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La Stampa Rassegna Stampa
04.12.2022 La guerra delle chiese
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 04 dicembre 2022
Pagina: 15
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «La guerra delle chiese»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/12/2022, a pag.15 con il titolo "La guerra delle chiese" il commento di Anna Zafesova.

Anna Zafesova | ISPI
Anna Zafesova

Is Today's Russia a Relic of the Past? | Perspectives on History | AHA

«Questa è la cronaca dei tempi passati, che narra da dove ha avuto origine la terra russa e chi è stato il primo principe di Kyiv»: sono parole incise nella memoria storica, l'incipit di quello che è considerato il primo testo fondante della storia e della letteratura. Scritta in una cella del monastero delle Grotte di Kyiv dal monaco Nestor, la «Cronaca dei tempi passati» aveva lo scopo di dare una genealogia e una legittimità a una nuova dinastia che stava creando uno Stato ai margini orientali dell'Europa. Quasi esattamente mille anni dopo, sulle stesse sponde ripide del Dnipro che Nestor ammirava mentre componeva la sua cronaca, è in corso un nuovo scontro per rivendicare la legittimità storica e spirituale, e i successori di Nestor sono sott'accusa per collaborazionismo con la Russia, mentre il governo di Volodymyr Zelensky sta preparando una decisione storica: togliere al patriarcato di Mosca il monastero più antico e venerato dell'ortodossia slava. La Kyivo-Pecherska lavra, il monastero delle Grotte (la lavra è il nome dei monasteri più importanti della chiesa ortodossa, in Russia ce ne sono soltanto due e in Ucraina tre), è da anni un'isola anomala nel cuore storico della capitale ucraina. Parte del Patrimonio dell'umanità secondo l'Unesco, l'enorme monastero è formalmente una riserva museale posseduta e amministrata dallo Stato ucraino, ma la cosiddetta "lavra inferiore" - il dedalo di grotte degli eremiti diventate poi la tomba di decine di santi - è stata concessa in gestione alla Chiesa ortodossa ucraina che risponde a Mosca. Motivo per il quale molti kyiviani hanno preferito disertare il santuario, i cui reggenti in occasioni cruciali come la rivoluzione del Maidan e la guerra nel Donbass avevano preso posizioni come minimo prudenti, per non fare arrabbiare il patriarca Kirill. Il presidente Petro Poroshenko - che aveva convinto il patriarca di Constantinopoli a riconoscere l'indipendente Chiesa ortodossa dell'Ucraina, considerata dal patriarcato di Mosca come "scismatica", e che nel 2019 aveva corso alle elezioni con lo slogan "Esercito, fede, lingua" - non era riuscito a sfrattare i monaci filorussi. Ma la guerra ha reso l'anomalia della lavra, e della coesistenza di due chiese ortodosse divise dalla lealtà verso Mosca, insostenibile. Qualche giorno fa, Volorymyr Zelensky ha firmato un decreto che mette al bando le organizzazioni religiose legate alla Russia: «Nessuno potrà costruire imperi nella nostra anima», ha dichiarato. E il 1° dicembre, nel registro delle comunità religiose della Chiesa dell'Ucraina è stato iscritto il monastero delle Grotte. Un colpo al cuore della mitologia del suprematismo russo, che fa risalire le sue origini alla Rus di Kyiv negando all'Ucraina il diritto a uno Stato e a una cultura distinti e originali.

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La guerra ha assunto così una dimensione religiosa, e quando ieri sera il governo ucraino ha imposto delle sanzioni contro dieci metropoliti e vescovi della Chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca, i propagandisti russi hanno reagito bollando Volodymyr Zelensky come "l'Anticristo" (anche se gli ospiti di alcuni talk show obiettavano che era soltanto un "diavolo minore", che aveva venduto l'anima al principe delle tenebre). La decisione era stata preceduta da una serie di perquisizioni che i servizi segreti Sbu avevano svolto nelle principali diocesi della Chiesa ortodossa ucraina, e nel monastero delle Grotte, il cui superiore Pavel (soprannominato "Mercedes" per via del suo amore per il lusso) è stato colpito dalle sanzioni governative. Secondo lo scarno comunicato dell'Sbu, i raid servivano a trovare prove di «attività a favore dello Stato invasore», e in attesa di decidere se incriminare i vescovi e gli abati per collaborazionismo con i russi gli agenti non si sono negati la soddisfazione di far filtrare qualche indiscrezione sui vizi di alcuni religiosi indagati. Il governo di Kyiv però ha scelto la cautela. Il metropolita Oleksandr della Chiesa dell'Ucraina ha promesso che «nessuno farà cacciare i monaci», e il ministro della Cultura Oleksandr Tkachenko nega un «passaggio di proprietà», mentre il capo del Consiglio di sicurezza della presidenza Oleksiy Danilov ricorda che il monastero è «proprietà di tutto il popolo». Se però l'indagine stabilirà che i religiosi della Chiesa ucraina collaboravano con Mosca la loro organizzazione verrà sciolta. Suona come l'ultimo avvertimento a una Chiesa che ha visto migliaia di sacerdoti rifiutarsi di pregare per Kirill, e aiutare profughi e militari, ma le cui gerarchie anche all'ultimo Sinodo di fine novembre hanno esitato a staccarsi da Mosca. Ma il destino della chiesa russa appare segnato, e il monastero delle Grotte – devastato dai monogoli, chiuso da Stalin, riaperto dai nazisti che poi hanno fatto saltare la sua cattedrale principale, chiuso di nuovo da Krusciov, riaperto da Gorbaciov e ricostruito dall'Ucraina tornata indipendente - sta per vivere un nuovo capitolo della sua storia tormentata.

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