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La Stampa Rassegna Stampa
07.10.2022 Putin il pazzo
Commento di Anna Zafesova

Testata: La Stampa
Data: 07 ottobre 2022
Pagina: 17
Autore: Anna Zafesova
Titolo: «Il compleanno di sangue dello Zar, Zelensky: 'Se usa la bomba è finito'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/10/2022, a pag. 17, con il titolo "Il compleanno di sangue dello Zar, Zelensky: 'Se usa la bomba è finito' ", l'analisi di Anna Zafesova.

Anna Zafesova | ISPI

Anna Zafesova

Ukraine War: Vladimir Putin has gambled everything and lost - Atlantic  Council
Putin come Hitler?

Il comando ucraino si sta già preparando: «Considerando che il nostro nemico è ossessionato dalle date sacrali, non escludiamo che nel giorno del compleanno del loro leader colpiranno l'Ucraina con massicci attacchi missilistici», lancia l'allarme il generale Oleksiy Gromov, vicecomandante della cellula operativa dello Stato Maggiore di Kiev. Che i sottoposti di Vladimir Putin possano decidere che come cartolina di auguri per i suoi 70 anni gradirebbe bombardamenti di case, ospedali, centrali elettriche e fabbriche ucraine, è forse l'illustrazione più sintetica ed efficace di quello che il presidente russo è riuscito a costruire, della sua vita e del suo Paese. Una mano ignota ha messo qualche giorno fa sulla tomba dei genitori di Putin un biglietto che chiede di richiamare all'ordine il loro figlio: «litiga con i compagni e minaccia di far saltare tutto». Quando, il 7 ottobre 1952, Vladimir Spiridonovich e Maria Ivanovna Putin hanno finalmente avuto quel figlio ormai insperato (i due precedenti erano morti da piccoli), non sarebbero mai riusciti a credere che settant'anni dopo tutto il mondo l'avrebbe guardato con terrore, aspettando se si deciderà o meno a schiacciare il pulsante rosso per lanciare la bomba atomica. Che Putin sia ossessionato, da anni ormai, dal come entrerà nella storia, è qualcosa che confermano molti intellettuali che gli hanno parlato. Lui si è paragonato in pubblico a Pietro il Grande, lo zar che ha costruito la Russia moderna, e ha fondato la città dove Putin è nato, quando però non portava il nome del primo imperatore russo, bensì di Vladimir Lenin, che il presidente ha dichiarato più volte di odiare. In un certo senso, la parabola politica di Putin e della sua ideologia, potrebbe venire compresa tra questi due personaggi, nel tentativo di emergere da un passato profondamente sovietico per riconquistare una mitologica grandeur imperiale. L'unica componente riuscita di questo progetto è il sistema di potere costruito da Putin: assomiglia senz'altro più a una monarchia assolutista che a un totalitarismo del XX secolo, con i capricci dello zar e gli intrighi dei suoi cortigiani che determinano la guerra, senza un partito capillare e un'ideologia solida a tenere in piedi il suo fatiscente impero. Curiosamente per un uomo cresciuto dentro due strutture forti e articolate come il Pcus e il Kgb, Putin non crede nei sistemi: si fida soltanto delle alleanze personali, circondandosi essenzialmente di amici della scuola di judo, compagni di scuola, commilitoni dei servizi e colleghi del comune di Pietroburgo, persone alle quali può chiedere una lealtà basata sulla complicità di un'amicizia. Forse, è la conseguenza del grande choc che ha vissuto con il collasso dell'impero sovietico, che continua a rievocare ossessivamente: i sistemi l'hanno tradito, lasciandolo solo. Forse, è il retaggio dell'adolescenza povera in una stanza in un appartamento in coabitazione nei quartieri proletari di Leningrado, che gli ha inculcato una cultura da gang di strada più che di lavoro di squadra. Queste due esperienze hanno forgiato un politico che non capisce l'arte del compromesso, crede soltanto nella forza e non tollera di avere intorno non soltanto un numero due, ma praticamente nessuno che non si posizioni come suo diretto sottoposto. Il risultato è che oggi, mentre il patriarca di tutte le Russie Kirill invita il clero e i credenti a pregare per Vladimir Putin per almeno due giorni, il leader russo riceverà gli auguri per i suoi 70 anni da una classe dirigente che sta facendo calcoli sulla sua aspettativa di vita, come è inevitabile per un sistema politico dove la marcia indietro è stata smantellata. Volodymyr Zelensky è stato molto esplicito ieri nel dire che «Putin non sopravviverà al ricorso alla bomba atomica», ma anche se ha specificato che «il mondo non glielo perdonerà», sembra alludere semmai ai fedelissimi putiniani ai quali ha già promesso che non negozierà con la Russia finché non cambierà presidente. A contare, in una storia, è il finale. Per il mondo, il leader russo entrerà nella Storia alle bombe su Mariupol, alle fosse comuni di Bucha, alle celle di tortura di Izyum. Per i russi, in 23 anni il putinismo ha reso il potere politico uno strumento di arricchimento, per poi violare tutti i patti stretti sia con il popolo che con l'élite: il primo è stato staccato dal televisore che raccontava le vittorie russe per venire mandato in guerra senza armi e senza speranza, la seconda ha perso in pochi mesi ville, yacht, squadre di calcio che ha collezionato in Europa. Resta l'interrogativo su quanti putinisti – inclusi gli eventuali diretti esecutori del suo ultimo ordine – abbiano voglia di morire inceneriti nell'apocalisse nucleare.

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