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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
28.02.2005 Israele e Sharon hanno sempre cercato la pace
una verità che il settimanale cattolico continua a negare

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 28 febbraio 2005
Pagina: 17
Autore: Alberto Bobbio
Titolo: «Da falco a colomba, la svolta di Sharon»
A pagina 17 di FAMIGLIA CRISTIANA del 27 febbraio è pubblicato un breve articolo di Alberto Bobbio intitolato "Da falco a colomba, la svolta di Sharon".
Il titolo è corretto ma non rispecchia i contenuti dell’articolo che, in alcuni punti, appare piuttosto fazioso. Il giornalista ritrae il primo ministro israeliano come un uomo che è stato obbligato da situazioni sociali, economiche, politiche interne ad Israele ad intraprendere la "svolta" storica senza peraltro riconoscergli il merito di avere intrapreso una strada che sta cambiando il volto del Medio Oriente.
Ha abbandonato il sogno della Grande Israele; dopo quattro anni di Intifada scatenata da Arafat - una spirale di violenza che ha segnato profondamente i due popoli - ha affrontato le dure critiche del suo partito il Likud e ha fatto votare alla Knesset il ritiro di 8000 coloni da Gaza e da alcune città della Cisgiordania;ha alzato la barriera difensiva per proteggere il suo popolo; ha eliminato i leader di Hamas responsabili di stragi contro Israele;
ha combattuto il terrorismo ma ha sempre lasciato aperta la porta del dialogo e una volta modificata la leadership palestinese, ostacolo alla pace, ha teso la mano ad Abu Mazen.
Ecco ciò che scrive Bobbio di Sharon:

Adesso bisogna chiedersi quanto rischia Ariel Sharon, il falco diventato colomba, il leone del sionismo che sta facendo fare la più grande capriola alla guerra santa degli israeliani in medioriente.

La guerra santa è intrinseca alla cultura dei fondamentalisti islamici, la Jihad non è israeliana ed è proprio in nome della Jihad che tanti kamikaze palestinesi si sono fatti esplodere fra civili israeliani.

Sharon ha deciso di cambiare e di cancellare una rappresentazione del futuro geopolitica comunque conflittuale. Dal 20 luglio, quando nel giro di sette settimane i coloni dovranno lasciare la Striscia di Gaza, si potrà parlare a ragione di due territori. Finora, invece quando un arabo parlava di Palestina e un ebreo di Israele essi avevano in mente più o meno la stessa porzione di terra, e questo ha sempre allontanato la pace.
"Di due territori" di sarebbe potuto parlare già da quattro anni se Arafat non avesse scatenato l’Intifada.
Sharon ha sempre dimostrato la volontà di arrivare a scelte dolorose pur di raggiungere la pace.
Il terrorismo, l’incitamento alla violenza perseguiti senza tregua da Arafat hanno realmente "allontanato la pace" non la presenza dei coloni.

Per Sharon non sarà facile e rischia la rivolta interna e la crisi politica, come hanno già detto rabbini ultraortodossi e coloni arrabbiati. Resta da chiedersi perché è arrivato a una tale decisione, e da verificare se sia stata la morte di Arafat o anche altro a farlo procedere su una strada sorprendente.


La morte di Arafat ha reso possibile elezioni democratiche, che non si erano mai viste in Palestina; riallacciare il dialogo con una leadership democratica è stata la conferma che era Arafat il vero ostacolo alla pace e non Sharon.


Resta da vedere quanto pesa la lobby dei coloni e da capire se l’antologia dell’odio


palestinese


è stata chiusa dalla capriola di Sharon, che allarga una terra finora troppo stretta per due popoli.




Proprio due giorni fa "l’antologia di odio" è stata riaperta, non da Sharon, ma dall’ennesimo kamikaze palestinese che si è fatto esplodere sul lungomare di Tel Aviv.
Ancora morti e feriti.
Israeliani.


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