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La Stampa Rassegna Stampa
10.08.2022 Il ricatto nucleare ultima arma di Putin
Analisi di Domenico Quirico

Testata: La Stampa
Data: 10 agosto 2022
Pagina: 17
Autore: Domenico Quirico
Titolo: «Il ricatto nucleare ultima arma di Putin»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/08/2022, a pag.17 con il titolo "Il ricatto nucleare ultima arma di Putin" il commento di Domenico Quirico.

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Siamo dunque giunti in Ucraina al fosco capitolo del ricatto atomico o del terrorismo nucleare? Come sempre accade in quel gran ciarpame di confusione in cui già si preparano i peggiori avvenimenti domina un misterioso rispetto per la bugia e la disinformazione. Zaporizhzhia: non dimenticate questo nome. Corrisponde a lugubri e per fortuna possenti (garantisce la Agenzia internazionale per l'energia atomica) cubi di cemento armato che ospitano una delle quattro centrali atomiche ucraine. Da alcuni giorni sono il bersaglio di frequenti tiri di artiglieria per ora senza conseguenze. Gli ucraini accusano i russi. Il presidente Zelensky, sempre alla ricerca di una buona battuta per il copione delle prediche serali alla nazione e non solo, ha denunciato esplicitamente «il terrorismo atomico russo»: la Russia «Stato terrorista», talmente criminale da esser l'unico che osa manovrare cinicamente la possibilità di una catastrofe nucleare per ricattare il mondo. «Perché se a Chernobyl - ha rammentato - il reattore esploso era uno a Zaporizhzhia potrebbero essere sei». A seguire la logica verrebbe da dubitare dell'accusa visto che la centrale è stata da tempo occupata dai soldati russi. E appare quanto meno singolare che siano così malaccorti o diabolici da bombardarsi da soli. Va bene il disinvolto macchiavellismo criminale stile Kgb. Ma causerebbero un disastro di cui sarebbero le prime vittime. I russi contrattaccano sostenendo che colpevoli sono gli ucraini che sparano dalle loro linee oltre il fiume Dniepr e mostrano come prove «inoppugnabili» alcuni filmati: come sempre di impossibile decifrazione e accertamento. Alla fine quello che resta sono solo parole. Di concreto ci sono le cannonate e la possibilità di essere annientati da una esplosione atomica. Di Zaporizhzhia si parlava, ma sottovoce, da tempo. L'improvvisa raffica di attenzione propagandistica mentre corrono voci di un agosto di grandi e risolutivi avvenimenti militari, fa sorgere qualche dubbio. Il pericolo nucleare è da sempre il pretesto perfetto di quando si decidono «escalation» militari su cui non si è certo di avere il consenso. Quello che è certo è che i russi hanno dedicato alle centrali atomiche ucraine dal primo giorno di guerra un capitolo della loro strategia. Due centrali le hanno occupate: Zaporizhzhia e Chernobyl, evocatrice di spettri a prescindere. Anche lì si sono registrati incidenti dovuti ad attività bellica come la interruzione dei sistemi di controllo a distanza della radioattività. Una terza, Kostiantinivka, è invece sfuggita ai loro attacchi. Occuparle dà la possibilità di privare l'Ucraina di energia elettrica visto che il nucleare ne fornisce la metà, creando gravi impicci ai progetti di riscossa sul campo. Secondo gli ucraini che aggiungono anche prove filmate i militari russi usano i siti atomici soprattutto per farne delle piazzeforti e depositi al riparo dei colpi della artiglieria nemica. A Zaporizhzhia infatti sarebbero nascosti ingenti quantitativi di munizioni e postazioni di artiglieria al riparo di una sorta di intangibile santuario atomico. Piano che gli ucraini, peraltro, non avrebbero esitato disinvoltamente a scombinare. Circolano infatti immagini di un drone di Kiev che polverizza soldati russi accampati all'interno della centrale. Verità da brividi o semplice propaganda a cui la comunicazione militare ucraina si dedica con successo tra gli ingenui collezionisti social di brividi bellici di tutto il mondo. Ma che poco svelano della verità della situazione militare. Accanto a una possibile apocalisse di chilotoni tattici e strategici c'è chi rammenta altri rischi forse più concreti: ovvero che a causa della situazione possa sopravvenire un calo di alimentazione che blocchi il raffreddamento dei reattori. Oppure in un sito in cui i tecnici sono costretti a lavorare tra bombardamenti e minacce possa verificarsi un irreparabile errore umano. Senza dimenticare che un guasto sarebbe difficile da riparare in un luogo costeggiato da fronti di guerra impegnati a scambiarsi cannonate. La nostra unica assicurazione quindi è nei metri di cemento armato. Proiettili di artiglieria, si assicura, difficilmente possono sfondare i ciclopici spessori della centrale. Ma siamo come sempre alle simulazioni. La realtà chissà… All'inizio della guerra si è discusso, poco, sui rispettivi arsenali atomici russo e americano e le possibili prospettive di fine del mondo. In quel caso la sorprendente assenza di panico universale si poteva far risalire alla certezza che funzionasse sempre la vecchia, saggia regola non scritta della Guerra fredda prima maniera. Mille bombe di qua mille di là: ma servivano solo come ipotesi, come deterrenza contro i colpi di testa. Conoscendo entrambi le conseguenze. Ora dopo sei mesi siamo già scivolati su un piano ben più inclinato. Le centrali atomiche sono diventate arma di guerra, che sia ricatto o propaganda in fondo è dettaglio poco importante. Cito Zelensky: un incidente a Zaporizhzhia sarebbe la fine dell'Europa, la fine di tutto. Se il presidente ucraino pensava di sollevare fervide indignazioni contro l'ennesima, apocalittica conseguenza dell'aggressione russa deve esser rimasto deluso. Ci stiamo, non c'è dubbio, avviando a una stagione di grande indifferenza nei confronti della tragedia ucraina. Di più: di sincera avversione. Dalle spiagge di tutta Europa salgono sospiri di noia verso questa guerra ormai di trincee, di avanzate millimetriche, di offensive mostruose e risolutive ma che non arrivano mai. La guerra, soprattutto quella degli altri stanca. Persino gli europei dell'est finora zelantissimi nei confronti degli sventurati profughi ucraini danno segni di volere che i fratelli ucraini tornino a casa. Perfino una nuova Chernobyl causata da cannonate non ha la densità dell'incubo e lo splendore dello spavento. C'è solo l'aria appiccicosa legata al vecchio dibattito di politica interna sul nucleare civile da far risorgere in epoca di penuria energetica. Niente che valga iperboli violente e parole terribili. Tutti si sono autoconvinti che la guerra atomica sia qualcosa di anacronistico. Già: ma Zaporizhzhia?

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