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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
11.07.2005 Ritiro da Gaza: il settimanale cattolico non capisce che il dissenso fa parte della democrazia
e non porta necessariamente alla guerra civile

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 11 luglio 2005
Pagina: 14
Autore: un giornalista
Titolo: «Gaza la protesta dei disobbedienti»
A pagina 14 di Famiglia Cristiana del 10 luglio nella sezione "Come vanno le cose" è pubblicato un articolo a firma G. Cer. intitolato "Gaza la protesta dei disobbedienti".
Da qualche settimana i riflettori sono puntati sull’operazione di ritiro degli abitanti dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania che Sharon ha deciso di avviare dopo il 14 agosto.
I giornali e la televisione non perdono occasione per "immortalare" i momenti di tensione che inevitabilmente si stanno verificando in questi giorni in Israele.
Non è facile abbandonare le proprie case, non è facile per giovani militari obbedire agli ordini dei superiori quando si tratta di espellere materialmente altri ebrei.
Israele è uno stato democratico dove è consentito dissentire ma non è consentito disobbedire ad ordini ricevuti.
Per questo chi si rende responsabile di atti di insubordinazione viene punito severamente con la detenzione in carcere.
E’ quanto è capitato nei giorni scorsi ad un giovane militare di 19 anni che si è rifiutato di eseguire l’ ordine di un proprio superiore.
Dinanzi ad un nemico, quello palestinese, che utilizza il terrorismo come modalità abituale "di confronto", la società e le istituzioni israeliane sono ben consapevoli che è nella democrazia che insiste la vera superiorità di uno Stato.
Nell’articolo che segue non viene menzionata neppure una volta la parola "democrazia", né si evidenzia il valore di un esercito, quello israeliano, che opera nel più assoluto rispetto dei diritti umani, sebbene costretto a fronteggiare quotidianamente la minaccia del terrorismo.
Quello che purtroppo viene messo in luce – con una valenza negativa - è solo lo scontro che esiste all’interno della società israeliana, uno scontro inevitabile quando i cittadini possono esprimere le loro opinioni senza finire linciati (ciò che capitava nell’ANP di Arafat e ora in quella di Abu Mazen), ma che siamo sicuri non inficerà la realizzazione del piano di disimpegno che Sharon, con molta sofferenza ma anche lungimiranza politica, ha deciso di intraprendere.
Non assisteremo ad una guerra civile fra ebrei
(anche se molti giornali se lo augurano!!).
Il buon senso, il desiderio di pace, l’amore per il proprio paese, la consapevolezza di aver sempre dovuto affrontare nemici esterni pronti ad annientarli guideranno ancora una volta gli israeliani in questa difficilissima prova.

Ecco l'articolo:

Cinquantasei giorni di carcere per aver disobbedito ad un ordine militare: quello di mandare via i coloni israeliani dalla Striscia di Gaza. "Non sono venuto in questo Paese per espellere ebrei dalle loro case", ha urlato Avi Bieber, 19 anni, ebreo americano emigrato in Israele da New York nel 1996.

Bieber è il primo refusenik (obiettore di coscienza contro ordini militari) del ritiro di Gaza, l’operazione decisa dal governo di Ariel Sharon, cui si oppongono strenuamente estrema destra, rabbini ortodossi e lobby dei coloni. La ribellione del caporale Bieber, che vive in una colonia della Cisgiordania, ha destato entusiasmo e speranze fra i coloni e quanti si oppongono all’operazione.

L’esempio del giovane americano non è rimasto isolato: un altro soldato, Haim Hatar, si è rifiutato di partecipare a un’azione di sgombero a Gaza e, per questo, è stato condannato a 21 giorni di carcere dalle autorità militari.

Intanto, l’operazione di smantellamento si sta rivelando difficile e sofferta: gruppi di coloni ultras hanno organizzato una resistenza tenace. Giorni fa Sharon aveva deciso la chiusura della Striscia – poi revocata – per espellere militanti ebrei di estrema destra che si erano macchiati di atti di violenza contro la popolazione palestinese.
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