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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
02.05.2003 Famiglia Cristiana ci insegna la storia
Ovvero benvenuti in casa Goebbels

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 02 maggio 2003
Pagina: 1
Autore: La redazione
Titolo: «Medio Oriente»

Famiglia Cristiana due settimane fa ha messo in vendita, unitamente al giornale, un libretto intitolato "Medio Oriente" – Storia e scenari delle guerre infinite.

Il volumetto è diviso in tre parti: la prima riguarda il Conflitto arabo-israeliano, la seconda si concentra sulle "Testimonianze" e la terza riguarda "Altri focolai di crisi".

Poiché riteniamo che la conoscenza dei fatti storici rappresenti una base importante per un’analisi approfondita delle situazioni attuali concentriamo la nostra attenzione su questa parte per vedere come il settimanale cattolico ha riportato gli avvenimenti storici connessi al conflitto attualmente in corso.

Siamo consapevoli che "raccontare" in poche pagine fatti che hanno visto protagonisti Israele e i paesi vicini per tanti anni è un’impresa non facile, tuttavia ci illudevamo che la verità storica fosse rispettata.

Così non è stato: riportiamo pertanto alcuni stralci delle prime pagine dalle quali emerge non solo una faziosità generalizzata che peraltro contraddistingue l’orientamento di F.C. ma anche una "sottile" volontà di presentare in modo falso la storia.

Il capitolo dedicato alla Guerra di indipendenza si apre con un titolo che lascia sbigottiti:




"La stella di Davide contro la mezzaluna".
"La prima guerra arabo-israeliana si divide in due fasi: la guerra civile tra due popolazioni che si contendevano lo stesso pezzo di terra e, dal 15 maggio 1948, la guerra convenzionale tra il nuovo Stato d’Israele e gli eserciti di Egitto, Siria, Giordania, Libano e Irak.


A dire il vero quel 15 maggio cinque eserciti arabi muovevano da ogni parte contro Israele e aveva inizio la prima delle cinque guerre che il giovane Stato avrebbe combattuto: la più sanguinosa, la più lunga e la più difficile di tutte.

Se il rapporto numerico tra ebrei e palestinesi alla fine del novembre 1947 era di uno a due a favore dei secondi, da tutti gli altri punti di vista il futuro stato era in vantaggio: organizzazione bellica, addestramento, attrezzature, comando, controllo e soprattutto motivazione.


A questo punto non si spiega – ed in effetti la giornalista non ne fa menzione – come mai con una così efficiente "organizzazione bellica"…….. "Il bagno di sangue sembrava non dover finire mai: il 31 dicembre alle raffinerie di petrolio di Haifa 30 ebrei furono uccisi dagli operai arabi. Il 22 febbraio del ‘48, oltre 50 figli di Israele morirono quando un’auto carica di dinamite esplose a metà mattina in Via Ben Yehuda a Gerusalemme" (Abba Eban).

"In questa prima fase entrò in scena il composito "Esercito di liberazione arabo" di circa 5 mila uomini, provenienti anche da regioni lontane come il Sudan o l’Iraq, con una presenza molto limitata di arabi di Palestina, al comando di Fawzi-el-Kawakij.

Le formazioni arabe erano riuscite a disturbare e isolare molti villaggi e kibbutzim. Gerusalemme era tagliata fuori e così il Negev e la Galilea." (Fausto Cohen).

Se di questi avvenimenti il lettore resta praticamente all’oscuro ampio spazio (una pagina e mezzo) è riservata all’episodio di Deir Yassin; anche in questo caso però l’obiettività storica è andata a farsi benedire


In questo corpo a corpo per il controllo del territorio si inserì uno degli episodi più tragici e brutali del conflitto arabo-israeliano . La Haganà aveva una lista di villaggi arabi da eliminare per garantire la sicurezza del nuovo Stato. La mite comunità di Deir Yassin


Vedremo fra poco quanto era mite!!

Non era nell’elenco. Ma l’Irgun e le altre organizzazioni terroristiche scalpitavano e strapparono il consenso alle autorità israeliane per dare l’assalto. I terroristi spararono senza alcuna remora: gli aggressori passarono casa per casa, tirando granate, seppellendo intere famiglie sotto le macerie e uccidendo indiscriminatamente donne, uomini e bambini in fuga.


"Il villaggio di Deir Yassin si trovava lungo la strada per Gerusalemme non lontana da Castel ma non era considerata posizione strategica vitale. Il fatto è però che le due formazioni autonome, la Irgun e la Stern, volevano ottenere un loro successo personale in battaglia. Gli attaccanti lasciarono un corridoio nel villaggio per consentire alla popolazione non armata – avvisata con altoparlanti – di uscire. Più di 200 abitanti lo fecero e coloro che erano rimasti finsero di arrendersi. Quando però i reparti della Irgun avanzarono, furono accolti da un fuoco nutrito scatenato dalle case piene di armi e munizioni. I reparti ebraici che non si aspettavano l’agguato, persero il 40 per cento dei loro effettivi.." (Fausto Cohen).

Deir Yassin, unico episodio di terrorismo contro la popolazione civile, sarà sfruttato a lungo dalla propaganda antisraeliana per dimostrare che il terrorismo ebraico non era da meno di quello dell’OLP. Ma mentre a Deir Yassin non ci fu premeditazione, la popolazione civile fu sempre il bersaglio del terrorismo arabo.

Un altro episodio gravissimo, ma questa volta a danno degli ebrei, viene "dimenticato" nella penna della giornalista.

"Il 13 aprile forze arabe davano una risposta non meno crudele e questa volta premeditata e da nessuno stato araba deplorata. Ad un convoglio di medici e infermieri che si stavano recando all’ospedale del Monte Scopus che domina la città di Gerusalemme fu teso un agguato. Circondati, furono tutti massacraticon bombe a mano e fucili mitragliatori. Restarono sul terreno 77 morti, tutti ebrei, tutti medici che correvano in soccorso di malati e feriti." (F. Cohen)


Ma l’effetto più duraturo del massacro è stata la disperata fuga della popolazione civile. La questione dell’esodo palestinese è da sempre molto dibattuta tra gli storici. La versione ufficiale israeliana sostiene che i palestinesi siano fuggiti essenzialmente perché incoraggiati dagli arabi che volevano spianarsi la strada per l’invasione del 15 maggio. I palestinesi invece hanno sempre sostenuto che i profughi erano stati espulsi da Israele in modo sistematico e premeditato.

Mentre nella prima fase della guerra non ci fu una politica araba rivolta a fermare l’emorragia di palestinesi delle classi superiori e medie, all’inizio del maggio 1948 alcuni stati arabi e l’Alto comitato locale palestinese esortarono la popolazione a restare nelle loro case e i profughi a tornare.


Vediamo come.

Il Gruppo di Ricerca sui problemi della emigrazione europea, nel suo Bollettino del gennaio-marzo 1957 scrive" ….Fin dai primi mesi del ‘48 la lega Araba diede ordine di incitare la popolazione a trovare temporaneo rifugio nei paesi confinanti, da dove sarebbero più tardi ritornati alle loro case sulla scia dei vittoriosi eserciti arabi e per potersi dividere le proprietà ebraiche abbandonate…"

Il 3 aprile 48 la stazione radio Near East di Cipro diceva: "…..l’Alto Comitato arabo ha incoraggiato gli arabi a fuggire dalle loro case di Jaffa, Haifa e Gerusalemme e alcuni leaders hanno tentato di trarre vantaggio politico dalla miserabile situazione dei fuggiaschi…"


Ma dalla metà di maggio Haganà adottò una politica volta a impedire quel ritorno, facendo ricorso anche alle armi. …in quella fase storica l’esodo dipese in gran parte dalla brutale espulsione e dai maltrattamenti deliberati. I leader sionisti volevano che nel nuovo stato ebraico ci fosse il minor numero possibile di arabi.


La faziosità non è sufficiente, si giunge al falso storico.

"Nel febbraio del 1962 molti anni dopo, Salim Joubran, un arabo diventato cittadino di Israele, ricordava che: …La Histadrut – la Federazione dei sindacati ebraici – distribuiva volantini in cui chiedeva agli arabi di non andarsene o di ritornare. Io conservo ancora uno di quei volantini…"

In un rapporto segreto della polizia inglese di Haifa del 26 aprile 1948 si legge: …."La situazione a Haifa rimane invariata. Viene fatto ogni sforzo da parte ebraica per persuadere gli arabi a tenere aperti i loro negozi e uffici e per assicurare che le loro vite e i loro interessi siano salvaguardati…" E due giorni dopo, il 28 aprile, lo stesso comando di polizia inglese riferisce: " Non ci sono novità nella situazione a Haifa. Gli ebrei stanno ancora compiendo ogni sforzo per persuadere la popolazione araba a rimanere nel paese e a tornare alle loro occupazioni normali nella città"


Il giorno dopo la proclamazione d’Israele, gli egiziani, i libanesi, i giordani, gli iracheni e i siriani invadono la Palestina. Anche se le armate arabe poterono contare sull’effetto sorpresa


Non è vero. Gli ebrei non erano stupidi.

F. Cohen: " "Che alla proclamazione dello Stato un attacco arabo fosse certo, ne erano ormai convinti tutti. Tanto è vero che Ben Gurion pochi giorni prima del 14 maggio inviava in missione segreta Golda Meir, vestita come una qualunque donna araba, al di là del Giordano per convincere il re di Transgiordania a trovare una intesa con la dirigenza araba.

Puntuale l’attacco concentrico arabo arrivò il 15 maggio. Grossi titoli di giornali lo annunciarono in tutto il mondo. L’Unità, non ancora filoaraba e antisraeliana, in un titolo del 16 maggio scrive: Si combatte su tutte le nuove frontiere. Quattro eserciti arabi attaccano lo Stato di Israele.


e su armi più pesanti, la Haganà era superiore nel numero e nella qualità delle truppe, nel comando e nel controllo delle vie di comunicazione.


F. Cohen: " Israele un vero e proprio esercito non l’aveva. Prima di tutto l’Haganà era un esercito di civili nato per la sola difesa dei villaggi e solo da poco aveva imparato ad attaccare oltre che a difendersi. " Eban: " ….l’armamento era pateticamente inadeguato. I soldati non avevano uniformi e non conoscevano gli ordini di battaglia"

Il soldato israeliano era praticamente un autodidatta. Esisteva anche un "esercito di guarnigione" con pochissime armi, tutto di civili, uomini e anziani e donne, addetti alla sorveglianza delle zone di residenza.

F Cohen: " Qualche volta l’arma di dissuasione di questo esercito furono le pentole percosse rumorosamente dalle donne e dai bambini con mestoli o pezzi di ferro per fare credere agli arabi che i difensori fossero più numerosi ed agguerriti".



Il volumetto di "pseudo storia" prosegue con molte altre faziosità ed errori (Sabra e Chatila ad esempio) e con avvenimenti narrati ad esclusivo vantaggio di una propaganda filopalestinese

( gli accordi di Camp Camp David del 2000), il che a questo punto non può meravigliare più di tanto.

Peccato che una iniziativa potenzialmente valida quale è la divulgazione di un libro di storia, che avrebbe dato l’opportunità di informare chi desidera conoscere le ragioni che stanno alla base del conflitto arabo-israeliano sia stata "viziata" dalla visione di parte che il settimanale cattolico ha sempre espresso su Israele ed il suo popolo.

Ancora una volta si è persa un’ottima occasione per imparare, non solo per i lettori ma anche per chi ha scritto quel libro!!



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