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Il Foglio Rassegna Stampa
05.06.2009 Un appello per fermare Farouk Hosny a direttore dell'Unesco
L'articolo di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 05 giugno 2009
Pagina: 5
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Brucerò i libri israeliani»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 05/06/2009, a pag. III, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Brucerò i libri israeliani " su Farouk Hosny.
Ricordiamo ai lettori che l'antisemita Hosni, con molte probabilità, specie ora che Israele ha tolto il veto alla sua candidatura, sarà direttore dell'UNESCO. Bernard-Henri Lévy, Elie Wiesel e Claude Lanzmann hanno scritto un appello, firmato, tra gli altri, da Ugo Volli, autore delle "Cartoline da Eurabia", da Fiamma Nirenstein e da Giorgio Israel, per evitare che ciò accada. Invitiamo i lettori ad aderire all'appello Ecco l'articolo:
 

Quando Farouk Hosni dice che “Israele non ha mai contribuito alla civilizzazione, in nessun’epoca, perché non ha mai fatto altro che appropriarsi del bene altrui”, non si ferma alle parole. Due anni fa, in qualità di ventennale ministro della Cultura egiziano, Hosni fece bandire un film israeliano premiato a Cannes, “The band’s visit”. Parlava di otto soldati egiziani che sbarcano all’aeroporto di Tel Aviv e dopo varie peripezie finiscono in uno sperduto villaggio nel deserto. Lì stringono amicizia con gli israeliani. Così il plenipotenziario alla censura in Egitto, Farouk Hosni, ha giustificato il rifiuto di far partecipare il film al festival del cinema del Cairo: “Proiettarlo equivarrebbe ad accettare la normalizzazione dei rapporti con Israele, cui noi ci opponiamo fermamente”. Hosni, che sui media egiziani viene sempre chiamato “al-fannan Farouk Hosni, wazir al-thaqafa”, con la doppia dicitura di artista e ministro della Cultura, è il principale candidato alla direzione dell’Unesco al posto di Koïchiro Matsuura, candidatura sostenuta anche dal governo italiano nell’agosto del 2007. Hosni andrà a occuparsi di cultura in tutto il mondo per conto delle Nazioni Unite. Nei giorni scorsi tre intellettuali del calibro di Elie Wiesel, Claude Lanzmann e Bernard-Henry Levi hanno lanciato una campagna di boicottaggio contro Hosni (il primo a opporsi alla sua candidatura è stato ilWall Street Journal con un editoriale dal titolo “Being Farouk Hosni”). A domanda di un deputato del Parlamento egiziano preoccupato del fatto che potessero essere introdotti libri israeliani nella gloriosa Biblioteca d’Alessandria, Hosni ha risposto: “Bruciamo questi libri; magari li brucerò io stesso davanti a voi”. Il ministro proviene dalla borghesia colta e assimilata di Alessandria, è elegante, cosmopolita e sempre a suo agio nel demi monde europeo. Hosni è anche uno storico esponente dell’arabismo secolarista e il commissario culturale per la “nahda”, il risveglio culturale del mondo arabo di cui l’Egitto è il faro indiscusso. Già direttore dell’Accademia egiziana delle arti a Roma, Hosni da ministro della Cultura ha lavorato per purgare l’Egitto dall’occidentalismo e dalla presenza ebraica. Il direttore del Simon Wiesenthal Centre for international relations, Shimon Samuels, ha accostato il nome di Hosni a quello del ministro per la propaganda nazista Josef Goebbels. Ma la sua intolleranza intellettuale si nasconde dietro una maschera ambigua e torbida, difficile da decriptare perché erroneamente giudicata “liberale”. E’ stato Hosni a portare in Egitto Roger Garaudy dopo il processo in Francia del 1998. Garaudy, uno dei più noti negazionisti europei, era stato accusato di aver violato una legge francese che vietava la negazione di eventi storici designati come crimini contro l’umanità, oltre che di odio razziale. Queste accuse, per le quali fu condannato nel 1998, avevano origine nel suo libro “I miti fondatori della politica israeliana”, in cui dichiara: “Non c’è stato alcun pogrom nazista o genocidio durante la Seconda guerra mondiale, e gli ebrei hanno sostanzialmente inventato l’Olocausto per il loro tornaconto politico ed economico”. Hosni non ebbe alcun problema a presentare Garaudy come un eroe al pubblico egiziano. Fu sempre Hosni a regalargli lo show televisivo in cui Garaudy, convertito all’islam, attaccava gli ebrei e Israele. Dieci anni fa Hosni si oppose a che Israele, in pieno processo di pace, potesse aprire un proprio stand alla Fiera del libro al Cairo. “Mi oppongo a qualsiasi normalizzazione culturale con Israele”, affermò ancora Hosni. In una intervista del 13 giugno 2001 ad alWasat, Hosni disse sugli ebrei: “Rubano tutto, il patrimonio musicale, il cinema e anche i vestiti, per questo vanno ricambiati con lo stesso livello di odio”. Tre giorni prima, parlando a un altro quotidiano arabo, aveva detto che “la cultura israeliana è subumana”. Sempre sua, tre anni fa, la messa al bando del best seller “Il codice da Vinci” di Dan Brown, in quanto contenente “miti sionisti”. Nel 1999, quando Hosni da dieci anni era già ministro della Cultura, il suo dipartimento mise all’indice 94 libri dall’Università americana al Cairo, compresi alcuni saggi del Nobel egiziano Naguib Mahfouz e “Lolita” di Vladimir Nabokov. Pochi anni prima Mahfouz era stato pugnalato quasi a morte, dopo che lo sceicco cieco Omar Abdel Raman, implicato nella prima strage del World Trade Center, lo aveva paragonato all’“apostata Rushdie”. Nella rete della censura di Hosni è scomparso anche “Il Profeta” di Kahlil Gibran, colpevole di apostasia per i disegni nei quali si poteva ravvisare Maometto. Hosni si premurò che neanche il lavoro su Maometto dell’orientalista francese Maxime Rodinson avesse vita facile. Nove anni fa al Cairo 12.000 studenti universitari arrivarono a duri scontri di piazza contro la censura di stato praticata da Hosni. Un anno dopo un esponente dei Fratelli musulmani, Gamal Heshmat, pone all’attenzione del ministro della Cultura la pubblicazione di tre romanzi giudicati “pornografici”. Hosni fa suo il moto di censura degli islamisti, ergendosi a guardiano della moralità pubblica e ricordando a tutti coloro che parlavano di libertà di espressione che “l’Egitto non è l’Europa”. Un numero consistente di scrittori egiziani si dimise dai vari incarichi presso il ministero di Hosni, come gesto di solidarietà con Abu Shadi e Mohammed al Bisati, due autori censurati. Nel novembre del 2007 il ministro della Cultura Hosni annunciò che non avrebbe mai consentito che un museo di antichità ebraiche fosse aperto in Egitto. “Mai”, ripetè più volte. Quando un gruppo di mullah della prestigiosa università al Azhar chiese al ministro di bandire alcune opere giudicate “oscene”, Hosni ripiegò in fretta rispetto alla sua formazione secolarista. “Non è sufficiente spezzare la coda di questi serpenti, le loro teste devono essere tagliate per salvare la cultura dalla corruzione”, proclamarono i talebani egiziani. Un mese fa Hosni, sebbene formalmente contrario alla censura “in quanto artista”, non ha avuto nulla da recriminare nel processo intentato al vignettista Magdy el Shafee. Con la legge numero 102 del 1985, il presidente egiziano Mubarak conferì all’Università al Azhar, epicentro della cultura sunnita nel mondo, il potere di stabilire quali opere dovessero essere bandite. Hosni parlò in questi termini: “Al Azhar è la suprema autorità, quando fornisce una opinione, dobbiamo tutti rimanere in silenzio”. Nel 2004 il Consiglio della ricerca islamica dell’Università mise così al bando un libro dell’intellettuale Gamal al Banna, “La responsabilità del fallimento dei paesi islamici”, in cui l’autore propone alle minoranze musulmane nel mondo modalità di comportamento capaci di facilitare l’integrazione in società non islamiche. Stessa sorte per l’autrice Nawal el Sadawi, il cui romanzo “La Caduta dell’imam” è stato vietato dalla stessa istituzione del Cairo. Durante un incontro con una rappresentanza dei Fratelli musulmani, Hosni si vantò più volte che da quando era diventato ministro “sono stati pubblicati più di 500 libri sull’autentico islam”. L’ultima volta che Hosni ha esercitato l’arte censoria è stato due mesi fa. Daniel Barenboim, celebre critico di Israele, doveva essere il primo direttore d’orchestra israeliano a essere invitato in Egitto. Aveva in programma “Le Nozze di Figaro” con l’Orchestra sinfonica egiziana, ma il suo concerto alla Cairo Opera House è stato cancellato all’ultimo minuto. Il “nessun suoni” venne ordinato direttamente dal ministro Hosni, che ha eliminato l’opera di Mozart dal cartellone e rinviato tutti a un galà. Fatto rivelativo: non solo Hosni ha giurato che avrebbe bruciato le opere ebraiche custodite nella biblioteca di Alessandria. Quel che è peggio è che sotto il suo ministero nella stessa Biblioteca, sezione “museo dei manoscritti”, nella stessa sala in cui sono esposte antichissime copie dei Vangeli e un testo della Torah, ha fatto bella mostra di sé la prima traduzione in arabo dei “Protocolli dei Savi Anziani di Sion”. Ironia della sorte, quella parte della biblioteca era stata appena restaurata dall’Unesco. Non mancano intellettuali egiziani di straordinario valore. Come lo era Farag Foda, il giornalista e scrittore assassinato da un commando di islamisti. Farouk Hosni non è fra questi.

 Farouk Hosny

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