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La Stampa Rassegna Stampa
07.03.2023 Putin tortura i prigionieri
Cronaca di Francesco Semprini

Testata: La Stampa
Data: 07 marzo 2023
Pagina: 15
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «Kiev passa al contrattacco a Melitopol i russi fucilano e torturano i prigionieri»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/03/2023 a pag.15 con il titolo "Kiev passa al contrattacco a Melitopol i russi fucilano e torturano i prigionieri" l'analisi di Francesco Semprini.

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Francesco Semprini

Ukrainian forces damage key bridge near Melitopol, reports say | Ukraine |  The Guardian
Melitopol

I russi faticano a Bakhmut, avanzano passo passo, e ancora non possono proclamare la vittoria, da portare come trofeo a Vladimir Putin. Mentra subiscono una dura batosta a Melitopol, più a Sud. Una situazione di stallo che li esaspera e li porta a gesti estremi e criminali. Come l'esecuzioni di prigionieri inermi, una crimine di guerra condannato dalla Convenzione di Ginevra. L'orrore è emerso da un video, messo in linea dagli stessi soldati dello Zar. Nelle immagini strazianti si vede un prigioniero di guerra ucraino disarmato che viene giustiziato dalle forze russe semplicemente per aver detto «Gloria all'Ucraina». Sono le immagini choc mostrate ieri in un video che ha fatto il giro dei social network. Alla vittima viene concesso di fumare un'ultima sigaretta, poi l'esecuzione. «E' l'ennesima dimostrazione che questa guerra è un genocidio», reagito su Twitter il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Kiev chiede una indagine della Corte penale internazionale, che un giorno forse dovrà processare i dirigenti russi responsabili di questi crimini, contro i civili e contro i militari. Ma intanto le forze ucraine provano anche a contrattaccare sul terreno. Melitopol nell'Oblast di Zaporizhzhia, attualmente sotto il controllo delle forze di Mosca, è stata obiettivo di un pesante attacco. Una potenza di fuoco rilevante che ha permesso alle truppe ucraine di distruggere due basi militari russe, confermando l'interesse strategico che il Paese guidato da Volodymyr Zelensky nutre per la città del sud. «Due potenti esplosioni sono state udite nei quartieri settentrionali della città. Abbiamo informazioni che due basi, dove erano di stanza i russi, sono state distrutte», riferisce Ukrinform citando il sindaco ucraino Ivan Fedorov. Sempre secondo l'agenzia di stampa ucraina, sarebbero rimasti uccisi centinaia di soldati di Mosca. La giornata di fuoco ucraina si è allargata su più ampia scala con una serie di altre azioni da parte delle forze di Kiev. A partire dalla regione russa di Kursk: il governatore Roman Starovoitt afferma che le forze armate ucraine hanno sparato contro il villaggio di confine di Iskra, rimasto conseguentemente senza fornitura elettrica perché le «strutture di approvvigionamento energetico» nel distretto di Khomutiv sono state danneggiate. «Le forze armate dell'Ucraina stanno bombardando l'area di confine nel distretto di Khomutiv - spiega Starovoitt -. Le strutture di approvvigionamento energetico sono state danneggiate, e ora Iskra è rimasta isolata». Kiev ha dovuto tuttavia mettere in bilancio, nel corso della giornata bellica, anche diverse perdite. Due caccia MiG-29 e Su-27 dell'aeronautica di Kiev sono stati abbattuti dai sistemi di difesa aerea russi. Secondo quanto riportato da Ria Novosti, Mosca avrebbe colpito fatalmente anche un elicottero Mi-8 e nove droni. Sul piano politico è scontro tra il presidente Zelensky e il comandante in capo delle forze armate, il generale Valery Zaluzhny, sulle decisioni relative alla battaglia di Bakhmut, la città del Donetsk dove da mesi infuria la madre di tutte le battaglie. Secondo informazioni provenienti da diverse fonti della leadership politica ucraina, Zaluzhny qualche settimana fa ha raccomandato di considerare la possibilità di lasciare Bakhmut per ragioni tattiche. Zelensky invece ha un'opinione completamente diversa sul futuro della «città fortezza», riferiscono alcuni media. Bakhmut, ormai città chiusa per l'avvicinarsi delle truppe russe verso il centro, ha un'importanza più simbolica che operativa e una sua eventuale caduta non darebbe necessariamente uno slancio allo sforzo bellico di Mosca in Ucraina, ha spiegato il segretario americano alla Difesa, Lloyd Austin, durante la sua visita in Giordania. «Penso che abbia più un valore simbolico che strategico e operativo», ha affermato Austin il quale però non si è voluto sbilanciare in previsioni su quando - né se - verrà conquistata dalle forze russe, ma ha aggiunto. Nel frattempo Zelensky ha tenuto una riunione con il comando in capo supremo in cui è stata discussa in dettaglio la situazione a Bakhmut, durante la quale il comandante in capo delle forze armate ucraine Valery Zaluzhny e il comandante del gruppo di truppe operativo-strategico Khortytsia, Oleksandr Syrsky, si sono espressi a favore del proseguimento della difesa di Bakhmut. Per ora quindi la partita della città martire non è affatto chiusa. Tensioni emergono anche nella compagine russa. Il capo del gruppo paramilitare russo Wagner, Yevgeny Prigozhin, si è lamentato di nuovo della mancanza di munizioni al fronte - dove i suoi mercenari sono impegnati soprattutto a Bakhmut - e torna a parlare di «tradimento» da parte di Mosca per i ritardi nelle consegne. I combattenti del Gruppo Wagner sono in prima linea proprio nella battaglia per Bakhmut, che la Russia sta cercando di conquistare da diversi mesi e dove le forze di Mosca e Kiev hanno subito pesanti perdite. Il mese scorso Prigozhin aveva rivolto dure critiche al ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, e al capo di Stato Maggiore, Valery Gerasimov, accusandoli di aver commesso «tradimento» rifiutandosi di fornire munizioni al suo gruppo. Pochi giorni dopo, aveva annunciato che le munizioni sarebbero state finalmente consegnate. Tuttavia, in un video diffuso nella tarda serata di sabato, Prigozhin si lamenta ancora - tra l'altro - della mancata consegna delle munizioni e avverte che «se Wagner si ritira ora da Bakhmut, l'intero fronte crollerà». La città fortezza insomma non divide soltanto gli eserciti russi e ucraini, ma crea spaccature anche in seno alle compagini impegnate nelle battaglie da una parte e l'altra del fronte.

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