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La Stampa Rassegna Stampa
28.08.2022 I soldati ucraini: 'Cacceremo gli invasori'
Commento di Francesco Semprini

Testata: La Stampa
Data: 28 agosto 2022
Pagina: 20
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «Con i soldati sul fronte di Kherson: 'Cacceremo indietro gli invasori'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/08/2022 a pag.20 con il titolo "Con i soldati sul fronte di Kherson: 'Cacceremo indietro gli invasori' " l'analisi di Francesco Semprini.

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Francesco Semprini

Ten military lessons from the war in Ukraine

La colonna di camion costeggia la M-14 in direzione di Mykolaiv senza soluzione di continuità, sono fermi dal tramonto, in attesa di entrare in città. Ai primi bagliori dell'alba i motori si scaldano per riprendere la marcia. I check point si fanno sempre più frequenti, i controlli più attenti, ci avviciniamo alla linea del fronte meridionale dove è atteso a giorni l'inizio della controffensiva ucraina. La seconda dopo quella che a giugno ha permesso di strappare ai russi i distretti in direzione di Kherson, facendo indietreggiare prepotentemente le truppe di Mosca. L'appuntamento è alle porte della città, sul lato Est, con i militari della 59 esima Brigata, ci sono anche due combattenti della Legione Georgiana, la bandiera si nota a un paio di centinaia di metri. Partiamo verso il fronte dove è prevista un'altra giornata di manovre militari per preparare il terreno a nuovi slanci in avanzata. «Aspettiamo indicazioni», spiega il maggiore Sergey Tsekhotskiv, un veterano del fronte meridionale, è lui a guidare il manipolo di militari con cui «embedded» vivremo la linea di fuoco. Le voci stridule delle radio sono il segnale atteso, si parte, sempre sulla M-14, verso Sud. La prima tappa è un avamposto in un punto non meglio specificato della parte bassa dell'Oblast di Mykolaiv. Una geometria scarna di cunicoli conduce a cucina, dormitori e una specie di bunker. Mentre, coperti da boscaglia, gli uomini di guardia, tra materassi e Kalashnikov, si danno il cambio trovando ristoro in caffè solubile e latte a lunga scadenza. Artem muove tra le dita otto proiettili di Ak-47 tenuti assieme da un elastico rigido: «È un anti stress». Aleksander preferisce la più tradizionale sigaretta, la spegne con l'anfibio mentre l'altra è già tra le labbra, il suono dello Zippo che si apre e richiude è una specie di litania. «Adesso andremo in una posizione dove si trova un "pezzo" della nostra artiglieria, seguite alla lettera quello che vi dirà Dmitry», dice il maggiore Tsekhotskiv nome di battaglia "Andrè". Dmitry Dozirciy è un "eroe" della 59 esima brigata, il suo contributo è stato fondamentale durante la battaglia del ponte Antonivskyi, nel pieno della violenta offensiva russa di febbraio, grazie alla sua copertura ha permesso alle truppe di Kiev di effettuare un veloce ed efficace ripiegamento evitando perdite pesanti di vite e mezzi. Il ponte è stato poi bombardato più volte dalla forze ucraine con gli Himars (lanciarazzi multiplo leggero) forniti di recente dagli Stati Uniti, tutti i tentativi di ricostruirlo da parte dei russi sono stati vanificati, rimane una barriera all'avanzata delle truppe di Vladimir Putin su quella dorsale. Dozirciy conosce bene lo stato di salute della forze di Kiev nell'area: «Abbiamo compiuto progressi, ma abbiamo bisogno di più mezzi e munizioni», ci dice mentre leva rami, fogliame e reti mimetiche dal mezzo che si prepara a guadagnare la linea del fronte. Da quel crogiuolo di natura morta spunta il "garofano", ovvero il 2S1 Gvozdika, un obice semovente di fabbricazione sovietica, mezzo completamente anfibio in grado di muoversi sulla terraferma con i propri cingoli. «Grazie a questi abbiamo costretto i russi a indietreggiare, ma serve altro», prosegue il giovane militare mentre fa strada in uno scantinato dove sono custoditi proietti pronti all'utilizzo. Avete anche Himars in questa zona? Dmitry sorride: «Non sono autorizzato». La voce alla radio dice che è tutto pronto, il "garofano" può raggiungere la posizione, lo spazio individuato da dove sparare è una radura pianeggiante apparentemente sconfinata. A dieci chilometri ci sono le postazioni nemiche. La sera prima era giunta la notizia che i genieri russi stavano tentando di realizzare una lunga pedana sotto un ponte distrutto, l'obiettivo forse è impedirne il completamento. Il puntatore corre verso l'orizzonte, si ferma, pianta la strumentazione e misura le coordinate, al suo segnale arriva il Gvozdika. «Dopo il terzo tiro tutti via a velocità sostenuta, i russi potrebbero rispondere al fuoco con missili e artiglieria», urla il maggiore Andrè. Silenzio. L'avanzare del frastuono meccanico ruba la scena, il mezzo guadagna la posizione, il militare al suo interno carica il "proietto" da 122 mm, guarda il puntatore che trasmette le coordinate, il tenente a terra fa segno con la mano: «Fuoco». Il boato è fortissimo, l'eco lo amplifica, la bocca dell'obice sprigiona lingue di fuoco. Uno, due, tre colpi. Ancora silenzio, una frazione di secondo in cui il vento accarezza la vegetazione riprendendosi la scena. «Tutti via», grida il maggiore, la corsa ai pick-up è da centometristi, timore, adrenalina, le gambe non le senti, nemmeno i chili di attrezzatura di protezione addosso. La corsa in auto verso distanze sicure è da rally, il terreno brullo innesca un effetto tagatà, mentre pian piano l'affanno prende possesso del corpo. Si ritorna sulla M-14, gli animi si rasserenano, il corpo si rilassa, la mente ripensa a ciò che è accaduto, gli occhi sono rapiti dall'immagine del «garofano». «Qui c'erano i russi», dice il maggiore Andrè indicando i territori verso Nord. «Le truppe di Putin stavano per accerchiare Mikolayv a ridosso del fiume, sarebbe stato un assedio letale, invece li abbiamo rimandati indietro. Abbiamo bisogno di armi, di più, ora non c'è tempo da perdere, ogni istante perso è un'opportunità per gli occupanti», prosegue il veterano del fronte di Kherson levandosi l'elmetto. La testa canuta tradisce una certa maturità anagrafica, seppur ingannata dalla sfumatura alta e dal fisico tirato come quello di un pugile. «Ciao nonno», dice la bimba sullo schermo del telefono che regge in mano il comandante Andrè. È la nipote collegata dall'Inghilterra in videochiamata, stretta tra le braccia della mamma (la figlia del militare). «Quando prendete i russi levategli i vestiti - dice la bimba -, così non possono più andare in giro». Il maggiore sorride, l'occhio si chiude e si gonfia lucido. È la volta del nipote maschio: «Ciao nonno», «ciao guerriero», risponde. «Nonno quando ci vieni a trovare?». «Quando finisco qui, Slava Ukraïni amori miei».

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