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La Stampa Rassegna Stampa
26.08.2022 Assedio nel Donbass
Cronaca di Rick Mave

Testata: La Stampa
Data: 26 agosto 2022
Pagina: 15
Autore: Rick Mave
Titolo: «Tra i fantasmi di Bakhmut: 'Senza cibo e assediati dai Wagner'»
Riprendiamo oggi, 26/08/2022 dalla STAMPA, a pag. 15, con il titolo "Tra i fantasmi di Bakhmut: 'Senza cibo e assediati dai Wagner' ", il commento di Rick Mave.

RickMavePhotography | Sedition
Rick Mave

Israel reportedly leaning toward sending defensive military aid to Ukraine  | The Times of Israel

Bakhmut è sotto assedio, l'esercito russo è a circa tre km dal ponte Est sul fiume Bakhmutka, sulle alture ci sono le posizioni di artiglieria russa, all'estrema periferia Est della città è segnalata la presenza dei mercenari del gruppo Wagner, organizzazione paramilitare russa, infamemente famosa per crudeltà e violenza. Man mano che ci si avvicina alla città aumentano i blocchi di cemento posizionati in strada per rallentare l'eventuale avanzata nemica. L'ultimo posto di blocco all'entrata della città non c'è più, è stato bombardato, rimangono solo resti di sacchi di sabbia lacerati al centro della strada e carcasse di auto bruciate accatastate lateralmente per lasciare libero il passaggio. In strada, tra i palazzi, polizia e militari fermano chiunque passi, anche a piedi o in bicicletta, cercano quelli che chiamano i sabotatori, i collaborazionisti russi. Controllano i telefoni, le ultime chiamate, le fotografie, i messaggi, fanno domande: un'umiliazione per la popolazione - in città vivono ancora circa ventimila persone - già vessata duramente da condizioni di vita disastrose. È provato che in questi territori non ci siano solo dei simpatizzanti filorussi ma anche dei collaborazionisti che inviano informazioni e coordinate geografiche affinché l'esercito russo colpisca obiettivi militari ucraini. Questa realtà dei fatti si interseca con la psicosi di guerra, il sospetto e la paura di essere traditi e colpiti determinano questo accanimento, lunghi controlli alla ricerca di prove: sguardi bassi e intimoriti di chi subisce l'ennesima ispezione della giornata. Tutte le strade ad Est della città sono bloccate da cavalli di Frisia sui quali sono stati sovrapposti degli enormi blocchi di cemento. I palazzi a Bakhmut brulicano di militari ovunque. I colpi di artiglieria sono continui, sia in entrata che in uscita. I russi hanno appena colpito due abitazioni al di là del ponte verso Est, una signora si dispera per la sua casa, dice, sconsolata, che ora non ha più nessun motivo per rimanere qui ma che non sa neanche dove andare. I pompieri cercano di domare le fiamme e spegnere l'incendio, lavorano sotto un sole ancora molto caldo e con i giubbotti antiproiettile, uno di loro si accascia per la stanchezza. Questa parte della città è contigua alla zona grigia dove si combatte, una striscia di terra dai confini molto labili e confusi, dove può avvenire di tutto. Ne usciamo non prima di visitare degli appartamenti totalmente distrutti da pesanti bombardamenti, attratti da un vestito blu appeso a un filo, tra le macerie. Quel vestito era il segno che qualcuno viveva ancora lì. Avvicinandoci alla parte posteriore degli edifici, incontriamo Valentine, una signora anziana, sordomuta, unica abitante dell'edificio a pezzi. Vive al piano terra, ci invita ad entrare, attraverso il suo mimare e gesticolare - agita le mani, indicando verso l'alto, poi verso il basso, chiude i pugni e li riapre, sussurra, sospira - ci racconta il tremore provocato dai bombardamenti, il letto che si muoveva, gli alberi che si spezzavano. La casa è molto in ordine e pulita, ci mostra le finestre rotte nascoste dietro la tenda, il frigorifero vuoto perché senza elettricità, le fotografie degli anni passati - si tocca il viso per dirci che è stata anche lei giovane e bella -, riesce a raccontarci pezzi della sua vita ed il dramma che ha vissuto così chiaramente e dettagliatamente da lasciarci frastornati. Valentine ci saluta, poi indicando il vestito si sfrega le mani per farci capire che l'aveva lavato e sorride. Intercettiamo un'ambulanza e la seguiamo fino all'ospedale militare, appoggiate ad una parete esterna dell'edificio ci sono una serie di barelle da campo in tela sporche di sangue secco, strappate, luride. Qui troviamo diversi feriti, soldati zoppicanti, altri insanguinati, molti probabilmente a causa delle ustioni hanno il volto e il corpo totalmente ricoperto di garze. Ci viene tassativamente vietato di fare domande e di fotografare i militari. La propaganda impone la conta e la divulgazione del numero dei feriti e dei morti nemici e mai dei propri.

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