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La Stampa Rassegna Stampa
26.01.2023 I calcoli sbagliati dello zar
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 26 gennaio 2023
Pagina: 29
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «I calcoli sbagliati dello zar»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/01/2023, a pag.29 con il titolo "I calcoli sbagliati dello zar" il commento di Anna Zafesova.

Anna Zafesova | ISPI
Anna Zafesova

Is Today's Russia a Relic of the Past? | Perspectives on History | AHA

«La Germania è un Paese di fatto occupato dagli americani»: Vladimir Putin ha reagito alla caduta del tabù sulla fornitura dei carri armati tedeschi all'Ucraina con una puntura di spillo che forse lo aiuta a lenire il rancore, ma che suona quasi come una battuta rispetto alla portata della svolta. La guerra dell'Ucraina contro la Russia sta diventando una guerra corazzata, e per Mosca è una notizia disastrosa, non soltanto perché significa che la controffensiva di Kiev è ormai inesorabile, ma anche perché demolisce il calcolo strategico di Putin su un inverno che avrebbe congelato la solidarietà europea. Da Mosca però - almeno per ora - non arriva una risposta seria, e nemmeno le solite minacce di un'apocalisse atomica. L'ex presidente Dmitry Medvedev – che soltanto pochi giorni fa aveva ricordato che «le potenze nucleari non perdono le guerre» - ora ironizza sulla «bulimia» degli ucraini che secondo lui chiederanno agli occidentali anche i sottomarini, «mentre perderanno l'accesso al mare». Allo stesso tempo il viceambasciatore russo all'Onu Dmitry Polyansky lancia fumose minacce su «alcune linee rosse che sono state superate, mentre altre non ancora». L'unico a menzionare indirettamente la ritorsione atomica è il capo della missione russa ai negoziati sul disarmo a Vienna Konstantin Gavrilov, che minaccia «misure pesanti» in caso di attacchi ucraini «nell'interno della Russia» e mette in guardia contro l'eventuale utilizzo nei carri armati occidentali forniti a Kiev di munizioni all'uranio impoverito, che «verranno considerate come bombe sporche». È l'unica allusione alla possibilità di un'escalation nucleare che arriva dalla Mosca ufficiale, a rompere una tradizione che vedeva i propagandisti russi esercitarsi in minacce di incenerire Washington e sommergere Londra con uno tsunami radioattivo. Potrebbe significare uno smarrimento, in attesa di indicazioni dal vertice sulla linea da seguire. Oppure potrebbe essere il segnale di un desiderio di abbassare i toni, come consigliato già anche da Pechino: la retorica sulla ritorsione atomica era stata smorzata da Mosca proprio dopo la ferma presa di posizione della Cina sulla «inammissibilità del ricorso alla minaccia nucleare». Del resto, come un politico che si è formato nella Pietroburgo delle bande criminali degli anni Novanta, Putin dovrebbe sapere che una minaccia fatale ha un effetto a scadenza: se agitata, deve essere inesorabile. Finora la Russia ha scommesso tutto sull'intimidazione di un Occidente che considerava impaurito, diviso e troppo materialista per mettere a rischio anche solo il costo delle bollette. Non ha funzionato. A giudicare dai convogli ferroviari con i Leopard già avvistati in diverse ferrovie europee, l'esito dei tormenti di Olaf Scholz sull'invio dei carri armati all'Ucraina era in realtà scontato, e noto anche ai russi. I Leopard, gli Abrams, gli Himars, i Challenger e i Caesar: l'Occidente, da Washington a Berlino, ha scoperto le sue carte, con una cadenza metodica che sembra quasi intenzionale. Ogni mossa è stata annunciata e discussa con una lentezza che può apparire esasperante se vista da Kiev, e che potrebbe far sospettare una sorta di dialogo a gesti con Mosca. A ogni avvertimento seguiva una pausa che Mosca avrebbe potuto utilizzare per decidere di fare passi indietro, aprire spiragli, senza «far perdere la faccia a Putin», per dirla con Emmanuel Macron. Lo spionaggio britannico sostiene che il Cremlino non potrà schierare contro i Leopard e gli Abrams i nuovi T-14 Armata, un prototipo creato più per rendere contento Putin che per andare sul terreno, e una sconfitta sul campo di battaglia farebbe vacillare il regime molto più rapidamente di un eventuale negoziato. Se il Cremlino vuole cercare una exit strategy, deve scordarsi la bomba atomica.

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