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La Stampa Rassegna Stampa
31.07.2023 Il vero obiettivo è risvegliare i civili russi
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 31 luglio 2023
Pagina: 16
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «Il vero obiettivo è risvegliare i civili russi»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 31/07/2023, a pag.16 con il titolo "Il vero obiettivo è risvegliare i civili russi" il commento di Anna Zafesova.

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Per l'ultima domenica di luglio, il canale Telegram "MoscaOra" aveva proposto ai suoi quasi 300 mila follower un menu ricco e raffinato: corsi di calligrafia ebraica al Museo ebraico, "market di brand locali" in un hotel di lusso (troppi inglesismi a nascondere il tentativo di rimediare alla sparizione dei marchi internazionali), un dibattito sulla ricostruzione alla scuola di architettura, una degustazione di cocktail con dj set di uno chef giapponese, al Kollektiv Narkomfin, il locale nascosto dentro il gioiello del costruttivismo sovietico, a due passi dall'ambasciata americana, una conferenza sul'eros nel cinema, da Bertolucci a Sofia Coppola, nella galleria d'arte Cube Moscow (di fronte al Cremlino, all'interno del lussuoso albergo Carlton, che vanta una delle 15 suite più costose al mondo), e infine una serie di cortometraggi d'autore al centro cinematografico Prospettiva. Questo senza contare i multisala (dove per settembre è attesa la copia piratata di Barbie), i musei, i teatri, i parchi, le mostre, le degustazioni, le gare sportive e gli aperitivi, fino ai passatempi meno ricercati come un giro al centro commerciale o una gita in dacia. È questo il vero bersaglio dei droni ucraini. Ancora prima di colpire obiettivi strategici come caserme, centri di comando, centrali di hacker dei servizi segreti russi, uffici del ministero della Difesa o il Cremlino - tutti presi di mira negli ultimi mesi da attacchi arditi e spettacolari che però non hanno procurato molti danni - lo scopo dei velivoli lanciati su Mosca è quello di squarciare il muro di gomma che la isola dalla realtà brutale della guerra. Perché tutti si rendono conto, come scrive l'analista militare britannico Lawrence Freedman, che una guerra cominciata da Mosca deve finire a Mosca, e lo scopo ultimo di tutte le mosse dell'Ucraina e dei suoi alleati è quello di infliggere alla Russia un colpo tale da costringere Vladimir Putin a fermarsi. In altre parole, il prezzo di una guerra iniziata (anche) per tornare a piacere ai propri sudditi deve diventare troppo pesante per chi la sostiene, e per chi fa finta che non esista. Lo strillo della ragazza che ieri in uno dei primi filmati sull'attacco dei droni alla City di Mosca gridava istericamente «Andiamocene!» è una reazione di terrore e choc, come se non fossero esistite le città ucraine bombardate per 500 giorni, come se la guerra per lei fosse iniziata soltanto in quel momento. Volodymyr Zelensky ieri ha chiamato «naturale e giusto» riportare la guerra in territorio russo. Per gli ucraini, l'obiettivo non è solo quello di vedere anche i russi provare almeno un milionesimo della loro paura e del loro dolore: si tratta di saggiare le difese, e di mostrare la vulnerabilità di Mosca, e di un regime che appare incapace di difendere la propria capitale molto più di quando sia difesa Kyiv. Per ogni drone che colpisce bersagli simbolici come il Cremlino o i grattacieli della City ce ne sono altri che svolazzano in quartieri meno centrali, e qualcuno ha già aggiunto nelle inserzioni sulla vendita degli immobili, accanto a vantaggi come la vista e il parcheggio, anche la nota «il palazzo si trova accanto a una batteria dell'antiaerea». In un Paese normale, due droni che colpiscono il quartiere degli affari, la vetrina più moderna e scintillante dell'ambizione moscovita, volando indisturbati per 600 chilometri (o venendo lanciati direttamente dal territorio russo, che forse sarebbe ancora più clamoroso), avrebbero provocato come minimo una polemica. Ma la televisione, invece delle macerie e delle esplosioni, mostra Putin che a Pietroburgo ammira la sfilata della marina militare, e anche chi è andato in Rete a vedere le notizie non censurate torna rapidamente all'attività principale del moscovita medio: fare finta di niente. I cronisti indipendenti della cooperativa Bereg hanno raccolto le reazioni degli abitanti dei grattacieli della City: dopo il primo spavento, qualcuno resta fiducioso, qualcuno decide di accelerare la propria fuga dalla Russia, qualcuno chiede (inutilmente) di abbassare l'affitto o di venire spostato in home working, ma nessuno trae conclusioni che vadano oltre una tattica di sopravvivenza personale. Non è coraggio, semmai rassegnazione, «il fatalismo di chi sa che tanto non può cambiare nulla», dice Nikolay D., un moscovita che in quelle torri ha un ufficio, e il velo dell'illusione squarciato dai droni si richiude quasi subito, rimuovendo quella guerra che tanto «Putin non sa come vincere e non riesce a perdere». In attesa di un miracolo, o di una catastrofe, non resta che tornare agli aperitivi dell'estate.

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