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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
28.02.2003 Israele: un paese che lotta per la pace
Non c'è da stupirsi se una parte degli israeliani è contraria alla guerra; nell'unica democrazia del Medio Oriente ogni cittadino è libero di esprimere il proprio pensiero sia esso favorevole o contrario al governo in carica

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 28 febbraio 2003
Pagina: 31
Autore: Guglielmo Sasinini
Titolo: «Sharon sta con Bush, gli israeliani no»
Israele è un paese democratico nel quale convivono una pluralità di anime, di opinioni, di orientamenti spesso molto diversi l’uno dall’altro.

E come in tutti i paesi democratici ogni cittadino è libero di esprimere il proprio pensiero sia esso favorevole o contrario al governo in carica.



Da più parti considerato paese "guerrafondaio", "militarista" solo perché non esita a difendere l’incolumità dei propri cittadini sottoposti ad un terrorismo che colpisce quotidianamente, Israele è invece un paese che ama la pace, la vuole, la persegue e lotta per ottenerla.

Perché dunque "meravigliarsi" del fatto che vi siano israeliani contrari alla guerra?

Israele non è un paese "diverso" dagli altri, semplicemente è l’unica democrazia in un mare di paesi dittatoriali che rispetta i diritti dei cittadini.

Riportiamo la prima parte dell’articolo di Sasinini sottolineando come la percentuale dei contrari alla guerra sia comunque molto esigua: solo il 20% degli israeliani si oppone ad un intervento militare americano.

La grossa sorpresa è giunta da un sondaggio: nonostante la posizione ufficiale del Governo israeliano, schierato a fianco degli USA, solo il 46% degli israeliani crede che Bush debba attaccare l’Irak al più presto, mentre il 23 % ritiene che gli Stati Uniti debbano attaccare solo qualora fallissero tutti i tentativi di mediazione e se gli ispettori delle Nazioni Unite entrassero in possesso di prove inconfutabili sull’esistenza di armamenti di distruzione di massa da parte dell’Irak.

Il 20% degli israeliani si oppone decisamente ad un attacco americano, e si dice estremamente preoccupato per le ripercussioni che una nuova guerra del Golfo avrà sull’intera area.

Nonostante la posizione di Israele sia molto influenzata dal conflitto con i palestinesi, nonostante Saddam appoggi la rivolta armata palestinese e l’uso di terroristi suicidi, e per questo sia visto come uno dei principali nemici di Israele, le incertezze della popolazione rispetto alla guerra crescono.

Il governo di Gerusalemme tenta di far credere che il dopo Saddam porterà a un periodo positivo per tutti, che vedrà l’eliminazione politica di Arafat e quindi la diminuzione della crisi economica e della violenza palestinese; una serie di avvenimenti la cui realizzazione viene considerata possibile soltanto da una parte dell’opinione pubblica israeliana.
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