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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
11.04.2013 La menzogna omissiva del settimanale cattolico
Nella cronaca su Betlemme di Rosanna Biffi

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 11 aprile 2013
Pagina: 53
Autore: Rosanna Biffi
Titolo: «A Betlemme governa Vera»

Sul numero in edicola di FAMIGLIA CRISTIANA, a pag.53, con il titolo "A Betlemme governa Vera", Rosanna Biffi traccia un ritratto del nuovo sindaco di Betlemme, la città  un tempo a maggioranza cristiana, prima che l'islamizzazione portasse alla fuga della sua popolazione non musulmana.
Un particolare che la cronista di FAMIGLIA CRISTIANA richiama in modo quasi invisibile.
Quel che colpisce però nell'articolo è la 'menzogna omissiva' del perchè è stato costruito il muro di separazione tra Gerusalemme e Betlemme. Rosanna Biffi ne descrive le conseguenze, ma si guarda bene dal dire che da Betlemme provenivano la maggioranza dei terroristi-suicidi che si facevano esplodere fra la popolazione civile della capitale.
Una omissione che impedisce ai lettori del settimanale cattolico di saper come quel muro, in realtà, abbia salvato centinaia di vite umane.

Continua la disinformazione di FAMIGLIA CRISTIANA, chiediamo, soprattutto ai nostri lettori cattolici, di scrivere al direttore Antonio Sciortino per chiedergli come possa continuare a disinformare i propri lettori con articoli che hanno come effetto critiche ingiuste, perchè false, contro Israele.

Betlemme

 Nella cittadina della Natività il sindaco per la prima volta è una donna, di fede cattolica, docente universitaria, madre di cinque figli. L'abbiamo incontrata. Non è l'unica sfida che Vera Baboun ha vinto. Nell'università cittadina era assistente del rettore; un istituto scolastico cristiano ortodosso, che mai prima aveva accettato un laico ai vertici, l'aveva nominata dirigente; vedova da 6 anni, anche prima della morte del marito era stata a lungo l'unica a lavorare in famiglia, crescendo cinque figli. Perché lui, militante della causa palestinese, aveva passato più periodi di detenzione nelle carceri israeliane. Vincitrice alle elezioni amministrative nell'ottobre 2012, in una lista sostenuta da Fatah, Vera Baboun è cattolica, benché la maggioranza degli abitanti di Betlemme sia musulmana. È per una legge del 1997 voluta da Arafat che il sindaco della città cisgiordana dev'essere sempre cristiano. «In Terra Santa, i cristiani sono i più istruiti», ci dice la sindaca in un incontro a Bergamo, dove ha fatto parte della giuria di "arcVision Prize", un premio internazionale di architettura femminile per il sociale, istituito da Italcementi Group. «1 cristiani hanno l'impatto più importante sullo stato di salute della città». A Betlemme il tasso di disoccupazione è al 21,7 per cento, il più alto della Cisgiordania, e il piano di governo di Vera Baboun ha due priorità: «Creare strade, infrastrutture e progetti di sviluppo. Inoltre, la città può avere una sostenibilità economica se riusciamo a sviluppare il turismo: i turisti vengono per visitare la basilica della Natività, ma rimangono solo 2-3 ore e Betlemme non ne trae veramente beneficio». Il muro costruito dagli israeliani, che separa Betlemme da Gerusalemme, rappresenta però una difficoltà in più sia per l'espansione cittadina sia per gli spostamenti dei pellegrini tra le due città. Madre di cinque ragazzi tra i 28 e i 18 anni, Vera Baboun vuole investire sulla formazione e la responsabilità dei giovani: «Da molto tempo, la nostra generazione giovane vive in una condizione di mancata speranza. Cosa fa in questi casi? Cerca di andarsene. Invece per me è importante che i giovani rimangano. Si tratta di aumentare la loro stima, dare loro potere, far capire il ruolo e il dovere che hanno nel cambiare le condizioni della città». Sincera sostenitrice della causa palestinese, la nuova sindaca è anche una militante della non violenza. Il suo motto è: «Creare un cambiamento, ma per crearlo bisogna piantare un seme di bontà, anche solo nel cuore di un unico individuo». Aggiunge: «Vengo da Betlemme e da una fede di pace, di amore, di speranza: per me è impossibile pensare in altro modo. Credo che, se noi riusciamo a dimostrare che i palestinesi meritano di vivere con dignità (perché hanno il diritto di vivere con dignità), questa è l'arma di resistenza migliore. Non ho bisogno di altre armi. Un seme di bontà nel cuore può indurre un intero esercito a non sparare».

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