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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
13.10.2008 Michel Aoun rincorre l'estremismo di Hezbollah
seguito dal settimanale cattolico

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 13 ottobre 2008
Pagina: 60
Autore: Carlo Remeny
Titolo: «Il futuro sono io»

FAMIGLIA CRISTIANA del 12 ottobre pubblica a pagina 60 un’intervista di Carlo Remeny al leader cristiano libanese Michel Aoun intitolata “Il futuro sono io”.

Nel corso dell’intervista il generale maronita che considera fondamentale abbattere il regime corrotto di Sinora ribadisce più volte la necessità che Hezbollah sia armato, a dispetto della risoluzione ONU 1559 che ne sollecitava il disarmo, affinché la “popolazione possa combattere come guerriglia difendendosi sul territorio se aggredito da Israele”. Inoltre, a giudizio del generale Aoun  le operazioni di Hezbollah non sono da considerarsi attività terroristiche perché “il terrorismo è quello salafita di al Qaeda…..”. Come consuetudine del settimanale cattolico nessuna domanda del giornalista induce a ricordare che Hezbollah, il movimento sciita finanziato dall’Iran, è il responsabile della seconda guerra del Libano del 2006, in quanto Israele non ha “aggredito” ma ha reagito al rapimento e all’uccisone di soldati israeliani.

Ancora. Non viene confutata l’affermazione del generale maronita, palesemente scorretta, che “i palestinesi hanno perduto la patria a causa delle Nazioni Unite” quando ormai è storicamente acclarato che furono proprio i palestinesi a rifiutare nel 1947 la spartizione che assegnava loro uno Stato. Rifiuto peraltro più volte riproposto dallo stesso leader palestinese Arafat con conseguenze tristemente note.

Personalità di spicco della comunità cristiana libanese, il generale Michel Aoun, 73 anni, guida il Libero movimento patriottico. Fa parte dell’opposizione e dal febbraio 2006 ha siglato un accordo con Hezbollah. Dopo 15 anni di esilio in Francia, opponendosi con forza alla presenza siriana in Libano, è tornato a Beirut nel maggio 2005, diventando uno dei più severi critici della maggioranza parlamentare sostenuta dall’Occidente e dall’Arabia Saudita.

Da qualche mese a Beirut c’è un Governo di unità nazionale in cui sono presenti tutti, movimento di Aoun compreso. È stato avviato un faticoso dialogo, mentre continuano a esplodere le bombe. Il Libano sta andando verso elezioni politiche, nella primavera del 2009, che si annunciano aspre e potrebbero segnare il futuro degli sconfitti. Aoun è sicuro del successo. Nella sua villa di Rabiye, sulle colline di Beirut, ci ha concesso un’intervista esclusiva.

I cristiani in Libano appaiono divisi più che mai. Quali sono le ragioni? Qual è il ruolo del patriarca Sfeir?

«Le relazioni interne alla comunità sono buone. La schiacciante maggioranza dei cristiani sta da una parte (intende il proprio movimento, ndr.), dall’altra troviamo le vecchie milizie (Forze libanesi di Samir Geagea) che si adattano male alla situazione corrente. Pensano di poter tornare al passato. Si sono riarmate con finanziamenti ricevuti da alcuni Paesi arabi, pensando di poter riconquistare il dominio. Questa è la ragione degli incidenti che dal gennaio 2007 hanno visto sempre protagoniste le milizie delle Forze libanesi. È sempre la stessa parte che provoca lo scontro. Ma si tratta solo di forze di disturbo, politicamente e militarmente. Il patriarca fa politica, ma non si è preoccupato di dare regole a chi cerca lo scontro. Aveva presentato un documento, una sorta di patto d’onore tra i cristiani. Io e Sulejman Franjieh (a capo del movimento Marada, alleato di Aoun, ndr.) lo abbiamo firmato, gli altri (Samir Geagea e Amin Gemayel, membri della maggioranza) no»

  In che cosa consiste concretamente la sua intesa con Hezbollah?

 «Quando sono tornato in Libano tutte le forze politiche si sono coalizzate in blocchi religiosi. I musulmani da una parte, i cristiani dall’altra. Io sono rimasto fuori da queste alleanze, ma dissi che mi avrebbero dovuto dare una rosa, perché sono riuscito là dove tutti avevano fallito, unificando le forze contro di me. Nel 2004 fu approvata dall’Onu la risoluzione 1559 che non indicava nessun meccanismo di applicazione, pur sollecitando il disarmo di Hezbollah e delle milizie palestinesi. Il Libero movimento patriottico e Hezbollah hanno convenuto (nel 2006) che le armi in mano a Hezbollah servissero, in quanto una parte del territorio libanese era occupato da Israele e c’erano i prigionieri libanesi nelle carceri israeliane (gli ultimi sono stati rilasciati nell’ambito di uno scambio quest’anno). Abbiamo fatto un accordo per l’applicazione di quella risoluzione: liberare i detenuti e il territorio e integrare le armi di Hezbollah nel sistema di difesa».

Siete quindi favorevoli all’ipotesi che Hezbollah rimanga armato?

«Hezbollah è la popolazione (sciita) in armi. Sono per un sistema misto di difesa, perché la popolazione possa combattere come guerriglia difendendosi sul territorio se aggredito da Israele. La decisione militare deve essere centralizzata, ma adattata alle necessità».

 

Crede che ci sia il rischio di un nuovo conflitto con Israele?

«Non c’è ragione perché Israele lo faccia, salvo che non voglia recuperare ciò che ha perduto moralmente nel 2006, ma lo dovrebbe spiegare alla propria opinione pubblica e al mondo intero».

È stato varato in Libano il processo di riconciliazione politica. C’è la volontà di procedere su questa strada?

«Si tratta semplicemente di un ritorno alla vita politica normale. Non è una riconciliazione, ma una discussione per rispettare le regole della democrazia».

Che ne pensa delle scuse di Geagea per gli errori da lui commessi durante la Guerra civile, quando fu accusato di aver preso parte allo sterminio della famiglia del leader maronita Tony Franjieh, agli assassinii del premier Rachid Karameh e del leader cristiano Dany Chamoun, al massacro di Sabra-Chatila, al rapimento di diplomatici iraniani e alla loro consegna alle forze di occupazione israeliane?

«Sono scuse tardive e incomplete. Bisogna che specifichi le famiglie libanesi colpite e chieda scusa a loro. Si trattava di leader politici il cui assassinio ha toccato tante persone. Poi, per essere precisi, Geagea ha detto di scusarsi per gli errori commessi mentre i suoi conducevano la loro "missione nazionale". I crimini che ha commesso farebbero quindi parte della missione nazionale?».

Quali sono in questo momento le priorità per il Libano?

«Cambiare questo regime corrotto (il Governo di Fouad Siniora) che non è in grado di garantire l’ordine e la sicurezza. Basta vedere i numerosi attentati, non è in grado di applicare la giustizia e nemmeno salvare l’economia».

Il cambiamento potrebbe avvenire con le prossime elezioni?

«Certamente».

L’opposizione ha speranze?

«Abbiamo possibilità reali di successo, anche se l’uso illegale di denaro pubblico (di cui Aoun accusa le forze di Saad Hariri e Fouad Siniora, ndr.) potrebbe influenzarne l’esito».

Come valuta la presenza delle forze Unifil in Libano?

«È positiva. Hanno un approccio corretto e tutti collaborano con loro. In questo Paese non ci sono pregiudizi nei confronti di nessuno. Basta che svolga il proprio dovere. D’altronde, la loro presenza potrebbe durare a lungo».

In Libano ci sono centinaia di migliaia di profughi palestinesi. Potrebbero essere integrati?

«I palestinesi hanno perduto la patria a causa delle Nazioni Unite ed è quindi una responsabilità delle Nazioni Unite offrire loro una soluzione. In Libano non c’è possibilità di integrarli. Il Paese oggi è sovrappopolato. Non ha risorse naturali. I libanesi continuano a emigrare. Con l’integrazione dei palestinesi la composizione sociale finirebbe per essere stravolta».

Che ruolo vede per l’Italia in Libano?

«Dovrebbe impegnarsi nel settore dello sviluppo del Paese. Del resto, è il nostro primo partner commerciale. Dovrebbe avere anche compiti di pacificatore. Le forze Unifil non possono assumere il ruolo di combattenti. Sulla sicurezza dei soldati Onu è la popolazione locale che vigila. Non bisogna mai dimenticarlo. Noi non siamo d’accordo su chi viene indicato come terrorista. Il terrorismo è quello salafita di al Qaeda, di Nahr el Bared (il campo profughi palestinese di Tripoli dove c’è stata una sollevazione di islamici militanti nell’estate 2007), degli attentati di Londra, non l’attività di Hezbollah».

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