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Famiglia Cristiana Rassegna Stampa
24.11.2003 Quando la letteratura è al servizio della propaganda
faziosità e malafede in un'intervista alla scrittrice di "Sposata a un palestinese"

Testata: Famiglia Cristiana
Data: 24 novembre 2003
Pagina: 65
Autore: Giulia Cerqueti
Titolo: «Intervista ad Alessandra Antonelli»
Famiglia Cristiana del 23 novembre pubblica a pagina 65, nella sezione "Attualità", un ‘intervista della giornalista Giulia Cerqueti all’autrice del libro "Sposata a un palestinese" edito dalla casa editrice Paoline.

Alessandra Antonelli si sofferma sulla sua esperienza di donna sposata ad un economista palestinese, che ha vissuto a Ramallah per alcuni anni e recentemente si è trasferita con la famiglia in Giordania.
L’attenzione della scrittrice, sapientemente e faziosamente orientata dalla giornalista, è rivolta alla povera e derelitta società palestinese, al "cosa significhi vivere la quotidianità dell’occupazione militare", "agli scoppi assordanti delle bombe e al rumore dei carri armati", al "costante stato di tensione, all’odio che nasce dalla disperazione".
Riportiamo alcune parti dell’intervista dove la faziosità è miscelata ad una buona dose di malafede.

Qual è stato il momento più duro che hai vissuto in Palestina?

Il passaggio della seconda Intifada da scontro di strada a guerra. Il primo missile sparato e il rendersi conto che in un giorno qualunque, in un luogo qualunque, la morte ti arriva addosso all’improvviso
Peccato che la giornalista non ritenga opportuno sottolineare che "quel missile" è stato lanciato per colpire un capo terrorista che "in un giorno qualunque, in un momento qualunque", ha fatto strage in un autobus, in un ristorante, lungo una strada di Gerusalemme di civili inermi facendo a pezzi anche neonati e bambini, che come i figli della signora Antonelli, avrebbero avuto diritto ad un futuro diverso.
A Ramallah vivevi al quartier generale di Arafat. Pensi che sia ancora un leader imprescindibile?

Si. Arafat è la Palestina. Se non ci fosse stato lui probabilmente non ci sarebbe stata neanche una questione palestinese.
E centinaia di israeliani sarebbero ancora in vita, ed il suo popolo avrebbe da più di due anni un proprio Stato!
Qualunque leader dopo di lui non avrà la stessa autorità e la stessa base popolare.
E speriamo anche non abbia la stessa indole falsa, non sia corrotto, voltagabbana come Arafat, un capo terrorista che per decenni ha finanziato gruppi terroristici affamando il suo popolo.
Scrivi che il vero disastro è la perdita di un’intera generazione che non crede più alla pace. Questo spiega il fenomeno dei giovani kamikaze?

Ci sono due tipi di kamikaze: quello cui è stato tolto tutto, nato in condizioni di povertà e senza prospettive. L’altro è chi lo fa come forma di resistenza e, se fosse vissuto in un Paese con un vero esercito, avrebbe scelto l’arruolamento.
Davvero un soldato valoroso chi si fa esplodere fra bambini e neonati che davanti ad una cintura di esplosivo possono al massimo contrapporre un biberon!!
Nessun riferimento invece al clima di odio e di intolleranza in cui crescono i ragazzini palestinesi nelle scuole, o ai campi scuola dove vengono indottrinati e viene loro insegnato ad odiare gli ebrei, e ad ucciderli senza pietà e ovunque si trovino.

Credi che gli israeliani abbiano una conoscenza limitata della realtà palestinese nei Territori?

Si, stereotipata, mitizzata in negativo. In una parola, ignoranza. A volte voluta dalle istituzioni, a volte cercata per quieto vivere.
A prescindere da questo concetto di "conoscenza limitata", su cui ci sarebbe molto da discutere, non è che i palestinesi facciano molto per fornire di sé l’immagine di un popolo pacifico e amante della serena coesistenza fra i popoli.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione di Famiglia Cristiana. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.



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