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La Nazione Rassegna Stampa
27.04.2016 Israele: reportage di viaggio
di Roberto Giardina

Testata: La Nazione
Data: 27 aprile 2016
Pagina: 27
Autore: Roberto Giardina
Titolo: «Viaggio lungo i secoli e le guerra: da Berlino al cuore di Israele»

Riprendiamo dalla NAZIONE/CARLINO/GIORNO di oggi, 27/04/2016, a pag. 27, con il titolo "Viaggio lungo i secoli e le guerra: da Berlino al cuore di Israele", l'analisi di Roberto Giardina.

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Roberto Giardina

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DA BERLINO a Gerusalemme, un viaggio tra i pregiudizi, un viaggio nel passato. Come tutti i viaggi dal cuore d'Europa al Mediterraneo. Per capire quel che si vede si finisce prima o poi in un museo. I nostri sono sarcofaghi, in Israele i musei sono incubatrici. Mona Lisa al Louvre è conservata in una teca come la bara di cristallo della Bella Addormentata. Nel museo del kibbutz di Lohamei Haghetaot, fondato nel 1949 dai superstiti del ghetto di Varsavia, il cuore è una sala buia. Su una parete scorrono lettere luminose, stelle filanti che si raggrumano e tornano a scomporsi, lentamente ci accorgiamo che formano dei nomi, le località del nostro continente che ospitarono lager, o dove avvennero eccidi di ebrei. Una galassia dell'orrore. Sulle altre pareti, sfiorando dei pulsanti, si illuminano loculi, custodiscono gli oggetti delle vittime, a volte, non sempre, hanno dei nomi. Una valigia di cuoio, un mazzo di carte dipinte a mano per trascorrere il tempo in attesa della fine, una tazza di maiolica sbeccata, fanno rivivere gli uomini, le donne a cui appartennero. Un museo che custodisce essere viventi.

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Gerusalemme, Muro occidentale

GIUNSI a Tel Aviv con Willy Brandt, il primo cancelliere tedesco a visitare Israele dalla fine del Reich nazista. All'aeroporto, lo accolsero con cartelli con la scritta «Benvenuto Willy, ma Willy non è tedesco». Fuggì all'estero a 19 anni, poco dopo l'avvento di Hitler. Era il giugno del 1973, sei anni esatti dalla guerra dei sei giorni. E quattro mesi prima della nuova guerra del Kippur (6-25 ottobre). Nel dicembre del '70, mi ero ritrovato a pochi passi da Brandt quando cadde in ginocchio nel ghetto di Varsavia. Il 67 per cento dei tedeschi non apprezzò. Ora è un' altra Germania, anche Israele è cambiato. Tel Aviv mi ha sorpreso con i suoi minigrattacieli, traffico intenso da metropoli europea. Ma ai piedi dei grandi palazzi si preservano le ville delle famiglie dei fondatori del nuovo insediamento nel 1909, accanto alla vecchia Gialla, da cui salpò Giona per finire nel ventre della balena. Chi vuole edificare deve spendere per conservare, e non abbattere. Nell'architettura, l'anima di Israele.

NELLA BERLINO in cui vivo si continua a costruire cancellando il passato. Nel quartiere di Neue Cölln, si avvertono gli ebrei di non farsi riconoscere per strada. Si può essere aggrediti da giovani arabi. La squadra berlinese del Maccabi gioca sempre in campo ostile. Gli ebrei erano duemila alla caduta del "muro", oggi sono oltre dodicimila, giunti dall'est. Ho l'impressione che si eviti di segnare i prodotti con «Made in Israel». Nel mio supermarket trovo melograne importate dal Perù. Chissà perché?

LUNGO la costa, verso ovest raggiungo la striscia di Gaza chiusa da un "muro". L'ospedale di Barzilai a Ashkelon, si trova a 11 chilometri, sotto tiro dei razzi di Hamas, oltre 400 l'ultimo anno, nei corridoi espongono i resti dei proiettili, tra le fioriere. Il vicedirettore, il dottor Ron Lovel, ha studiato a Bologna. «Curiamo tutti, è normale per me, racconta, mi chiamano i colleghi da Gaza per chiedere aiuto, nei casi gravi. La mia casa è proprio sul confine. Quelle intorno sono state tutte colpite in questi anni, solo la mia no. Sanno dove abito». Da Tel Aviv verso est, si raggiunge Akko, il nome antico della San Giovanni d'Acri dei crociati, che fu anche Tolemaide, città che cambia nome di stagione in stagione. La maggioranza degli abitanti è araba, molti gli arabi cristiani. Infine, un'ora appena, si giunge al confine con il Libano, Damasco è a 60 chilometri, alle nostre spalle Gerusalemme è a 220. Israele è una piccola terra, vasta quanto la mia Sicilia, o poco più, ma enorme nelle distanze storiche. Seguendo il confine ci troviamo in faccia alla Siria, al di là delle alture di Golan. Quando visitai il Monte Bental, vidi i carri armati siriani conquistati nel '67, ancora interrati nelle trincee, i loro cannoni colpivano i kibbutz sulle sponde del Lago di Tiberiade. Trascorro la notte in uno di loro, il Kibbutz di Hagoshrim, ma il terreno non fu occupato con le armi. Lo vendette l'emiro siriano Faour nel 1907. Pensò di aver fatto un buon affare perché i terreni erano paludosi, si moriva di malaria. Ci volle quasi mezzo secolo per bonificarli.

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Masada

SI SCENDE a Gerusalemme lungo la valle del Giordano. I luoghi hanno i nomi della Bibbia, e quelli delle battaglie del '67, che io segui nei dispacci di agenzia in redazione. Tra poco saranno trascorsi cinquant'anni, e lo stato giuridico dei territori non è ancora stato definito secondo il diritto internazionale. Tornare ai confini di quasi mezzo secolo fa? Non mi chiedo se sia giusto secondo il diritto internazionale, ma come sia possibile senza provocare altre guerre. Si viaggia lungo i secoli e le battaglie, fino a Masada, la rocca imprendibile sul Mar Morto, conquistata dai romani che trovarono una fortezza presidiata dai cadaveri. In 900, racconta Giuseppe Flavio, preferirono il suicidio alla resa. Scavi recenti hanno dimostrato che non fu l'invenzione di un cronista poco fedele, come si credeva.

IL SABATO ebraico inizia al tramonto del venerdì. A Gerusalemme, sono a cena da una famiglia di ebrei giunti dall'Italia. Ho trovato il portone aperto perché per rispettare il riposo non si devono premere campanelli. Si entra senza suonare. Sarebbe possibile a Roma, a Berlino? I padroni di casa sono gentili, le pietanze gustose, e molte. Le stesse della mia infanzia in Sicilia.

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