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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
03.01.2011 Il terrorismo islamico colpisce chiunque non è musulmano
Ma a Famiglia Cristiana non se ne sono ancora accorti

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 03 gennaio 2011
Pagina: 15
Autore: Fulvio Scaglione
Titolo: «Dall’Irak all’Egitto, chiese al rogo»

FAMIGLIA CRISTIANA in edicola questa settimana pubblica un articolo di Fulvio Scaglione intitolato “ Dall’Irak all’Egitto, chiese al rogo”.
Che i cristiani siano sotto il mirino dei terroristi musulmani non è una novità: la strage accaduta in Egitto non è la prima e non sarà l’ultima.
Il giornalista focalizza l’attenzione sul ruolo di Al Qaeda, sulla debolezza dei cristiani iracheni “privi di qualunque protettore” , situazione peraltro analoga a quella egiziana e in qualunque paese sia presente il terrorismo musulmano che, a parere di Fulvio Scaglione “
…va a colpire laddove percepisce una debolezza strutturale da sfruttare”.
Si ribadisce inoltre il richiamo del papa durante la messa del 1° gennaio sulla necessità “……
di azioni concrete. Basta con le parole e con i proclami”. Perché scrive il giornalista “….Riconosciamola per quello che è: una delle grandi emergenze civili del nostro tempo. Come tale, deve diventare oggetto dell'interesse e soprattutto dell'intervento delle istituzioni internazionali, tanto come lo è, per fare qualche esempio, il conflitto tra israeliani e palestinesi o il progetto nucleare dell'Iran.”

Dinanzi a queste affermazioni non possiamo esimerci da alcune riflessioni: il settimanale cattolico pare scoprire la recrudescenza del terrorismo arabo solo quando colpisce i cristiani e allora deve diventare “oggetto di interesse nazionale”. Il terrorismo palestinese che colpisce i civili inermi israeliani invece trova motivazione nella “disperazione” , nella “miseria”  e nell’ ”occupazione dei territori” il tutto naturalmente causato dalle politiche dello Stato Israele…(secondo la filosofia cattolica).
Quando sono gli ebrei - in qualunque paese del mondo - ad essere presi di mira giunge qualche flebile voce di “partecipazione al dolore” ma le espressioni di ferma e dura condanna dinanzi alla efferatezza del terrorismo di matrice musulmana udite in questi giorni sono scarse se non nulle e sempre riconducibili alla “politica” dello Stato ebraico.
Questa ennesima strage ha dimostrato, se ancora ce ne fosse bisogno, che il terrorismo arabo colpisce indiscriminatamente ebrei e cristiani e a nulla valgono gli atteggiamenti di appeasement che il mondo cattolico rivolge ai musulmani nel tentativo di proteggersi. Ma la linea dura che ora si auspica dovrebbe valere anche quando le vittime sono gli ebrei: la politica del “due pesi, due misure” non è servita allo scopo e dunque anche la campagna per boicottare l’Egitto, come illustra la vignetta nell’articolo, andrebbe modificata nei contenuti!

Ecco il pezzo:


Una campagna per boicottare l'Egitto: "Non visitate l'Egitto", dice il manifesto,
 "finché la persecuzione dei cristiani non sarà cessata".


La strage della chiesa dei Santi, ad Alessandria, ripete le modalità di quella di Baghdad. E' la nuova strategia di Al Qaeda?
E' difficile stabilire se l'attentato suicida che ha fatto 22 morti davanti alla chiesa dei Santi, nel quartiere Sidi Bishr di Alessandria d'Egitto, abbia realmente qualche connessione con le farneticanti minacce che l'ala irachena di Al Qaeda aveva recapitato, meno di un mese fa, all'arcivescovo di Kirkuk (in Irak, appunto), monsignor Louis Sako. Nè se i colpi inferti alle chiese (sia in Irak sia in Egitto, appunto) rispondano a un piano preordinato o siano solo il frutto della necessità del momento.
 In quell'occasione, i terroristi avevano fatto riferimento al caso di alcune donne musulmane che i cristiani copti d'Egitto avrebbero convertito a forza, per poi tenerle recluse in un monastero nel deserto del Sinai. E avevano per questo minacciato i cristiani iracheni. La strage, invece, si è abbattuta sui cristiani egiziani, lasciando uno strascico di scontri tra cristiani esasperati e polizia nella stessa Alessandria. I copti, va ricordato, avevano pianto una vittima anche pochi giorni prima di Natale, quando erano dovuti scendere in strada, al Cairo, per protestare contro il blocco imposto alla costruzione di una chiesa e la polizia aveva ucciso uno dei manifestanti.
Detto dell'impossibilità di accertare se Al Qaeda sia ancora qualcosa di più di un marchio di fabbrica e se davvero le sue azioni rispondano a una strategia internazionale (nel qual caso la domanda vera sarebbe: chi la delinea? Chi la dirige?), resta però il fatto, indiscutibile, che la galassia del terrorismo islamico ha mantenuto intatta la capacità di infilarsi in ogni piccola crepa che si manifesti in qualunque Paese del Medio Oriente e dell'Africa.
Un paio d'anni fa temevamo che si riaccendesse l'Algeria. Poi ci è stato spiegato che la Somalia stava diventando un nuovo Afghanistan. Quindi è toccato allo Yemen. Infine, e all'apparenza di colpo, si sono riaccesi l'Irak e l'Egitto. In realtà il terrorismo va a colpire laddove percepisce una debolezza strutturale da sfruttare. L'Irak, sarà bene ricordarlo, è rimasto per nove mesi senza Governo. E quando finalmente è nato, il secondo Governo di Al Maliki si è presentato come un pastiche di influenze varie (anche straniere: Siria, Iran, Arabia Saudita), destinato a durare soprattutto in virtù della propria impotenza. Per far esplodere la tensione, i cristiani iracheni sono un bersaglio ideale: pochi, deboli, privi di qualunque protettore o padrino politico. Immobili e inermi, impossibilitati persino a vendicarsi.
In Egitto la situazione è analoga. Il presidente Hosni al Mubarak dirige il Paese dal 1981. Le elezioni politiche del dicembre 2010 sono state l'ennesima farsa, con l'unica vera opposizione (purtroppo quella a sfondo islamico che si raduna intorno ai Fratelli Musulmani) espulsa dalle liste elettorali. I cristiani copti sono numerosi (tra 6 e 10 milioni di egiziani sui 70 complessivi; 6 secondo il governo, 10 secondo la loro Chiesa) ma restano cittadini di serie B, con diritti limitati e un'intolleranza sociale da parte della maggioranza musulmana a malapena compressa. Anche qui come in Irak: colpire i cristiani è facile e produce risultati sicuri in un Paese in cui la strategia della tensione, più ancora che a loro, mira a Mubarak e alla sua finzione di democrazia.

In ogni caso ha ragione papa Benedetto XVI: la persecuzione dei cristiani, ha sottolineato durante la messa del primo dell'anno, necessita di azioni concrete. Basta con le parole e con i proclami. Riconosciamola per quello che è: una delle grandi emergenze civili del nostro tempo. Come tale, deve diventare oggetto dell'interesse e soprattutto dell'intervento delle istituzioni internazionali, tanto come lo è, per fare qualche esempio, il conflitto tra israeliani e palestinesi o il progetto nucleare dell'Iran.

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