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La Stampa Rassegna Stampa
14.10.2022 'Anch'io sento l'onta delle leggi razziali'
Commento di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 14 ottobre 2022
Pagina: 29
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «Anch'io sento l'onta delle leggi razziali»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/10/2022, a pag.29, con il titolo 'Anch'io sento l'onta delle leggi razziali', l'analisi di Elena Loewenthal.

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Elena Loewenthal

Il discorso della senatrice a vita Liliana Segre - Politica - ANSA
Liliana Segre

Non ho conosciuto le leggi razziali. Non sulla mia pelle. Faccio parte di quella generazione che, nata all'indomani della fine della guerra, è cresciuta con la percezione di un provvidenziale e insanabile abisso che separava quel prima dal nostro dopo. Gli anni Sessanta del boom economico ma anche delle grandi battaglie ideologiche. Il mio percorso scolastico si è tracciato fra il 1968 e il 1977 – dentro i confini di una libertà sempre più sconfinata. Nell'ultimo anno di liceo abbiamo buttato il rogo il grembiule nero e ci siamo seduti sui banchi: che vertigine. Eppure, quelle leggi razziali che nel 1938 hanno chiuso i cancelli di tutte le scuole d'Italia, d'ogni ordine e grado, a studenti e docenti ebrei, ce le ho addosso da sempre. E quando la senatrice Segre ha ricordato in apertura della nuova legislatura quel capitolo di storia – che è ben più di un capitolo e una stagione – è tornato lì, in Senato. E qui, ovunque in questo paese. Anche per chi, come me, ha vissuto a scuola sempre e soltanto il tempo della libertà. Mia madre aveva sei anni appena compiuti, in quell'ottobre del 1938. Non poteva entrare in nessuna scuola pubblica. Aveva scritto "razza ebraica" in stampatello sui documenti: quando sua madre provava a iscriverla in una scuola privata, ce la tenevano fintanto che non arrivavano quei documenti. Quel che succede nella testa e in tutte le fibre del corpo di una bambina di sei anni cacciata da scuola non è una cosa che viene e poi passa. Ce l'hai dentro per il resto della vita e più. L'interdizione della scuola per studenti e insegnanti ricordata dalla senatrice Segre all'inaugurazione della nuova legislatura di un paese democratico come il nostro, dove vige il libero esercizio del voto di rappresentanza, è forse il segno più cruento e indelebile di quell'abominio che è stato il fascismo. Un regime di dittatura tanto spietato quanto insensato, sconfitto dalla storia a dispetto di quelle nostalgie che affiorano ancora, di quegli echi di rimpianto che di tanto in tanto si fanno sentire fra le righe di gesti e parole. L'interdizione dalla scuola agli appartenenti alla "razza ebraica" (concetto inesistente, sbagliato) la dice lunga su quel che è stato il fascismo: una violenta assurdità durata vent'anni, che non deve né dovrà mai più non solo tornare ma neanche essere evocata se non nel segno dell'orrore, del "mai più", del tanto male che ha fatto a tutti. Non soltanto a quei bambini e ragazzi ebrei esclusi dalle scuole e dalle università. Non solo a loro. A tutti noi, in quell'allora e nel dopo. Per questo la sento anche io addosso, dentro la pelle, l'onta delle leggi razziali. Il peso di chi si porta addosso, come me nelal carne ma come tutti gli italiani nella coscienza storica, la vergogna che è stato il fascismo. Ecco, vergogna: questa è la parola evocata troppo di rado per raccontare quel che il fascismo. Vergogna nel passato, coscienza nel presente e nel futuro. Nessuno oggi deve vergognarsi del fascismo perché la colpa della storia non è tale se non dei responsabili diretti, e men che meno si trasmette di generazione in generazione. Colpa, no. Ma senso di responsabilità verso questo comune passato, sì: un senso di responsabilità che è il dovere di non oscurare, non ignorare quel passato. E di riconoscerne la vergogna che è stato. Anche "soltanto" per avere cacciato da scuola studenti e docenti ebrei.

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