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Il Foglio Rassegna Stampa
01.10.2010 Roma, 7/10/2010. L'Europa sbaglia a non difendere Israele
Commenti di Melanie Phillips, Farid Ghadry, Giorgio Israel, Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 01 ottobre 2010
Pagina: 8
Autore: Melanie Phillips - Farid Ghadry - Giorgio Israel - Giulio Meotti
Titolo: «Israele e l'Occidente che rantola - J’accuse di un dissidente arabo:Lo stato ebraico è una benedizione per il medio oriente - Il socialismo degli imbecilli, così è nato e funziona ancora il mito della congiura ebraica - Israele è una feccia. Così parlano»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 01/10/2010, a pag. IV, gli articoli di Melanie Phillips, Farid Ghadry, Giorgio Israel, Giulio Meotti titolati " Israele e l'Occidente che rantola ", " J’accuse di un dissidente arabo:Lo stato ebraico è una benedizione per il medio oriente ", " Il socialismo degli imbecilli, così è nato e funziona ancora il mito della congiura ebraica " e " Israele è una feccia. Così parlano ad Amnesty, bibbia dei diritti umani ".
Ecco i pezzi:

Melanie Phillips - " Israele e l'Occidente che rantola "


Melanie Phillips

L’odio ossessivo verso Israele diffusosi oggi in gran parte del mondo occidentale deve essere contrastato con la massima urgenza e tutta la forza possibile. Questa campagna di demonizzazione e delegittimazione, senza precedenti, nei confronti di un paese democratico indispensabile per la difesa dell’occidente non è solo un insulto alla decenza, non rappresenta unicamente una minaccia alla sicurezza e all’esistenza stessa di Israele, ma va anche a minare quei valori civili attraverso i quali l’occidente definisce se stesso. La società occidentale si gloria di essere una cultura fondata sulla ragione, votata alla verità, alla giustizia e al principio della legalità. Tuttavia, la delegittimazione di Israele si basa su un grottesco rovesciamento di verità e giustizia nella regione, dove i ruoli di vittima e carnefice sono stati invertiti. Con questa campagna è stata riscritta la storia del medio oriente per spazzare via dal territorio il popolo ebraico, insieme alla sua storia nazionale. Puntando sulla falsa credenza secondo cui gli arabi palestinesi sarebbero gli abitanti originali della regione, la campagna omette di dire che gli ebrei erano i soli legittimati a considerare quel territorio come regno nazionale e li presenta invece come europei prepotenti in un luogo con cui non hanno alcun legame storico.
Questa falsità premeditata è stata sfruttata per incitare l’odio non solo contro Israele, ma anche contro l’intero popolo ebraico in generale.
Essa alimenta una campagna di profonda ingiustizia e spudorato fanatismo. Ingiustizia perché, dipingendo gli israeliani come colonizzatori, cerca di negare ai soli ebrei il diritto di autodeterminazione nazionale, in quella che storicamente è la patria da cui furono cacciati e con la quale nel corso dei secoli hanno ostinatamente mantenuto un forte legame. Ingiustizia perché la campagna vuole attuare una pulizia etnica nel futuro stato palestinese, eliminando gli ebrei, sebbene sulla base di obblighi del trattato mai stati abrogati, gli ebrei avrebbero il diritto di insediarsi non solo in Israele, ma anche in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Ingiustizia perché questo è l’unico conflitto della storia in cui una nazione legalmente costituita, sotto assedio fin dai tempi della sua fondazione, subisce pressioni affinché si apra ai suoi aggressori, sebbene gli attacchi nei confronti dei suoi cittadini continuino incessantemente. In qualunque altro luogo si parlerebbe di capitolazione forzata e di vittoria della belligeranza.
Ingiustizia perché questo è l’unico conflitto in cui il mondo afferma che i colpevoli del genocidio si “meritano” uno stato proprio. A creare questa situazione di stallo in medio oriente sono state proprio le continue concessioni alla violenza araba da parte del mondo e le pressioni esercitate sulle vittime israeliane. Fanatismo perché questa campagna ossessiva è alimentata dal pregiudizio. Mentre molti di coloro che la sostengono sono motivati dalla pura ignoranza e mossi da una pietà per gli oppressi tragicamente mal riposta, la demonizzazione di Israele a cui partecipano non è altro che una nuova forma dell’antico astio verso gli ebrei.
La palese doppia morale; la scelta di un popolo a capro espiatorio per crimini quali il genocidio e la pulizia etnica, che non solo non ha commesso, ma di cui è pure vittima; il ricorso a un linguaggio ricco di immagini demoniache e alla teoria della cospirazione, che caratterizza la campagna contro Israele, sono tutti segni distintivi dell’antico fanatismo antiebraico. Si sta facendo uso di questa campagna per raggirare il mondo e spianare la strada alla potenziale distruzione di Israele. Se l’Iran tentasse un secondo genocidio degli ebrei, gli altri paesi potrebbero quindi volgere lo sguardo altrove. Un terribile déjà vu, una passato che l’Europa ha già vissuto. La demonizzazione di Israele è l’emblema di un occidente che ripudia verità, razionalità e giustizia. Alla luce della guerra di conquista islamica intrapresa contro i popoli civili, l’abbraccio occidentale delle false credenze e del fanatismo verso Israele può solo essere visto come il rantolo di morte di una cultura che non ha più voglia di sopravvivere.

Melanie Phillips Columnist dello Spectator e autrice del best seller “Londonistan” e di “The world turned upside down”.

Farid Ghadry - " J’accuse di un dissidente arabo:Lo stato ebraico è una benedizione per il medio oriente "


Farid Ghadry

In medio oriente esiste oggi uno squilibrio che sta portando la regione verso conseguenze disastrose, non solo per chi vive in quell’area geografica ma anche per gli europei. Tale squilibrio è causato da due fattori: l’ingenuità di sognare una pace realisticamente possibile tra i paesi che rispettano la legge e quelli che non la rispettano, tra le nazioni governate da dittatori e quelle – rarissime – che hanno adottato la democrazia e le cause di fondo dell’aumento degli emigrati musulmani che giungono in Europa.
Parlando di pace gli Stati Uniti e l’Europa hanno trascorso gli ultimi 62 anni tentando di far sì che la pace diventi realtà; eppure, dopo numerose guerre, sono giunti alla conclusione che la pace è tanto elusiva oggi quando lo era ai tempi della fondazione di Israele.
Pertanto, invece di riassestare la situazione identificando i veri motivi per cui ottenere la pace risulta impossibile per una moltitudine di dittature solite praticare un’oppressione violenta e intollerabile, l’Europa – e in misura minore gli Stati Uniti – si è impegnata in una politica sistematica e frutto di calcoli accurati per delegittimare lo stato di Israele, nella speranza di riuscire a piegare il paese ad accettare una pace su misura degli standard occidentali. Cosa che senz’altro non contribuirà a diminuire la quantità di guerre, anzi.
Il vero problema del medio oriente sono i paesi illegittimi governati con il pugno di ferro da un’unica famiglia. Un problema consolidato, tanto che l’Europa ne sta incassando la conseguenza più folle: milioni di emigrati musulmani. Il mio umile parere è che delegittimare la democrazia di Israele e accettare l’oppressione dei regimi arabi dando origine a ondate di immigrati verso l’Europa significa delegittimare indirettamente l’Europa stessa. In effetti i politici europei non capiscono quanto la realtà sia a dir poco sconcertante.
Essendo io siro-americano, ex cittadino saudita e musulmano, posso parlare con autorevolezza. Ho un interesse legittimo nel vedere nazioni come Israele, il Libano e l’Iraq prosperare deliziati da una gloria democratica con la speranza che si diffonderà presto anche alla mia amata Siria, perché possa divenire una nazione con delle leggi che vadano a sostituire il regime senza legge che la governa oggi. Il successo di Israele come paese è una benedizione per la regione, se solo ci fermassimo un istante a considerare l’effetto positivo che questa piccola nazione potrebbe avere sul nostro futuro.
Così positivo che il presidente illegittimo della Siria, Baschar al-Assad, dedica il 90 per cento della propaganda, tralasciando i problemi dei siriani afflitti da una società controllata dal governo, alla causa palestinese e all’odio per Israele. Nel momento in cui l’Europa delegittima Israele, in realtà sta solo seguendo le orme dei dittatori arabi. Ma l’Europa, o qualunque singolo stato di quel continente, non è forse troppo grande per atteggiarsi come un delinquente di Damasco? Da musulmano, so per esperienza che l’immigrazione verso paesi come Olanda, Francia, Germania e molti altre nazioni europee comincia a provocare tensioni tra la popolazione indigena e chi proviene dal medio oriente e dal Nordafrica. Inutile dire che la tensione può non solo mutare il panorama politico ma anche far scattare la scintilla capace di ghettizzare. Difficile immaginare come si atteggeranno i politici europei nei confronti di Israele quando, entro il 2035, grazie alle politiche tiranniche dei governanti arabi la popolazione musulmana nel vecchio continente ammonterà a più di 100 milioni di individui. Il problema non è Israele.
Il problema sono le nazioni governate da un’unica famiglia che i politici europei sostengono di buon grado senza considerare l’effetto che tali politiche avranno sul loro futuro. Eccomi quindi, da musulmano, con un messaggio per voi: noi invaderemo le vostre nazioni, costruiremo moschee e vi faremo accettare la sharia. Quando ne avremo abbastanza di essere massa critica in una città, entreremo in politica, occuperemo il Parlamento, vi costringeremo ad adeguarvi alla sharia e le donne dovranno indossare l’hijab dalla testa ai piedi. Voi non avete fegato a sufficienza per lottare contro di noi né per controllarci. Continuate tranquillamente a delegittimare Israele e a ignorare i regimi arabi di oppressione. In questo modo noi avremo il tempo di portare a termine ciò che abbiamo iniziato.

Farid Ghadry Dissidente siriano e presidente del Partito riformista in esilio.

Giorgio Israel - " Il socialismo degli imbecilli, così è nato e funziona ancora il mito della congiura ebraica "


Giorgio Israel

Alla vigilia della manifestazione “Per la verità, per Israele” cade a proposito il libro di Michele Battini, “Il socialismo degli imbecilli” (Bollati Boringhieri), in uscita proprio il 7 ottobre. Difatti, nel proporre un’interpretazione delle origini dell’antisemitismo moderno, esso si sofferma sulle tecniche di propaganda, di falsificazione, di negazione che violano quello che l’autore chiama “il principio di realtà”. L’ebraismo europeo, dopo l’emancipazione del 1789, si trovò di fronte alla costruzione di un’immensa menzogna che culminò nel mito della congiura ebraica mondiale, fornì argomenti e creò consenso per lo sterminio di massa nazista. Così oggi Israele fronteggia un’altra immensa menzogna fatta di due componenti: la riproposizione del falso della congiura ebraica mondiale e la negazione della Shoah.
Sono temi che forniscono la base propagandistica per enunciare il progetto di distruzione di Israele senza pudore e in termini incredibilmente espliciti; e per ottenere che la gran parte dei governi, delle istituzioni internazionali e dell’opinione pubblica si volti dall’altra parte.
Batini cita opportunamente uno scritto del 1943 del grande storico della scienza Alexandre Koyré (“Sulla menzogna politica”, recentemente pubblicato in italiano da Lindau). Koyré osservava che, fin dalla pubblicazione di “Mein Kampf” gli artefici della propaganda totalitaria avevano annunciato non solo in forma pubblica, ma addirittura “pubblicitaria”, il loro programma efferato, sapendo che non sarebbe stato preso sul serio in quanto l’attenzione era sviata dal falso della congiura ebraica mondiale. “La propaganda antisemita – osserva Batini – presuppone un fatto mai avvenuto e la falsificazione delle prove che ne dimostrerebbero l’accadimento, ma dice la verità sulle proprie intenzioni persecutorie, sicura di poter ingannare l’opinione pubblica e gli avversari, che ad essa non prestano fede”.
Koyré parlava efficacemente di “una congiura alla luce del sole”, un complotto autentico che si nasconde dietro un complotto inventato: “La cospirazione alla luce del sole, se non è una società segreta, è comunque una società con segreto”. Tutto ciò si applica al progetto di distruzione di massa degli ebrei che è all’ordine del giorno. Un immenso castello di menzogne, di disinformazione e di falsi costruisce l’immagine di Israele come sentina di tutti i mali del mondo e massimo pericolo per l’umanità e, accompagnandosi alla negazione della Shoah, svia l’attenzione dal progetto di distruzione enunciato ostentamente da Ahmadinejad e i suoi accoliti. Smontando l’operare di questi meccanismi nella storia dell’antisemitismo moderno il libro di Battini conduce a riflettere sui modi con cui essi si ripropongono oggi.
Trattasi di un saggio di grande interesse, di notevole profondità ed erudizione, che propone l’analisi di processi e movimenti non bene studiati dalla pur vasta letteratura sul tema. Esso esplora le origini dell’antisemitismo moderno interpretandolo come una forma di “anticapitalismo antiebraico” maturato entro la reazione all’affermarsi della società liberale basata sui diritti dell’uomo. Proprio in nome di questi diritti gli ebrei erano stati “emancipati” dopo tanti secoli di emarginazione dalla società civile. Secondo Battini, la matrice principale del nuovo antisemitismo è da rintracciare nella reazione di gran parte del mondo cristiano alla nascita dello stato di diritto, che individua negli ebrei coloro che, usando le nuove libertà, sono divenuti padroni del capitalismo finanziario e attori di un complotto di cui la principale vittima è il mondo cristiano. Egli esplora il trasferimento di questa tematica nel movimento operaio europeo, in particolare nella componente socialista. Viene in mente ancora una frase di Koyré che ogni storico dovrebbe appendere davanti alla propria scrivania: “E’ impossibile in storia svuotare il fatto e spiegare tutto”.
Ciò è particolarmente vero per l’antisemitismo, un fenomeno bimillenario che ha attraversato un così gran numero di popoli, culture e religioni diversi, da resistere a ogni spiegazione semplice e unitaria. Certo, uno storico che non tenti di spiegare non è uno storico. Ma, in un caso del genere la via maestra è non trascurare alcuna delle componenti che hanno congiurato a rendere tanto persistente un fenomeno di intolleranza che – per dirla con André Neher – ha saputo dotarsi di un “guardaroba inesauribile”, trovandovi sempre “la maschera appropriata all’hic et nunc del suo folle ruolo”. E’ indiscutibile che l’antisemitismo cristiano sia stato il primo protagonista di questa storia e il principale fornitore del “guardaroba”.
Ma sarebbe unilaterale non considerare anche l’apporto del nuovo razzismo nella cui costituzione, paradossalmente, ebbe una parte importante proprio quel mondo illuminista che aveva emancipato gli ebrei. Così, sarebbe unilaterale concentrare l’attenzione sul ruolo del socialismo in questa vicenda quasi assolvendo la componente marxista del movimento operaio. Non si può essere indulgenti di fronte al modo singolare con cui Marx propose l’emancipazione dell’ebreo come “emancipazione della società dall’ebraismo”, per giunta presentandolo come la religione il cui unico Dio geloso è il denaro; e il suo spargere frasi razziste, come quella concernente il cranio del socialista Lassalle, “il più barbaro degli ebrei di Polonia”.
L’antisemitismo in ambito marxista e comunista è un capitolo che non può essere derubricato a politica assimilazionista delle nazionalità. Del resto, è sotto gli occhi di tutti quale eredità antisemita abbia lasciato il comunismo in Russia e in tanti paesi dell’est europeo. “Il socialismo degli imbecilli” fu una formula usata per decenni nel movimento comunista sia per minimizzare l’antisemitismo come un fenomeno di semplice “imbecillità”, sia per scaricarne le colpe sul socialismo. Anche questo fu un contributo a quel meccanismo di oscuramento del principio di realtà, così efficacemente analizzato in questo libro.

Giulio Meotti - " Israele è una feccia. Così parlano ad Amnesty, bibbia dei diritti umani "


Giulio Meotti

Uno stato feccia”. Così ha definito Israele il direttore di Amnesty International a Helsinki, Frank Johansson, scrivendo sul sito del tabloid Iltalehti. L’ammiraglia dell’umanitarismo globale, bibbia dei diritti umani e vincitrice di un premio Nobel per la pace, non ha intravisto nelle parole di Johansson una valida ragione per espellere uno dei suoi capi in nord Europa. Amnesty ha così commentato: “Non pensiamo che quest’affermazione metta in discussione l’integrità di Amnesty e il suo impegno per la promozione dei diritti umani…”. Niente inchiesta interna dunque. Così, visto che nelle stanze della multinazionale dei diritti umani la frase di Johansson stava passando in cavalleria, ci ha pensato un gruppo di intellettuali a chiedere l’espulsione del capo di Amnesty.
Hanno firmato l’appello il giurista di Harvard Alan Dershowitz, la nota studiosa di cultura yiddish Ruth Wisse, il proprietario di New Republic Marty Peretz, l’ex advisor della Casa Bianca Elliott Abrams e il padre di Daniel Pearl, Judea Pearl. L’affermazione di Johansson getta discredito su un’organizzazione già accusata da molti di “bancarotta morale” (la frase è di Salman Rushdie).
La Finlandia non è un luogo qualunque per l’umanitarismo. Da sempre il paese è in prima linea nell’attività internazionale in difesa dei diritti umani (il presidente Martti Ahtisaari ha anche vinto un Nobel). Il nome stesso della capitale, Helsinki, è associato nella mente di numerose persone allo “spirito dei diritti umani”. Johansson però non è un caso isolato.
Amnesty è arrivata persino a chiedere all’Amministrazione Obama di “sospendere immediatamente gli aiuti militari a Israele”. Ma non ha trovato il tempo di chiedere, en passant, anche un embargo verso Hamas, rendendosi incapace di distinguere fra Israele e i suoi aggressori, fra una democrazia quantunque imperfetta e un movimento terrorista che inculca nei propri figli l’amore per la morte. Nel 2002, quando le forze di difesa israeliane, dopo due anni di attentati suicidi, andarono a stanare i terroristi dentro i Territori palestinesi, l’accusa – poi rivelatasi completamente falsa – che avessero compiuto un “massacro” a Jenin fu alimentata proprio da Amnesty, scatenando giornali e tv in tutto il mondo. In Inghilterra l’ufficio di Amnesty ha sposato le tesi più estreme dell’antisionismo.
Nata per difendere i prigionieri politici, l’organizzazione non ha mai richiesto la liberazione dei soldati israeliani rapiti da Hezbollah e Hamas. E mentre a Helsinki i nipotini delle benemerite lotte umanitarie erano intenti a definire “spazzatura” l’unico membro delle Nazioni Unite condannato a morte, Gilad Shalit languiva (da quattro anni) in un tugurio dei fondamentalisti islamici a Gaza e i suoi sequestratori diffondevano video in cui giustiziano il giovane caporale ebreo.

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