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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
30.07.2005 Il settimanale cattolico incomincia ad accorgersi che il terrorismo è pericoloso
non solo per Israele

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 30 luglio 2005
Pagina: 12
Autore: Guglielmo Sasinini
Titolo: «Terrore senza confini»
A pagina 12 di Famiglia Cristiana del 31 luglio è pubblicato un articolo di Guglielmo Sasinini intitolato "Terrore senza confini", che riporta un’analisi corretta degli ultimi attentati terroristici di Sharm el Sheikh e di Londra.
Cosa vogliono gli attentatori di Sharm el Sheikh?
E’ un messaggio agli alleati palestinesi e agli odiati paesi arabi moderati.
Con un’azione a tenaglia stanno cercando di destabilizzare l’Europa e le nazioni che circondano l’Irak.

Ecco l'articolo:

Gli assassini che hanno colpito a Sharm el Sheikh volevano raggiungere più obiettivi: colpire al cuore il turismo, che rappresenta la prima risorsa dell’economia egiziana; mettere sull’avviso il regime del presidente Mubarak; dare il segno della propria partecipazione alla Jihad internazionale. La "firma" sul massacro l’hanno messa le "Brigate Abdullah Azzam-Al Qaida nel Levante (Sham) e in Egitto", la stessa formazione terroristica che in precedenza aveva rivendicato gli attentati di Taba, il 7 ottobre del 2004. Una cellula della grande galassia integralista la quale si ispira alla filosofia qaidista, e dichiara che «è giunto il momento della guerra aperta contro sionisti e crociati, in risposta alle forze del male che versano il sangue dei musulmani in Irak».

Il riferimento al "Levante" e all’Egitto sembra rispondere al progetto di Al Qaida, che anni fa iniziò a promuovere la regionalizzazione dei gruppi di fuoco, o delle colonne regionali, formate dai sostenitori della Jihad. La campagna scatenata il 7 luglio a Londra è suonata come una chiamata generale per tutte le colonne qaidiste. Osama Bin Laden potrebbe anche essere morto da tempo, oppure ammalato così gravemente da non riuscire nemmeno più a comunicare, ma ormai questo conta veramente poco, ciò che di più grave poteva accadere infatti è accaduto. I sostenitori della "guerra santa" contro i "crociati" e i loro alleati, che devono essere puniti, come recita il Corano, «sul filo della spada», oggi sono perfettamente in grado di autogestirsi e di attivarsi nella loro area di pertinenza.

Le "colonne" europee hanno voluto dimostrare proprio questo, così come la replica delle cellule egiziane che col massacro di Sharm hanno anche lanciato un avvertimento ai loro alleati palestinesi e agli odiati Paesi arabi moderati, l’Egitto, appunto, e la Giordania, storici alleati regionali di Israele. Non a caso con il termine "Sham", che i terroristi hanno inserito nella loro rivendicazione, i qaidisti intendono Siria, Libano, Giordania, Palestina.

Negli ultimi mesi sicuramente i movimenti jihadisti, sotto la guida di Al-Zarkawi, e seguendo la dottrina dello scomparso sceicco palestinese Abdallah Azzam, considerato il vero mentore di Osama Bin Laden, hanno iniziato una sorta di manovra a tenaglia che, da un lato, punta verso tutti quei Paesi che circondano l’Irak, dall’altro verso l’Europa. Non si possono escludere quindi temibili commistioni tra attivisti locali e militanti che vengono da altri Paesi. I qaidisti lavorano anche in base a esigenze logistiche e sono in grado di tessere alleanze rapidissime pure in Paesi islamici che, ufficialmente, prendono le distanze dagli integralisti.

Nella lunga rivendicazione degli assassini che hanno colpito a Sharm si ricordano le missioni dei militari occidentali in Irak e Afghanistan: «Nel confermare che l’operazione è avvenuta in risposta ai crimini delle forze mondiali del male che spargono il sangue dei musulmani in Irak, Afghanistan, Palestina e Cecenia, noi annunciamo che non lasceremo la frusta nelle mani del boia egiziano e non permetteremo che avvenga ciò che accade ai nostri eroici fratelli del Sinai, caduti sotto i colpi del tiranno. Vogliamo affermare ad alta voce che non abbiamo paura della spada del boia in Egitto». Il duplice riferimento è, da un lato, alle decine di sospetti, per lo più beduini, arrestati in una serie di rastrellamenti dopo gli attentati del 7 ottobre scorso a Taba e a Ras a-Satan, e che in questi giorni si presenteranno davanti a un tribunale speciale egiziano; dall’altro all’internazionalizzazione del conflitto, e quindi alle problematiche irachene, afghane, palestinesi, e persino cecene.

Chi tira le file dei mujahidin vuole proprio questo. Da un lato far deflagrare i conflitti interni, che vedono le varie anime dell’integralismo islamico in azione, dall’altro vorrebbe riproporre una sorta di invincibile armata islamica mondiale, in grado di attaccare quanti più obiettivi possibili, così da seminare un terrore incontenibile. L’ala militare dei "signori del terrore" non è ancora completamente riuscita a prevalere però su quella più "politica", che decide dove e quando colpire anche in base a situazioni contingenti, come possono essere le difficoltà interne di questo o quel Paese europeo, l’avvicinarsi di scadenze elettorali, convenienze tattiche.

La stessa Unione europea, pur sentendosi, a buona ragione, sotto attacco, non ha ancora espresso una chiara e univoca posizione a proposito del conflitto palestinese, di quello ceceno, di quello iracheno. Persino nei confronti di Israele, che da oltre mezzo secolo vive le stesse giornate di incubo che in questi giorni vive Londra, non c’è un’inequivocabile posizione europea. Ed è anche da queste incertezze che traggono vantaggio i guerrieri del terrore e i qaidisti.

Un altro aspetto, non meno inquietante, è quello che appartiene alla ricerca del "capro espiatorio", che tanta parte ha nella storia e nella cultura araba. La terza generazione dei militanti islamici egiziani, gente che si è sentita esclusa dal processo politico, che non ha visto realizzarsi neanche una delle tante riforme promesse da Mubarak, è stata facile preda degli indottrinamenti dei vecchi militanti, i quali, a loro volta, si sono lasciati affascinare dalla riscossa promessa da Osama. Da qui alla Jihad mondiale il salto è molto, molto breve. Poco importa se poi l’esercito "nemico" è rappresentato da famiglie italiane, francesi, spagnole, che si trovano a Sharm el Sheikh per una settimana di vacanza.
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