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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
15.11.2002 Quando si distorce la storia
La verità storica che non interessa a Tahar Ben Jelloun

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 15 novembre 2002
Pagina: 105
Autore: Roberto Cornero
Titolo: «Intervista a Tahar Ben Jelloun»
A pagina 105 di Famiglia Cristiana del 17 novembre Roberto Cornero firma un’intervista a Tahar Ben Jelloun nella quale lo scrittore presenta il suo ultimo libro intitolato "Jenin".

Jenin è il nome del campo profughi nel quale l’esercito israeliano nei primi mesi dell’anno è entrato, dopo mesi di stragi e attentati di kamikaze provenienti da quel campo, con lo scopo di snidare i terroristi che avevano trovato rifugio fra la popolazione civile, distruggere le fabbriche e i laboratori dove si costruivano gli esplosivi.

Da allora Israele ha dovuto subire quotidianamente gli attacchi della stampa e della televisione.

Quando le operazioni militari erano ancora in corso ai giornalisti non era consentito entrare per non mettere in pericolo la loro incolumità. Eppure molti di quei giornalisti - senza avere visto nulla - si inventarono i numeri del "massacro": i morti palestinesi erano più di 500, titolavano i quotidiani italiani, si parlava di "crimini di guerra" a Jenin, di "strage" di innocenti.
Nulla di tutto questo è avvenuto a Jenin.

Quando i reporter ed i giornalisti hanno potuto entrare, senza pericolo per la loro vita, hanno constatato che non c’era stato nessun massacro, che i morti erano solo 50 e per la maggior parte terroristi.

Le stesse organizzazioni umanitarie prontamente mobilitate hanno verificato che l’esercito si era comportato correttamente e che nessun "crimine di guerra" era stato commesso, nessuna violazione dei diritti umani aveva avuto luogo.



Ma la verità storica non interessa a Tahar Ben Jelloun: stravolgendo i fatti accaduti fornisce degli stessi un’ interpretazione falsa e con essa instilla nei lettori una verità faziosa, di parte, un odio antisraeliano che trova nei suoi scritti la sua massima espressione.

Questa intervista, che riportiamo integralmente, ne è un’ulteriore conferma.

Tahar Ben Jelloun torna all’impegno di una scrittura che si confronta con le grandi tematiche di attualità. Jenin, il campo profughi teatro di una rappresaglia dell’esercito israeliano, diventa così il nome di una donna che incarna il dolore dell’intero popolo palestinese travolto dalla guerra.
Il popolo israeliano, invece, è "travolto" da terroristi kamikaze che si fanno saltare in aria facendo a brandelli civili inermi!!
Da dove è nata l’urgenza di scrivere questo libro?

La questione palestinese è aperta da decenni, ma oggi tocca punte di drammaticità mai viste prima. E’ necessario dare continuità all’attenzione a questo problema.
Ogni giorno il problema dei "poveri palestinesi" è sulle prime pagine dei giornali, con immagini e articoli di ogni sorta, la Comunità internazionale raccoglie fondi per i "poveri palestinesi", per le loro scuole, le loro case ecc.

Peccato però che vadano ad ingrassare i già lauti conti in banca dei loro leader!

Ma li legge i giornali il signor Ben Jelloun?

Perché Jenin?

I media non hanno potuto accedere a quel campo.
Finchè rischiavano di saltare per aria grazie alle mine dei suoi amici palestinesi.

Dopo hanno avuto libero accesso.

Con il mio libro ho voluto ricordare e descrivere quelle atrocità.
Quali? Quelle dei terroristi palestinesi?
E’ un documento, una testimonianza.
Falsa.
Non teme che qualcuno potrebbe accusarla di essere troppo sbilanciato nella difesa di una delle parti?
Se ne accorge perfino il giornalista!
Non intendevo prendere una posizione.
E allora cosa intendeva fare? Dissertare filosoficamente?
Sono arabo, ma non evito di condannare gli attentati kamikaze. Allo stesso modo denuncio le aggressioni militari come quella di Jenin.
"Allo stesso modo" è impossibile. Gli attentati kamikaze nascono dall’odio, dalla intolleranza, dalla ferocia di un popolo che non vuole vivere in pace accanto ai suoi vicini israeliani; le "aggressioni militari" sono il tentativo di difendersi e comunque sempre e solo una risposta agli attacchi palestinesi.

La differenza è abissale

Che cosa accadrà?

Non vedo grandi spiragli per essere ottimisti. La violenza è a livelli troppo alti. I popoli sono presi in un ingranaggio di sangue e di morte da cui non sembra esserci via d’uscita.

Qual è il ruolo degli scrittori?

Dobbiamo difendere i valori fondamentali. Con tutto il rispetto per alcuni colleghi, non amo scrivere contemplando il mio ombelico,
sarebbe opportuno che il signor Ben Jelloun specificasse quale dei suoi colleghi si contempla l’ombelico!
cioè lavorare tutto ripiegato su me stesso. A me interessa scrivere per dare voce a coloro che non possono parlare.
E chi sarebbero costoro? Soltanto i palestinesi?
Alcuni mesi fa Famiglia Cristiana presentò il libro di Joe Sacco sulla "Palestina" che prendeva in esame solo la visione palestinese, poche settimane or sono è stata la volta del libro di padre Faltas sull’assedio alla Basilica di Betlemme, anche quello rigorosamente filo-palestinese.

Ora è il libro di Ben Jelloun a trovare spazio sulle pagine culturali del settimanale cattolico.

Sorge spontanea una domanda. Sarà un caso oppure è una scelta editoriale ben precisa?

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