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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
23.07.2005 Terrorismo a due facce sul settimanale cattolico
ma non si può accontentare tutti. Arriva l'ora della scelta

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 23 luglio 2005
Pagina: 22
Autore: Guglielmo Sasinini-Fulvio Scaglione
Titolo: «Il terrorista della porta accanto-Uccisi anche dalla nostra indifferenza»
Pubblichiamo un articolo apparso su FAMIGLIA CRISTIANA del 24 luglio a pagina 22 a firma Guglielmo Sasinini intitolato "Il terrorista della porta accanto"

E’ un’analisi corretta e puntuale sulla presenza del terrorismo in Europa, sulle strutture dalle quali trae alimento e copertura; siamo di fronte ad un esercito di integralisti islamici che hanno passaporto occidentale, sono nati e cresciuti in Occidente ed è grazie alle leggi democratiche e garantiste dell’Occidente che hanno usufruito di tutti quei privilegi che nei loro paesi arabi di origine avrebbero potuto solo sognare: alti livelli di istruzione, libertà di culto, di espressione ecc.

Di tutto questo si sono avvalsi per sferrare un colpo mortale al paese che li ha nutriti e che purtroppo in molti casi ancora li protegge.

Un’analisi che dovrebbe indurre a riflettere i governi europei sulle strategie più idonee da intraprendere per difendersi da quello che ormai nessuno può più esimersi dal definire "Il Male assoluto".

I valori democratici dell’Occidente vanno tutelati, senza se e senza ma, perché è in gioco la nostra stessa sopravvivenza.

Ecco l'articolo:

Gli attentati di Londra, con la conseguente, affannosa ricerca di ogni soluzione possibile per tentare di arginare il pericolo incombente di nuovi attacchi terroristici, in parte già annunciati, stanno creando una sorta di discussione collegiale che coinvolge i leader dell’Unione europea, alcuni dei quali hanno già sospeso gli accordi di Schengen sulla libera circolazione e ripristinato i controlli alle frontiere. L’aspirazione di condividere spazi comuni di tranquillità si scontra con la certezza che le bombe di Londra hanno dato di trovarsi in guerra con un nemico in grado di mimetizzarsi perfettamente nel tessuto sociale delle nostre città. Gli estremisti islamici, i sostenitori della jihad, la guerra santa, i mujahedin pronti a mettere a segno attentati il più possibile sanguinari ed eclatanti, non hanno però bisogno di visti o di permessi di soggiorno, possono tranquillamente passare le frontiere dell’Unione con regolari passaporti italiani, francesi, spagnoli, tedeschi, inglesi, persino americani o canadesi.

Le reti jihadiste sono state intessute in Europa molto prima dell’11 settembre, grazie ai flussi migratori provenienti dal Marocco, dall’Algeria, dall’Egitto, dalla Tunisia, dalla Libia. La manodopera musulmana si è rapidamente inserita in città multietniche come Parigi, Madrid, Londra. Con più difficoltà nel nostro Paese.

Il serbatoio dell’immigrazione

Di fatto si stima che attualmente vi siano dai 15 ai 20 milioni di islamici che considerano, a buona ragione, l’Europa come casa loro e che costituiscono dal 4 al 5 per cento della popolazione totale. Le previsioni sono che entro breve tempo la popolazione musulmana in Europa raddoppierà. A differenza dei musulmani, più agiati, che sono emigrati verso gli Stati Uniti, quelli che hanno scelto la vecchia Europa si sono concentrati nelle aree dove già vi erano comunità di loro compatrioti. Gli algerini in Francia, i marocchini in Spagna, i turchi in Germania, i pachistani in Inghilterra.

Il cambiamento profondo all’interno delle comunità islamiche è avvenuto quando i figli della prima generazione di immigrati arabi hanno iniziato a frequentare le università, quindi a confrontarsi sui grandi temi mondiali. I macro temi di geopolitica, per alcuni ottimi studenti, sono diventati argomenti di riflessioni particolari da fare all’interno di gruppi ristretti, e di selezionate moschee semi ufficiali, o clandestine, all’interno delle quali, sul finire degli anni Ottanta, imam radicali, finanziati dall’Arabia Saudita, iniziano a divulgare la filosofia qaedista e a diffondere le tesi del suo sostenitore, Osama Bin Laden.

L’orgoglio islamico

Un pensiero ricorrente ha via via formato e compattato questi giovani, che nella mitologia della migrazione come conquista islamica, dell’esercito clandestino di riscossa delle masse oppresse, delle eroiche gesta dei mujahedin di Bin Laden in Afghanistan, hanno visto le chiavi della riscoperta dell’orgoglio islamico, calpestato dalle superpotenze.

Al Qaeda ha lavorato su questo tessuto, creando due tipi di terroristi. Quelli "residenti", cioè quelli stabilmente inseriti nelle varie città europee, e gli "itineranti", cioè quelli pronti a raggiungere l’Europa o l’America, inserendosi nei flussi di persone in cerca d’asilo, ma solo in vista di un’azione. Il terzo livello è quello dei "martiri", cioè i terroristi suicidi che raggiungono la città-obiettivo soltanto nell’imminenza dell’attentato. La rete di protezione è garantita sempre dai "residenti", che, agli occhi della gente, sono negozianti, commercianti, professionisti. Come dire il vicino di casa. Il terrorista della porta accanto. Agli imam integralisti spetta la funzione di messaggeri e di guide spirituali.

Un’altra forza della rete qaedista, che si nasconde nella grande maggioranza della comunità islamico-europea che è distante milioni di anni luce dalle posizioni integraliste e jihadiste, anzi le teme perché vede in esse una gravissima minaccia per la propria tranquillità, è quella di conoscere alla perfezione i meccanismi e le regole della politica e della finanza internazionali.

Un progetto folle

Chi muove i mujahedin, chi attiva "residenti" e "itineranti", ha un lucido, quanto folle, progetto: indebolire a tutti i costi l’alleanza occidentale, scardinare a colpi di attentati i Paesi che ne fanno parte, seminare un terrore tale da indurre le diverse nazioni a trattare, su posizioni di estrema debolezza, con chi si identifica nel nuovo profeta della riscossa islamica. Tra i giovani arabi disoccupati, che non fanno parte delle categorie colte, che vivono nelle periferie di Madrid, Parigi, Bradford, non c’è ideologia, ma spontanea solidarietà nei confronti di chi è in grado di mettere paura al "nemico".

Nelle segreterie riservate dei premier europei si susseguono in questi giorni di tensione riunioni interminabili, alle quali partecipano politici, esperti del settore, studiosi, uomini dell’antiterrorismo e dei servizi segreti. Ognuno cerca di dare il suo contributo, ma non c’è una visione comune. Per alcuni il terrorismo è ancora visto come un puro fatto di criminalità, altri suggeriscono politiche autonome clandestine verso i Paesi del Medio Oriente, della Palestina in particolare, alla ricerca di impossibili e inconfessabili protezioni, altri ancora propongono assurdi progetti di controllo poliziesco indiscriminato di tutte le comunità islamiche, senza eccezioni. Nemmeno sul concetto di "guerra" al terrorismo c’è condivisione, al pari della confusione che regna tra privacy e sicurezza nazionale.

Di certo c’è che se l’Unione non unificherà la propria azione nei confronti di chi la minaccia direttamente, sapendo distinguere tra chi all’interno del mondo islamico odia, anche più di noi, Bin Laden e i suoi sanguinari seguaci, e chi, invece, lo sostiene, se non saprà attuare rapidamente una politica comunitaria di integrazione che funzioni e che tenga anche conto delle questioni economiche e demografiche, i terroristi della "porta accanto", i "residenti", gli "itineranti", "i martiri" avranno sempre più buon gioco nell’alimentare la loro formidabile, terrificante macchina di morte, che punta dritta al cuore del Vecchio mondo.
Un altro articolo pubblicato su FAMIGLIA CRISTIANA a pagina 14 nella Sezione "Come vanno le cose", intitolato "Uccisi anche dalla nostra indifferenza" e firmato da Fulvio Scaglione è di tutt’altro tenore.

Ancora una volta trapela l’immagine di un terrorismo "reattivo" e non aggressivo quale realmente è. Come dire, se quei bambini sono morti la colpa è degli Americani che sono andati in Irak. Il giornalista arriva a definire l’intervento anglo- americano in Irak un "esperimento politico" !!

Ecco l’articolo:

"Ai 32 bambini morti in Irak, uccisi da un kamikaze che li ha sacrificati per attaccare una pattuglia americana, va innalzato un monumento nelle grandi città dell’Occidente. Perché loro sono morti come gli innocenti delle Torri gemelle di New York, dei treni di Madrid, della metropolitana di Londra, ma nella più completa solitudine. Come le migliaia di civili morti dall’inizio della spedizione anglo-americana. Uccisi in gran parte dai terroristi, per il resto dal "fuoco amico", e poi uccisi di nuovo dalla nostra indifferenza. Quante volte, prima della strage dei bambini, ci siamo interessati al costo pagato dagli iracheni per questo esperimento politico?. Le bombe sono del terrorismo islamico, le promesse di pace, libertà e sicurezza erano nostre. O no?"


"Quante volte" ci siamo interessati di quello che accadeva in Irak prima che venisse eliminato un pericolo e sanguinario dittatore come Saddam Hussein?

Quante volte ci siamo chiesti se c’era libertà, democrazia, se i diritti umani venivano rispettati, quante volte abbiamo indagato sulle torture inflitte al suo popolo da questo pazzo sanguinario?

Quello che Fulvio Scaglione chiama "esperimento politico" ha consentito al popolo iracheno il 30 gennaio 2005 di potersi recare per la prima volta alle urne ed esprimere tramite il voto la sua ferma e decisa volontà di democrazia. Ci siamo già dimenticati delle immagini delle donne irachene pazientemente in fila con il burka, degli uomini che sfidando i terroristi uscivano dai "seggi" mostrando orgogliosi il dito sporco di inchiostro?

Tutto questo per il mondo libero e democratico è promessa di pace e libertà .

I terroristi che invece non vogliono né l’una né l’altra sono gli unici responsabili delle stragi di bambini e civili inermi.

O no ?

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