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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
20.10.2006 L'Occidente di fronte all'integralismo islamico
l'analisi di Beppe del Colle

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 20 ottobre 2006
Pagina: 0
Autore: Beppe Del Colle
Titolo: «La paura ossessiva dello scontro di civiltà»
Famiglia Cristiana on line nel n. 43 pubblica un articolo a firma di Beppe
Del Colle intitolato “La paura ossessiva dello scontro di civiltà”.
Il giornalista analizza l’attuale situazione mediorientale con
l’inasprimento del terrorismo e del fondamentalismo islamico.
La libertà di pensiero e di espressione, la tolleranza in ambito religioso
e il rispetto dei valori fondanti dell’individuo, rappresentano l’unica
barriera che l’Occidente democratico può e  deve opporre al dilagare
dell’integralismo islamico.



Nella primavera del 2003, a proposito della guerra appena cominciata in
Irak, scrivemmo che essa «risulterà infine, insieme, insensata, feroce e
inutile». Previsione facilissima, che ci provocò messaggi di lettori che
non erano d’accordo, qualche polemica e l’invito a un talk show televisivo,
per giustificarci.


Adesso, la ricerca di un’università americana rivela che la media annuale
dei decessi in quel Paese si è moltiplicata per quasi tre volte in questi
tre anni, soprattutto fra i maschi dai 15 ai 44 anni; non passa giorno che
non ci siano decine di morti di civili per attentati; e il comandante in
capo delle truppe inglesi impegnate in Irak pensa che sia l’ora di
andarsene, perché la loro presenza provoca soltanto un continuo aumento del
terrorismo.


Ma non basta. Non si è solo dilatato il terrorismo in Irak, si è anche
intensificato l’attacco del fondamentalismo islamico in molti Paesi
dell’Occidente, soprattutto in Europa, dove Governi e opinioni pubbliche
scoprono con crescente angoscia un dilemma per loro inedito: va più
tutelata la sicurezza o la libertà di pensiero e di espressione?


Gli esempi sono quotidiani, non vale la pena di ricordarli uno a uno (basti
citare il divieto di rappresentare a Berlino l’opera lirica di Mozart,
Idomeneo, in cui si figura Maometto giustiziato insieme ad altre grandi
figure religiose, come Gesù).


Ma dall’episodio della scuola araba di Milano alla bocciatura da parte
della Cassazione di una sentenza di assoluzione di un presunto terrorista
arabo, alle discussioni intorno al premio Nobel assegnato allo scrittore
turco Pamuk, ai divieti del velo nelle scuole, fino all’assurdo della
hostess britannica sospesa dal servizio, perché porta un piccolo crocifisso
al collo: tutto quanto accade in mezzo a noi è condizionato dalla paura
ossessiva dello "scontro di civiltà".


Persino la questione della bomba nucleare nordcoreana (che potrebbe essere
anche un bluff del "caro leader" della peggiore delle dittature comuniste
rimaste) è legata all’immagine di un’umanità alle prese con il fanatismo
nazionalistico così spesso coniugato con quello religioso: basti il
sospetto che la Corea del Nord possa vendere a organizzazioni
terroristiche, come Al Qaida, le sue conoscenze e i suoi materiali fissili,
così come commercia in armi convenzionali, droga, riciclaggio di denaro
sporco.


È insomma una situazione in cui desta orrore, ma non sorpresa, la feroce
esecuzione di un prete cristiano ortodosso iracheno, al culmine di un
incessante invito, scritto in tutte le moschee di Mosul: «Cristiani andate
via dall’Irak finché siete in tempo» (decine di migliaia ne sono già venuti
via). Tutto questo, dopo lo "scandalo" del discorso di Benedetto XVI a
Ratisbona, dove il Papa non fece che citare un fatto storico del tardo
Trecento (il colloquio fra un imperatore bizantino e un intellettuale
musulmano in cui non era in discussione la fede, ma la ragione, cioè
l’esercizio della mente umana sulla storia, in particolare sui metodi di
conversione a una religione).

Un fatto, in sé, per secoli lecito in un mondo cristiano abituato a
ragionare su sé stesso, fino alla richiesta di scuse da parte di Giovanni
Paolo II per le colpe passate della Chiesa. Oggi leggiamo su Esprit un
equilibrato scritto in cui l’intellettuale musulmano Abdelwahab Meddeb,
abituato a ragionare senza fanatismi, ricorda che l’antisemitismo islamico
cominciò presto, cioè «con il massacro degli ebrei a Medina, sotto la guida
stessa del Profeta». Rischia una condanna a morte?

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