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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
05.01.2008 Previsioni per l'anno nuovo con i soliti pregiudizi
secondo la tradizione del settimanale cattolico

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 05 gennaio 2008
Pagina: 15
Autore: Fulvio Scaglione
Titolo: «2008 19 domande (e risposte) sul nuovo anno»

FAMIGLIA CRISTIANA, nel numero 1 del 2008 pubblica un inserto speciale a cura di  Francesco Anfossi e Fabiano Albani intitolato “2008 19 domande (e risposte) sul nuovo anno”.

 

Una di queste richiama l’attenzione del lettore sulla situazione palestinese e cita:

 

“C’è una speranza di pace in Palestina?”

 

La risposta è lasciata a Fulvio Scaglione il quale, sotto le sembianze di un pessimismo equanime, non perde l’occasione per tirare frecce avvelenate nei confronti di Israele e dell’operato “mediocre” del suo governo.

 

Per il giornalista del settimanale cattolico i palestinesi di Hamas “si baloccano con l’idea della guerra”, mentre Israele controlla le provviste alimentari, di energia elettrica e  acqua.

 

Purtroppo gli scontri armati che, recentemente,  hanno visto per protagonisti le opposte fazioni palestinesi e hanno provocato decine di morti non sembravano un gioco.

 

La previsione per il 2008 che propone Fulvio Scaglione è per lui quasi una certezza: Israele continuerà a costruire il Muro (mettendo fra parentesi la dicitura “barriera di separazione”). Evidentemente chiamarlo con il vero nome “barriera di difesa” e cioè barriera di protezione contro i terroristi palestinesi che si fanno saltare in aria fra i civili israeliani è uno sforzo davvero immane!

 

Il giornalista ribadisce anche che questo “ulteriore confine non potrà essere smontato il giorno dopo”. I palestinesi da parte loro “non avranno la forza di cambiare le cose”.

 

E invece a nostro avviso i palestinesi potrebbero e dovrebbero cambiare le cose: se aspirano veramente alla pace, quella stessa pace che Israele persegue da anni senza mai trovare dall’altra parte un interlocutore credibile, perché non riconoscono apertamente e senza fraintendimenti il diritto all’esistenza dello Stato di Israele?

 

Se questo accadesse – azzardiamo una previsione ottimista – allora anche lo Stato palestinese vedrebbe la luce perché significherebbe che Hamas, movimento integralista che ad oggi mira all’annientamento dello Stato di Israele attraverso la lotta armata, si è trasformato in una formazione democratica che rispetta i diritti umani e che aspira veramente alla pace.

 

Purtroppo, al momento, più che una previsione ottimista appare un’utopia.

 

 

 

 

 

“Pare incredibile ma siamo già qui a raccogliere i cocci di Annapolis. Passata la retorica del grande appuntamento, scattata la classica foto della stretta di mano Bush-Olmert-Abu Mazen, eccoci ai problemi di sempre, gli stessi che rendono la pace in Palestina tutto sommato impossibile. Certo, ai palestinesi "buoni", quelli della Cisgiordania, di Al Fatah, di Abu Mazen, stanno arrivando 7,5 miliardi di dollari dai Paesi donatori. E Israele non manca di restituire al leader di Al Fatah centinaia di detenuti che improvvisamente hanno smesso di essere pericolosi per lo Stato ebraico. Ma di passi veri, sostanziali, non se ne fanno. E la soluzione dei due Stati indipendenti, capaci di convivere senza conflitti, in realtà si allontana.

 

Per arrivarci occorrerebbe un salto di qualità nella diplomazia e nella coscienza dei popoli e delle classi politiche. Ed è proprio su questo che è difficile contare. La pace non è mai gratis e per raggiungere un accordo bisogna saper rinunciare a qualcosa. A che cosa possono rinunciare i palestinesi? Quelli di Hamas, chiusi nel ridotto della Striscia di Gaza, stanno lì a baloccarsi tragicamente con l’idea della guerra e della distruzione dello Stato di Israele: un delirio, in una "striscia" in cui le provviste alimentari, di acqua e di energia elettrica dipendono da Israele, ma è tutto ciò che hanno. Quelli della Cisgiordania incassano gli aiuti e la benevolenza del Governo di Ehud Olmert, inchiodati come sono alla loro mediocrità politica (la vittoria di Hamas nelle elezioni del 2006 fu soprattutto una rivolta contro Al Fatah) e alla soverchiante potenza (politica, economica, diplomatica) di Israele.

 

Nella realtà, la soluzione dei due Stati indipendenti, capaci di convivere senza conflitti, in cui tutti dicono di credere, si allontana fino a svaporare.

 

Una previsione per il 2008? Eccola. Israele continuerà la costruzione del Muro (o barriera di separazione che dir si voglia) fino a completarlo. Quando questo ulteriore confine sarà tracciato, non potrà certo essere smontato il giorno dopo. Quindi passerà qualche anno di inerzia, l’opinione pubblica si abituerà a vederlo e a tenerne conto. Allo stesso modo Israele comincerà a considerarlo il confine "vero" e dopo un po’ lo metterà tra le cose non modificabili. I palestinesi continueranno a ritenerlo un abuso ma, domani come oggi, non avranno la forza per cambiare le cose.

 

L’opinione pubblica internazionale, l’Onu? Borbotteranno, pubblicheranno qualche risoluzione, tutto qui. Già oggi, d’altro canto, è stata messa da parte la questione del ritorno dei profughi palestinesi: ce ne sono 300 mila solo in Giordania e altrettanti in Libano, che cosa succederebbe se decidessero gli uni di varcare il Giordano e gli altri di passare il Litani?

 

La prospettiva più realistica, a questo punto, non è quella dei due Stati ma quella di uno Stato solo, Israele. Il Muro (o barriera di separazione), spezzettando ulteriormente il territorio dell’Autorità palestinese, avrà nel frattempo indotto altri palestinesi a emigrare, quindi l’assorbimento dei rimasti sarà numericamente meno traumatico di quanto può sembrare adesso. I palestinesi si adatteranno, così come si sono adattati (e sono un milione e 300 mila) quelli che già ora vivono da cittadini dello Stato ebraico. D’altra parte, è più facile vivere da cittadini di seconda fila in una democrazia sviluppata e forte che da protagonisti in un caos economico e politico come quello dei Territori. Vi pare un incubo? Può darsi che lo sia. Ma un collega appena passato a salutare, ignaro di quanto sto scrivendo, mi ha citato una vecchia massima: il pessimista è un ottimista meglio informato.

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famigliacristiana@stpauls.it

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