitler!” scandivano, due giorni dopo a Essen, centinaia di manifestanti pro palestinesi, tra i quali c’erano non solo arabi, ma anche turchi, che in Germania sono tanti e che ora hanno un leader, Recep Tayyip Erdogan, che soltanto pochi giorni fa ha usato gli stessi termini della piazza: il premier israeliano Benjamin Netanyahu è come Hitler. L’Europa intera è attraversata in questi giorni da manifestazioni dal carattere sempre più apertamente antisemita. Ma è innegabile che sentir pronunciare anatemi contro Israele e slogan pro Hitler in terra tedesca fa – ancora più che altrove – inorridire. E così i media tedeschi tornano a chiedersi se per caso non si sia sbagliato qualcosa nelle politiche di “accoglienza”. Sul sito del mensile Cicero, Alexander Kissler denuncia le cause che vedono la Germania impreparata a contrastare il veleno dell’antisemitismo. Primo, perché nonostante l’elaborazione collettiva, di cui i tedeschi vanno tanto fieri, questa elaborazione non è riuscita a estirpare le radici dell’antisemitismo? Questo – punto secondo – spiega perché perdura la convinzione che l’ebreo sia l’eminenza grigia che governa il mondo. A ciò si aggiunge – punto terzo – il fatto che la società tedesca si è mostrata cieca sull’occhio sinistro. Serap Güler, deputata regionale cristianodemocratica ed esperta di integrazione, in un’intervista alla Welt, prova, invece, a capire perché, diversamente dal 2009, le manifestazioni filo palestinesi di questi giorni hanno visto anche una partecipazione massiccia di immigrati turchi, pronti a inneggiare, insieme agli arabi, a Hitler. Secondo Güler c’entra molto la campagna elettorale per le presidenziali in Turchia, alla quale partecipa anche l’attuale premier turco Recep Tayyip Erdogan. Il primo ministro, pur di conquistare i voti anche dei musulmani più radicali, non si fa scrupolo di incendiare gli animi con affermazioni del tipo: “Gli israeliani non hanno né coscienza, né onore, né orgoglio”, e di dire che “a Gaza hanno superato in barbarie anche Hitler”. Detto ciò, bisognerà pur trovare l’antidoto al veleno antisemita e più in generale al fondamentalismo, e certo non basterà l’ennesima conferenza sull’immigrazione. Bisogna chiedersi quali sono i confini invalicabili dell’accoglienza, scrive Jasper von Altenbockum nel suo editoriale sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. L’autore ricorda la famosa frase pronunciata dall’ex capo di stato Christian Wulff in occasione della sua elezione, e cioè che “l’islam fa ormai parte della cultura tedesca”. Si chiede Von Altenbockum: “Fa parte della Germania anche l’islam antisemita?”. E’ vero, la Germania, anche grazie a una politica di immigrazione più moderna, è diventata più aperta, più curiosa e più empatica verso il mondo. Già, ma si tratta di un’apertura consapevole ed emancipata o semplicemente allineata? Si tratta soltanto di accoglienza, senza il coraggio di fare anche una politica di integrazione? Per saperlo, bisogna vedere se si avrà il coraggio di infrangere due tabù. Il primo afferma che l’immigrato, per antonomasia, non può essere razzista. Il secondo sentenzia che nessuna religione è razzista.

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lettere@ilfoglio.it

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