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Il Foglio Rassegna Stampa
27.09.2008 L'islamista travestito
Giulio Meotti analizza Tariq Ramadan

Testata: Il Foglio
Data: 27 settembre 2008
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Nuovo libro di Ramadan, solito salafita travestito da moderno»

Dal FOGLIO di oggi, 27/09/2008, a pag.2, con il titolo " Nuovo libro di Ramadan, solito salafita travestito da moderno", Giulio Meotti analizza il suo ultimo libro uscito da Einaudi.

In “Islam e libertà” (Einaudi), l’islamologo di grido Tariq Ramadan tocca l’apice della prestidigitazione. L’illusione coltivata da questo astuto venditore di profumo orientalista ha uno scopo ben preciso: occultare il corpo del reato, ovvero la sollevazione islamista in corso da molti anni. Nel libro non fa alcun accenno agli assegni versati alle formazioni terroristiche palestinesi che costituiscono, secondo il verdetto di una corte federale di New York, la causa della sua interdizione da parte del Dipartimento di stato. Ramadan, che si muove nell’alveo dei Fratelli musulmani (è nipote del fondatore), non parla neanche del suo reclutamento da parte della televisione iraniana, cassa di risonanza di un messaggio genocida. L’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia si oppose alla pubblicazione della “Raccolta di fatwa” di Yusuf al Qaradawi, lo sceicco che ha benedetto i kamikaze a Gerusalemme e Baghdad. La prefazione era firmata Ramadan, che non esitò a certificare gli scritti del grande dotto del Qatar per il quale con gli ebrei è possibile dialogare “o con la spada o con la pistola”. Anche di questo nel libro non vi è traccia. Lo sapeva l’ottimo editor di Einaudi Andrea Romano quando gli propose di scrivere il libretto? Un saggio che è la disperata offerta di un’immagine di sé, che annulla le ombre in nome della presentabilità. Ramadan il seduttore dei progressisti, il modernista a proprio agio nel mondo, il banditore di una salafia chic e di una sharia diluita con il culto del consenso. Nel suo profetismo morbido e sereno, RamadanPierluigi Battista sul Corriere della sera definisce con formula preziosa “silenzio reticente”. Nel libro Ramadan, uno che da anni condanna gli attentati ma li correda sempre con giustificazioni e infingimenti retorici, è attento a non apparire come un rigido estremista, coltiva l’immagine dell’amabile tradizionalista, l’agile conversatore che è anche cooperatore sociale. Dietro alle sue matrioske sociologiche, che ne fanno perfino un alfiere della xenofilia, si nasconde un unico obiettivo: l’acculturazione dei musulmani d’Europa, da lui intesa come “dar al shaada”, la terra di missione religiosa. Il suo tema preferito è il destino dell’islam in occidente: il concetto di assimilazione non fa parte del suo orizzonte. Per questo non è in grado di rivolgersi ai musulmani che vivono in America e che amano il Nuovo Mondo. Secondo la sua ricetta, cucinata con sapienza, i musulmani in Europa devono vivere secondo le leggi islamiche, perché l’islam, a suo giudizio, è sempre stato un fatto concreto della vita europea. Il suo sociologismo spirituale descrive i fenomeni e nel descriverli li giustifica. Bolla l’idea di una tradizione giudeo-cristiana come una “ricostruzione ideologica a posteriori”. Prima di lui, già René Guénon aveva provato a condire l’islam in salsa occidentale. Ma Ramadan non vuole informare né fare della buona letteratura. Il suo scopo è attrarre fedeli al Profeta. Appartiene alla tradizione islamica nota come “isma”, che è l’impossibilità di dire qualcosa di sbagliato sul Profeta. Corteggiatodalle cancellerie e dalle università d’Europa, Ramadan si rivela per quello che è, non un fondamentalista letteralista, ma un riformista salafita che combatte ogni rottura dentro all’islam che miri ad abrogare i versetti che incitano alla morte. Nel suo libro su “Maometto” (Einaudi), Ramadan scrive che il Profeta ha raccolto “la voce delle donne del suo mondo, le quali spesso sperimentavano la negazione del diritto, l’esclusione e i maltrattamenti”. Ramadan sa bene che un messaggio oppressivo non passerà mai presso le musulmane europee. Così gioca la carta della persuasione. Ripete che non si devono obbligare le giovani musulmane a portare il velo. Ripete instancabilmente alle donne che una buona musulmana è “pudica”. La donna per Ramadan deve scegliere liberamente l’islam, deve plasmare l’ambiente attorno a sé, è bella, forte, orgogliosa e comunicatrice di principi universali che possono riempire il vuoto europeo. Ramadan afferma che le stragi in Europa, dal 7 luglio di Londra all’assassinio di Theo van Gogh, sono il frutto di una “cattiva integrazione”. Quanto di più falso, visto che gli autori delle stragi erano giovani islamisti ben integrati, nati e cresciuti in quella Europa a cui avrebbero dichiarato guerra in nome di un’ideologia nefanda con la quale Ramadan non ha mai fatto i conti. Questa nuova bibbia portatile del ramadanismo è un miscuglio di lumi rivisitati, comunitarismo, orgoglio religioso, risveglio delle coscienze, pragmatismo e apologia dell’islam come “la soluzione”. Quella definitiva perl’Europa così come la conosciamo con le sue libertà e ideali. Ramadan inveisce contro le “lobby proisraeliane” e afferma che l’idea di un “nuovo antisemitismo” è il ricatto costruito ad hoc per impedire ogni critica a Israele. Una coraggiosa giornalista francese come Caroline Fourest non avrebbe titoli per criticarlo in quanto alfiera del “sionismo più cieco”. Mantenendo saldo il tabù su Israele, lo manifesta in quello stile condivisibile da una parte dell’opinione pubblica occidentale. E’ lo stesso saggista che in “Islam in questions” del 2002 scriveva che i kamikaze assassini di bambini ebrei “trovano giustificazione in decenni di sofferenze accumulate”. L’islamologo di grido ne ha anche per gli “ex musulmani” accusati di “fare il gioco di certi governi”. Il suo abbraccio di “islam e libertà” non convince quando chiede una moratoria delle lapidazioni e non la definitiva messa al bando. Quando chiede lo stato binazionale a Gerusalemme, cioé la fine di Israele. Quando propugna le piscine separate in Francia. Mentre il filosofo Robert Redeker è costretto a vivere nell’ombra e lui parla di “nuova islamofobia”. Quando celebra l’“uomo musulmano”. Il grande storico islamico Fouad Ajami afferma che “Tariq Ramadan non è altro che un frammento staccatosi dall’antico blocco”. I Fratelli musulmani. Grattate la patina dorata con cui ammanta i propri scritti e di Tariq Ramadan non resterà altro che il martellante rigetto di tutto ciò che di meglio ha prodotto la nostra civiltà.

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