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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
18.04.2008 Un'iniziativa meritoria
per strappare i ragazzi palestinesi alla strada della violenza

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 18 aprile 2008
Pagina: 42
Autore: Fausta Speranza
Titolo: «L’avvocato libera i bambini»

Famiglia Cristiana nel numero in edicola questa settimana pubblica a pagina 42 un articolo a firma Fausta Speranza intitolato “L’avvocato libera i bambini”.

 

E’ una cronaca interessante che racconta dell’iniziativa meritoria di un arabo cristiano e di 140 ragazzi musulmani strappati alla strada e alla tentazione della violenza.

 

Uno dei tanti segni di umanità in una terra che cerca disperatamente la pace.

 

 

Tra i palestinesi cresce la violenza tra clan rivali e in ambito familiare. Lo denuncia Ray Dolphin, responsabile dell’Ocha, l’Ufficio dell’Onu per le questioni umanitarie nei Territori Occupati. Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio di Gerusalemme. Tensione, disorientamento e anarchia non sono solo il frutto del sostanziale stallo nel processo di pace con gli israeliani ma anche del conflitto tra Fatah e Hamas. Nell’ultimo incontro, pochi giorni fa a Gerusalemme, il premier israeliano Ehud Olmert e il presidente palestinese Abu Mazen hanno ribadito di voler arrivare a un accordo di pace entro il 2008, in coincidenza con la fine della presidenza di George W. Bush. Ma molte, troppe questioni restano aperte e cresce la sfiducia nella popolazione.

 

Tutto ciò, ovviamente, si va a sommare alla situazione già tragica di decenni di conflitto. Si tratta di un terreno arido e difficile dove qualcuno continua a coltivare semi di non violenza, di dignità, di positività. E’ quello che accade al centro di accoglienza per bambini orfani o sbandati del villaggio di Lidda (in arabo) o Lod (in ebraico) che, pur distando solo mezzora dai grattacieli di Tel Aviv, è molto povero. Con una caratteristica: a essere in difficoltà economiche, in quella zona, sono palestinesi con passaporto israeliano, ma anche ebrei.

 

Il fondatore del Centro si chiama Zidan Mtanes, è un avvocato palestinese cattolico, battezzato Antonio. Cristiane sono quasi tutte le 7 persone che lavorano come volontari nel centro, che si chiama Arfad Association. Ma il 98% dei bambini che sono stati accolti finora e di quelli che attualmente lo frequentano sono palestinesi musulmani. Al momento sono 140 minori, ospitati a dormire e seguiti per aiutarli a recuperare un percorso scolastico che, nella maggior parte dei casi, hanno abbandonato. Nella stessa zona o nelle vicinanze ci sono strutture con lo stesso obiettivo di recupero sovvenzionate dal Governo israeliano, ma sono solo per bambini ebrei. Da qui la spinta a crearne uno per tutti gli esclusi, di qualunque religione siano o qualunque passaporto abbiano.

 

In realtà il villaggio di cui parliamo, Lidda-Lod, non è un villaggio qualunque: ospita il sepolcro di san Giorgio, il martire cristiano la cui memoria è celebrata anche nei riti siro e biazantino, dal IV secolo. La tradizione popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. Il centro Arfad Association sorge all’ombra della chiesa dedicata a san Giorgio, chiesa affiancata, come spesso succede in Palestina, da una moschea. Lì abbiamo incontrato Zidan Antonio Mtanes.

 

Fino a che età i bambini possono stare nel centro?

 

Fino a 16 anni. Per il momento non ci è proprio possibile ospitarli, o assicurare loro la scolarità, oltre questo limite. Certo, viviamo il dramma di vederli andare via in un’età ancora molto difficile. E tanti di loro vengono da un’infanzia segnata da morte, carcere dei genitori o abbandono. E c’è poi il dramma del lavoro che non si trova. Cerchiamo di mantenere un filo forte con loro per non restituirli alla strada.

 

Ricevete tutti?

 

Il Governo israeliano non ci dà nessun sostegno di nessun tipo e neanche il Comune di appartenenza. Abbiamo avuto donazioni internazionali. Ringraziamo Dio per quello  che riusciamo a fare: siamo tutti volontari. Il punto è che ogni giorno si sente maggiore tensione. Sempre di più. Non soltanto aumenta il livello di violenza in ambito familiare e nei clan tra i palestinesi, ma tutto ciò è motivo di inasprimento da parte israeliana. Parlo da arabo con passaporto israeliano: con la lotta tra palestinesi si esaspera l’atteggiamento nei nostri confronti degli israeliani.

 

Nel tuo caso sei arabo con passaporto israeliano e cattolico….

 

Per noi cristiani è peggio. Siamo tra l’incudine e il martello. Se gli arabi sono il 20%, i cristiani sono l’1,5%. Si dice spesso che aumentano i musulmani, bisognerebbe però dire che anche gli ebrei aumentano. In questa zona ne sono arrivati tanti dall’Etiopia ma anche dalla Russia. D’altra parte, il premier Olmert ha più volte affrontato, nei suoi discorsi, il problema demografico, che ora riguarda anche l’esercito e il servizio militare. Ci sono insediamenti di 400 coloni che hanno 4000 soldati che li proteggono.

 

Dalla vittoria di Hamas, e in particolare negli ultimi mesi, dopo lo scontro sul campo tra Hamas e Al Fatah, c’è una drammatica situazione di divisione e di tensione tra palestinesi. Si sente nel quotidiano?

 

E’ un dolore per noi. Mi dispiace tantissimo, perché la Palestina è un luogo santo dove è nato e ha vissuto Gesù cristo. Ogni lotta e divisione che si gioca su questa terra aumenta la sofferenza.

 

Ha una speranza nei negoziati?

 

Secondo me, Gerusalemme è una questione cruciale. Se la questione di Gerusalemme si risolve, tutto si risolve. Però è tutto così difficile. Io una soluzione non ce l’ho.

 

Come avete vissuto l’incontro di Annapolis a novembre scorso?

 

Un incontro fatto in fabbrica, soltanto per far vedere al mondo che George Bush faceva qualcosa. Un incontro finto. Ogni due anni ne fanno uno per calmare l’opinione pubblica internazionale e la gente di qui. Ma la nostra speranza è solo in un  miracolo di Dio.

 

Che ne pensa di Hamas? Dello statuto fondativo del movimento?

 

Hamas è un’organizzazione violenta. Non mi piace la violenza e non mi piacciono i loro toni fanatici. Il loro obiettivo è cancellare Israele e questo non è accettabile. E poi c’è da dire che se potessero non sarebbero certo teneri con i cristiani. Ripeto: è un’organizzazione fanatica e violenta e io sono contro. Certo, quando parlo di violenza devo dire che condanno anche tante cose che il Governo israeliano fa.

 

Si parla sempre della corruzione di Al Fatah. E stato uno dei motivi principali per cui si è spostato il voto?

 

La corruzione faceva arrabbiare tutti ma non è stato questo il motivo principale della vittoria elettorale di Hamas. La gente disperata appoggia il più forte. Io non ragiono così, non sono d’accordo. Ma quando la gente ha visto che Al Fatah è debole, molti hanno deciso di spostarsi verso Hamas. Il motivo è uno solo: pensavano di essere più protetti da uno forte. Non hanno visto altra scelta per vivere, anzi per sopravvivere perché qui non si vive, al massimo si sopravvive. La gente che vive a Gerusalemme e che, non avendo passaporto israeliano, vota nelle elezioni palestinesi, nel 2006 ha votato al 98% per Hamas e lo rivoterebbe anche oggi. Sanno che è un’organizzazione violenta ma dicono di essere esasperati. E’ un momento bruttissimo per i palestinesi.

 

Di questa condizione drammatica, secondo lei, si parla abbastanza nel mondo e in Europa?

 

Da quello che so io, no. Si fa solo il conto dei morti. Intanto, in questi giorni, le autorità israeliane hanno deciso di distribuire di nuovo alla popolazione, a partire dall’anno prossimo, le maschere antigas, che erano state ritirate negli scorsi anni, in previsione di un conflitto nel quale le nostre città potrebbero essere colpite da missili armati contestate chimiche.

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