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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
29.09.2005 Come Israele affronta la "prova del terrore"
un articolo obiettivo di Guglielmo Sasinini

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 29 settembre 2005
Pagina: 1
Autore: Guglielmo Sasinini
Titolo: «Alla prova del terrore»
FAMIGLIA CRISTIANA del 2 ottobre pubblica un articolo di Guglielmo Sasinini
intitolato "Alla prova del terrore".


L’articolo riporta gli interventi che in queste settimane sono stati
approntati e quelli che verranno messi in campo in un prossimo futuro, in
varie città italiane, per simulare un attentato terroristico.

Segnaliamo questo articolo perché, il giornalista mette in luce in maniera obiettiva l’atteggiamento che Israele, uno fra i Paesi del mondo più colpito dal terrorismo, adotta per fronteggiare gli attentati terroristici e per superare le tragiche conseguenze che inevitabilmente si producono.

Le prove generali di ciò che un attentato terroristico di matrice
islamico-fondamentalista potrebbe produrre nelle nostre città si
susseguono. Dopo Milano, dove venerdì 23 settembre si è svolta, sotto gli
occhi del responsabile della Cia in Italia e di un rappresentante del MI6
inglese, la prima esercitazione antiterrorismo su vasta scala, a giorni
toccherà a Roma, quindi a Torino, Napoli e via via a tutte le altre città
italiane.


Segnali di un imminente attacco? Il Viminale, pur nella prudenza che
attiene alla delicata materia, tende a escluderlo, preferendo invece
sottolineare l’esigenza di essere preparati a ogni evenienza. Gli attentati
di Madrid e di Londra hanno dimostrato come gli uomini di Al Qaida tendano
a colpire tra la gente comune, sui treni dei pendolari e sulle
metropolitane, per scatenare il terrore proprio tra la gente che, di per
sé, tende a non considerarsi un bersaglio dei terroristi.


Di conseguenza, i piani antiterrorismo partono anche dalla necessità di
preparare la popolazione italiana a un evento che nessuno, ovviamente, si
augura che si verifichi, ma che nessuno può escludere. Gli scenari
comprendono tutte le ipotesi, anche quelle apparentemente più fantastiche e
terrorizzanti, nulla viene escluso, nemmeno l’uso di un ordigno "sporco",
cioè di una bomba nucleare, chimica o batteriologica.


A Milano per la prima volta abbiamo visto intervenire sulla scena dei finti
attentati le speciali squadre Nbcr dei Vigili del fuoco, che indossavano
scafandri gialli. Così come abbiamo visto montare in un minuto le tende dei
posti dei medici avanzati, veri e propri mini-ospedali da campo in grado di
soccorrere immediatamente i primi feriti. Tutto si è giocato sul
sincronismo, sulla rapidità, sul coordinamento, sull’efficienza.


Dalla sala crisi della centrale operativa della Questura, il questore Paolo
Scarpis, come un regista consumato, esaminava centinaia di immagini che
provenivano dalle telecamere fisse e da quelle degli elicotteri che
sorvolavano la città, e quindi le rinviava in tempo reale alla sala crisi
della Prefettura e a quella del Viminale. Anche questa è un’altra novità
che denota la particolarità del momento. Alla prova generale del piano
studiato nei minimi dettagli ne seguiranno molte altre nelle prossime
settimane, alcune anche a sorpresa.


Le polemiche di chi vuole vedere in queste esercitazioni una finzione
inutile si scontrano con la realtà del terrorismo islamico, che ha già
ampiamente dimostrato di privilegiare quelle nazioni dove il livello di
attenzione, per un insieme di motivi, è più basso.


L’esercitazione di Milano, che ha testato non tanto i tempi, quanto
piuttosto le competenze, e cioè la suddivisione degli incarichi, le
tecniche, l’organizzazione, per capire che cosa si deve fare in caso di
attacco terroristico e soprattutto chi lo deve fare, è un esempio di
serietà e di impegno.


Non è un mistero che il nostro Paese sia inserito a pieno titolo nella
lista dei nemici di Al Qaida, ma non dovrebbe essere nemmeno un mistero il
fatto che se Israele, il Paese più colpito dal terrorismo arabo-islamico,
riesce a resistere dopo 57 anni di attentati e di attacchi, molto lo deve
all’efficienza dei suoi apparati di prevenzione, al coordinamento delle
forze in campo, alla perfetta macchina dei soccorsi. Il tutto unito alla
consapevolezza di un’opinione pubblica che sa coniugare i diritti di una
democrazia con la necessità di non ostentare immagini raccapriccianti.

Queste riflessioni hanno accompagnato tutti coloro che, venerdì 23
settembre, hanno assistito in diretta all’evolversi degli eventi, mentre
sugli schermi della sala di crisi della Prefettura scorrevano immagini che
a volte ci si sforzava non poco per considerarle frutto di una finzione.
Quelle spettrali tute gialle che si infilavano correndo nella metropolitana
tra nuvole di fumo arancione rimandavano a Madrid, Londra, New York, e
anche i più scettici non avevano più voglia di ironizzare e di sorridere.
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