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Il Foglio Rassegna Stampa
05.07.2011 Flottiglia 2 bloccata dalla Grecia
una buona notizia

Testata: Il Foglio
Data: 05 luglio 2011
Pagina: 1
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «Fine di una Flotilla»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 05/07/2011, a pag. 1-4, l'articolo dal titolo "Fine di una Flotilla".

A Gaza non c'è emergenza umanitaria, la Flottiglia 2 aveva come unico scopo la delegittimazione di Israele, per questo la Grecia ha deciso di bloccarla.
Inutili le proteste e le lamentele pubblicate dal quotidiano di Rocca Cannuccia, sempre in prima linea contro Israele.
Ecco l'articolo:

Roma. E’ ormai certo, la Freedom Flotilla non partirà. A fermare la missione è un nuovo fronte formato da Grecia e Turchia. Da Atene il primo segnale è giunto venerdì scorso, quando l’“Audacity of Hope” è stata fermata, sotto il tiro delle armi, a pochi chilometri dal porto greco di Perama.
La nave “non è adatta alla navigazione” è stata la secca sentenza di Atene. Al blocco dell’“Audacity of Hope” di domenica è seguito il fermo dell’intera missione (in tutto contava dieci navi, inclusa l’italiana “Stefano Chiarini”). Ieri, la nave canadese “Tahrir”, ha tentato di salpare per Gaza nonostante i moniti di Atene ma è stata bloccata dalla polizia portuale in poco tempo. La decisione greca è una vittoria per il governo israeliano, che dopo la rottura dei rapporti diplomatici con la Turchia l’anno scorso ha allacciato intensi rapporti con Atene (rivale storico di Ankara) a cui sono seguite cospicue vendite di armi all’esercito greco e un boom del turismo israeliano sulla penisola. Atene non si è limitata a fermare la Flotilla: con il consenso di Gerusalemme e l’appoggio del premier palestinese, Abu Mazen, si è offerta di consegnare gli aiuti umanitari degli attivisti con navi greche e personale diplomatico a bordo, sotto la sorveglianza delle Nazioni Unite. La proposta è un ulteriore schiaffo alla Flotilla pro palestinese, che si trova così privata della principale giustificazione ideologica della missione. Ethan Bronner scrive sul New York Times che i generi alimentari e il cemento, i beni principali trasportati dalla Flotilla, a Gaza “non sono più necessari da tempo”. Nella decisione di Atene di dire no alla missione ha avuto un ruolo determinante la consapevolezza, rinvigorita da un monito della diplomazia israeliana, che “se la Flotilla partirà passerà alla storia come la missione greca”. L’anno scorso una spedizione simile causò nove morti tra gli attivisti turchi vicini all’Ihh, l’Ong turca di matrice islamica e promotrice della prima Flotilla. E’ improbabile che le violenze si sarebbero ripetute (sia gli attivisti sia l’esercito israeliano hanno seguito rigidi addestramenti per evitare scontri) ma con una mossa preventiva, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, dopo la vittoria elettorale di Erdogan, si è personalmente congratulato con il nuovo premier e ha lanciato un appello affinché “possa essere rinnovata la cooperazione e l’amicizia tra i due popoli”. I risultati non si sono fatti attendere: alla Grecia Netanyahu ha aggiunto un nuovo alleato nella lotta alla Flotilla. Poco dopo le elezioni turche (a metà giugno) l’Ihh, su pressioni di Erdogan, ha annunciato il ritiro della Mavi Marmara dalla spedizione per violare il blocco di Gaza. Su Asia Times, Victor Kotsev evidenzia tre ulteriori ragioni che hanno influenzato il governo turco. Primo. Le crescenti tensioni fra Siria e Turchia: Ankara è preoccupata che Damasco utilizzi la Flotilla per distogliere l’attenzione dalle violenze del regime sui manifestanti. Secondo. La Turchia vuole evitare che l’inchiesta delle Nazioni Unite trovi Ankara responsabile, condanna che danneggerebbe l’immagine del paese in un momento di forte crescita economica. Terzo. I pettegolezzi diplomatici che raccontano di una possibile offerta di Washington, in cui la Turchia potrebbe ottenere un ruolo da protagonista negli accordi di pace tra Israele e l’Autorità palestinese; ruolo che permetterebbe ad Ankara (Erdogan ha già alzato la voce e minacciato di togliere i fondi all’Anp) di consolidare il suo ruolo e la sua influenza sulle politiche mediorientali.

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