lunedi` 29 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
14.06.2008 Per il settimanale cattolico i soldi prima di tutto
guai toccare gli affari con Ahmadinejad

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 14 giugno 2008
Pagina: 36
Autore: Carlo Remeny
Titolo: «Fare affari con Teheran»

Famiglia Cristiana pubblica nel numero 24 del 15 giugno a pagina 36 un articolo a firma Carlo Remeny intitolato “Fare affari con Teheran”. La preoccupazione degli imprenditori italiani presenti in Iran è di “non fare affari” a causa delle sanzioni americane. In tal modo ancora una volta si sottovaluta il pericolo rappresentato dal presidente iraniano (le sue sono “parole e nient’altro”) che anche nel suo viaggio in Italia non ha perso l’occasione per ribadire che Israele deve essere cancellato: un’affermazione che pare essere presa sul serio solo dall’America. L'analisi del settimanale cattolico sembra presa paro paro dall'ufficio stampa di Ahmadinejad. Sottolineiamo la dichiarazione di Alessandrello, presidente della Camera di Commercio italo-iraniana "Ahmadinejad non pensa alla distruzione del popolo israeliano, ma vuole sollecitare la trasformazione di uno Stato religioso, sionista, in uno Stato laico”. Finora, su Ahmadinejad, nessuno era arrivato fino a tanto.

 Ecco l'articolo:

Il nostro Paese è il primo partner commerciale dell’Iran nella Ue. L’interscambio supera di poco i 6 miliardi di euro all’anno, ma con un forte disavanzo contraddistinto da importazioni che sono oltre il doppio delle esportazioni. Per questo il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha voluto un incontro con gli imprenditori italiani durante la visita a Roma per il vertice Fao. C’erano oltre 200 invitati, tra cui 120 rappresentanti di aziende italiane.

 

 

A loro si è rivolto Ahmadinejad affermando: “Il ruolo degli imprenditori è anche quello di creare i presupposti per sviluppare le relazioni tra le nazioni, perché oltre al profitto ci sono pace, fratellanza e amicizia”. Terminata la parte ufficiale dei colloqui, l’ospite ha voluto incontrare separatamente gli esponenti di alcune grandi aziende italiane presenti nella Repubblica islamica.

Tra i maggiori gruppi italiani in Iran troviamo Ansaldo Energia, impegnata nel settore delle turbine per la produzione di energia elettrica, Danieli in quello delle acciaierie, Fata per gli impianti di alluminio e la Snam Progetti nel settore degli impianti petrolchimici. Ma ci sono anche Eni, Nuovo Pignone, Saipem, come Mediobanca e Banca Intesa, con i loro uffici di rappresentanza a Teheran.

 

 

L’ingegner Rosario Alessandrello è il presidente della Camera di commercio italo-iraniana e anche di Fisia Italimpianti, Gruppo Impresilo. Non nasconde che le imprese italiane sono in difficoltà, e non per cause iraniane: “Alle dichiarazioni del presidente iraniano, parole e nient’altro, gli Usa hanno risposto ordinando il boicottaggio finanziario dell’Iran e noi ne risentiamo, perché sono state congelate le assicurazioni”.

 

 

“Le banche occidentali non si espongono verso l’Iran per timore di sanzioni americane e questo per aziende medio-piccole, come sono in prevalenza quelle italiane, ha effetti pesanti, perché non hanno dimestichezza con il mercato finanziario internazionale e con quegli istituti che potrebbero essere disponibili a sostenerli”

 

 

Alessandrello spiega che queste banche si trovano soprattutto nel Golfo Persico, a Hong Kong e su qualche altra piazza asiatica. Il sito del Gruppo Sace, che assicura il business italiano nel mondo, indica che, sebbene l’Iran abbia un debito estero contenuto e riserve valutarie importanti, è un Paese a rischio elevato, perché “le prospettive di nuove sanzioni, unilaterali e multilaterali, sono piuttosto concrete”.

 

 

Su quanto gli interessi nazionali coincidano con l’intransigenza, Alessandrello dice: “L’Italia non ha mai seguito una linea di interesse nazionale, ma ci sono stati degli individui che l’ hanno fatto”.

 

 

E cita gli esempi di Mattei e Andreotti. A questo proposito, racconta di quando, in trattative degli anni ’80 con la Germania Est per la vendita di un impianto petrolchimico, fu la celebre frase di Giulio Andreotti (“Amo tanto i tedeschi da desiderare che di Germanie ce ne siano due”) a far pendere l’ago della bilancia dalla parte italiana.

 

 

L’imprenditoria italiana ha avuto sempre un ruolo di pioniere nell’aprire sentieri verso mercati considerati difficili: è avvenuto in Cina e nella Ex Urss, ora c’è il caso iraniano.

 

 

“Quando si parla della sfida nucleare iraniana”, continua Alessandrello, “si dimentica che il Paese si trova in una regione in cui Russia, Cina, India, Pakistan e Israele hanno l’arma atomica. Quando si condannano le dichiarazioni di Ahmadinejad non si dice che ha bisogno di consenso a livello interno, come ne aveva bisogno Putin, e solleva argomenti che gli consentono di conquistarlo, cioè il nucleare e la diffusa impopolarità di Israele nella società iraniana. Ahmadinejad non pensa alla distruzione del popolo israeliano, ma vuole sollecitare la trasformazione di uno Stato religioso, sionista, in uno Stato laico”.

 

 

Intanto, il vuoto che l’Europa e l’Italia lasciano in Iran viene occupato da aziende turche, cinesi, sudcoreane. Ahmadinejad lo ha sintetizzato così agli industriali italiani: “Gli Usa sono assenti dal mercato iraniano e vogliono impedire che voi siate presenti”.

 

 

 

 

 


famigliacristiana@stpauls.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT