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La Stampa Rassegna Stampa
21.02.2023 Helen Mirren è Golda Meir
Cronaca di Fulvia Caprara

Testata: La Stampa
Data: 21 febbraio 2023
Pagina: 24
Autore: Fulvia Caprara
Titolo: «Cinema, Helen Mirren è Golda Meir: “È come interpretare la regina Elisabetta”»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/02/2023, a pag. 24 con il titolo "Cinema, Helen Mirren è Golda Meir: “È come interpretare la regina Elisabetta” " la cronaca di Fulvia Caprara.

FULVIA CAPRARA | Le giornate della luce
Fulvia Caprara

Il coraggio di Golda Meir protagonista di un film con la superstar Helen  Mirren - Mosaico
Helen Mirren - Golda Meir

BERLINO. L’ultimo miracolo di Helen Mirren si chiama Golda ed è il film in cui, diretta da Guy Nattiv, interpreta la prima donna premier dello Stato di Israele, in una delle fasi più drammatiche della storia del Paese, la guerra del Kippur scoppiata nell’ottobre del ’73, cruciale nell’evoluzione del conflitto arabo-israeliano. Nel gioco della trasformazione mimetica Mirren ha già messo a segno molti goal, basta pensare alla regina Elisabetta II di The Queen, ma, stavolta, nascosta sotto un massiccio make up, appesantita nel corpo e nello sguardo, sembra rinunciare del tutto a se stessa, una sfida ancora più difficile perché con Golda Meir non ha nulla in comune, nemmeno il piglio tutto british che l’aveva aiutata a diventare Sua Maestà: «Interpretare Golda è stata un’esperienza incredibile, dovevo farla vivere dentro di me, era una donna coraggiosa, totalmente dedita alla sua missione, e, in questo, forse, simile a Elisabetta II. Come lei, aveva visto la sua vita prendere una direzione diversa da quella immaginata, seguendola era arrivata alla totale consacrazione». Non mancano, però, le differenze: «Dal punto di vista emotivo – osserva Mirren - Golda era più espressiva, più scoperta, sapeva di dover contenere le sue emozioni, soprattutto quando era in pubblico, ma, nella sua natura, il pragmatismo si univa a un forte spirito compassionevole». Sullo schermo, tra crisi di governo, consultazioni febbrili, macabri bollettini con lunghi elenchi di caduti, incontri al vertice in cui si avvicendano personaggi celebri come Moshe Dayan (Rami Heuberger), Mirren è grigia, al massimo beige, malata di linfoma, avvolta dalla nuvola dell’immancabile sigaretta, il viso segnato dalle rughe, i piedi gonfi nelle pesanti scarpe ortopediche, testarda, dispotica, amorevolmente seguita dall’assistente Lou Kaddar (Camille Cottin): «Ho lavorato con una straordinaria equipe di truccatori, artisti formidabili. Costumi e make up sono di grande aiuto, contribuiscono in modo significativo alla creazione di un personaggio». Dal vivo, alla Berlinale, dove il film è fuori gara , Mirren è radiosa come una ragazza, maglia rosa shocking, capelli color platino raccolti nella coda di cavallo: «Ho guardato e letto tutto il possibile su Golda, e ho anche pensato alla sua infanzia, al modo in cui era cresciuta, perché è da lì che vengono i segni che non si cancellano, i riferimenti fondamentali per capire la natura delle persone». Al primo annuncio del progetto erano scoppiate, a suo tempo, polemiche sollevate da chi pensava che, in un ruolo così iconico, avrebbe dovuto esserci un’attrice israeliana. Il commento spetta al regista Nattiv, nato a Tel Aviv nel ’73, ma la chiosa è nello stile Mirren: «Appena ho incontrato Helen ho avuto l’impressione di trovarmi davanti a una persona di famiglia, ha capito subito che film volevo fare, ne abbiamo parlato per ore, poi, sul set, Helen è stata circondata da una troupe completamente israeliana». L’attore Lior Ashkenazi, che interpreta David Elazar, capo di Stato maggiore delle forze di difesa israeliane, rincara la dose: «E allora chi dovremmo scegliere quando decidiamo di fare un film su Gesù, un ebreo o un non ebreo?» Mirren ribatte pronta: «Di sicuro, in questo caso, non me. Gesù, non potrei proprio farlo». Prima di Mirren sono state Golda Ingrid Bergman (in Una donna di nome Golda ) e Anne Brancroft: «Ho visto le loro prove, ma poi sono andata per la mia strada. Ho cercato di cogliere l’espetto profondamente materno di Golda, la sua passione per la cucina e per gli oggetti domestici che, tra l’altro, condivido». Il racconto non tralascia l’amicizia che la legava a Henry Kissinger (Liev Schreiber) e che, nelle ore concitate dell’attacco, ebbe peso significativo: «Tra di loro c’era una chimica, qualcosa che funzionava, erano due persone molto pratiche e per questo andavano d’accordo». Le perdite ingenti di soldati giovanissimi furono imputate alla Meir, che, nata a Kiev e segnata, fin da piccola, dalle persecuzioni razziste contro la comunità ebraica, finì alla sbarra con l’accusa di non aver preso decisioni adeguate alla situazione, di non aver organizzato l’attacco preventivo che, poi come Kissinger confermò, avrebbe impedito, in seguito, l’arrivo di aiuti americani: «Non avevo mai capito fino in fondo – confessa Mirren - che cosa avesse potuto significare, per uno Stato giovane come quello di Israele, perdere, in quegli anni, tanti ragazzi. Golda ha portato questo peso sulle sue spalle, ma la sua unica colpa era stata quella di trovarsi, in quei giorni, nella posizione di chi deve scegliere». A sostenerla c’era soprattutto una certezza: «La sua forza è stata nell’assoluta convinzione che Israele dovesse esistere, che il popolo ebreo dovesse essere nazione».

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