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La Stampa Rassegna Stampa
26.07.2023 Ayelet Gundar-Goshen: 'Momento drammatico, ma Israele non diventerà un'autocrazia'
La intervista Orlando Trinchi

Testata: La Stampa
Data: 26 luglio 2023
Pagina: 18
Autore: Orlando Trinchi
Titolo: «Democrazia infranta: 'La nostra lotta è soltanto all'inizio Israele non diventerà un'autocrazia'»
Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 26/07/2023, a pag. 18, con il titolo "Democrazia infranta: 'La nostra lotta è soltanto all'inizio Israele non diventerà un'autocrazia' " l'intervista di Orlando Trinchi.

In This Thriller, an Israeli Doctor Can't Escape His Irresponsibility - The  New York Times
Ayelet Gundar-Goshen

«Non credo sia la fine della nostra lotta, penso che sia solo l'inizio». La scrittrice e attivista per i diritti umani Ayelet Gundar-Goshen si riferisce all'opposizione democratica nei confronti dell'approvazione in via definitiva della nuova legge che in Israele impedisce ai tribunali di rivedere la ragionevolezza delle decisioni ministeriali e governative. Classe 1982, l'autrice israeliana si rivela attenta indagatrice delle contraddizioni e dei dissidi insiti nella società e nell'attuale politica israeliana. Il suo nuovo romanzo, Dove si nasconde il lupo, è stato pubblicato in Italia da Neri Pozza lo scorso anno». 

La Knesset ha dato il via libera al primo provvedimento della riforma della giustizia proposta dalla coalizione di Benjamin Netanyahu. Cosa ne pensa? «La legge è passata ma può essere modificata molto facilmente: dobbiamo solo assicurarci che coloro che stanno in Parlamento comprendano che stanno infrangendo il contratto tra la democrazia e i cittadini». 

Ci saranno ripercussioni? «Sì, perché i cittadini di una democrazia non si mostreranno docili in una situazione come quella attuale. Penso che nei prossimi giorni, quando le persone sentiranno che non possono più fidarsi del proprio governo, saranno manifeste le conseguenze di quanto avvenuto». 

E poi c'è la questione palestinese, sale la tensione nei Territori, l'ultimo episodio: all'ingresso di Eli, quattro israeliani uccisi in un ristorante in risposta al blitz del giorno prima. Possiamo parlare di recrudescenza delle violenze? «Nei giorni successivi all'attacco a Eli, abbiamo assistito a dozzine – se non a centinaia – di giovani coloni israeliani dirigersi verso i villaggi palestinesi, bruciando auto e spaccando finestre. È quanto avvenuto a Turmus Aya e Hawara. L'ho trovato molto inquietante: sembrava un pogrom, come le violenze perpetrate contro gli ebrei, ma questa volta sono stati gli stessi ebrei ad attaccare civili palestinesi innocenti. Anche se, a mio avviso, l'attacco terroristico che ha ucciso quattro israeliani è sbagliato, sicuramente non si risolve una violenza compiendone altre, e penso che sia ancora più discutibile il fatto che il nostro governo non abbia fermato questi assalti: è come uno schema, come se lo Stato israeliano permettesse ai coloni ebrei di fare quello che vogliono nei Territori occupati in Cisgiordania. Nell'idea che questo stia accadendo oggi sotto il governo israeliano mi pare di riconoscere l'ironia della Storia». 

Netanyahu sembra però all'offensiva su tutti e due i fronti, interno e nei Territori. Ha ribadito che «tutte le opzioni sono sul tavolo». Teme una campagna militare di larga scala in Cisgiordania? «Netanyahu riesce a raggiunge i suoi obiettivi quando parla in modo allarmante e paranoico, quando vige uno stato di guerra, in quanto la guerra crea paura e la paura rende le persone più facili da controllare e dominare. Suppongo che sia interesse di Netanyahu rappresentare sé stesso come un angelo custode salvifico della Repubblica israeliana, capace di confrontarsi al meglio con i palestinesi. È molto più comodo per lui presentarsi in questo modo piuttosto che fare i conti con i processi e le accuse che sta affrontando». 

Il ministro di estrema destra Bezalel Smotrich, preposto alla gestione dei Territori occupati, afferma la necessità di lanciare una vasta operazione antiterrorismo nel nord della "Samaria", incontrando il favore dei coloni. Cosa bisogna aspettarsi? «Secondo le stime dell'Onu, dall'inizio di quest'anno sono stati compiuti ben 441 assalti contro i palestinesi; ciò è molto grave, in quanto il governo non prende posizione, non cerca affatto di fermarli, ed è mia opinione che se non provi a fermarli, in un certo senso è come se li stessi incoraggiando. Ritengo che sia per noi doveroso prenderci cura della democrazia per tutti quegli israeliani che aspirano a vivere in un Paese giusto ed equo: un obiettivo verso cui dobbiamo dimostrarci altrettanto risoluti quanto lo siamo contro la rivoluzione giuridica. Se abbiamo a cuore la democrazia, non dobbiamo arrestare solo la riforma giudiziaria di Netanyahu, ma anche quanto sta accadendo nei Territori occupati». 

Il Primo ministro israeliano, venendo incontro alle richieste dell'estrema destra e nonostante la contrarietà degli Usa, annuncia la costruzione di settemila abitazioni supplementari nelle colonie della Cisgiordania, mentre in campo palestinese si registra il discredito in cui versa l'Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen. Il problema è anche e soprattutto politico? «Tutto ciò non si fermerà se costruiamo altre settemila o anche sei milioni di case supplementari, ma soltanto quando ci siederemo e ne parleremo tra noi, israeliani e palestinesi insieme, per tentare di risolvere il conflitto. Dobbiamo farlo, se mai vorremo che i nostri bambini crescano in un posto sicuro».

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