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La Stampa Rassegna Stampa
03.05.2021 Antisemitismo e omofobia: da Pio e Amedeo alla denuncia di Fedez
Cronache di Roberto Pavanello, Luca Dondoni

Testata: La Stampa
Data: 03 maggio 2021
Pagina: 7
Autore: Roberto Pavanello - Luca Dondoni
Titolo: «Pio e Amedeo, Canale 5 nel mirino. La Comunità ebraica in rivolta - Fedez: questa Rai è vergognosa»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03/05/2021, a pag. 7, con il titolo "Pio e Amedeo, Canale 5 nel mirino. La Comunità ebraica in rivolta", il commento di Roberto Pavanello; a pag. 5, con il titolo "Fedez: questa Rai è vergognosa" la cronaca di Luca Dondoni.

Ecco gli articoli:

Roberto Pavanello: "Pio e Amedeo, Canale 5 nel mirino. La Comunità ebraica in rivolta"

Vladimir Luxuria su Pio e Amedeo: Se avessi riso, gli omofobi non avrebbero  smesso di picchiarmi
Pio e Amedeo

Quella di Pio e Amedeo, venerdì, non è stata una Felicissima sera, come invece recita il titolo del loro programma su Canale 5. Benché premiati dall'audience, sono finiti al centro di dure polemiche per il loro monologo a due voci sul politicamente corretto. Volevano essere divertenti, ma lo sono stati ben poco per una buona fetta dell'opinione pubblica. Il loro pensiero, in estrema sintesi, è che non contano le parole ma l'intenzione con cui le dici. E che, in buona sostanza, basta una risata per disarmare chi vuole offendere: «L'ignorante si ciba del vostro risentimento». Quindi per gli ex "emigratis" che della cafonaggine hanno fatto il veicolo per raggiungere il successo, «negro» o «ricchione» non sono di per sé offensive. Anzi, hanno detto rivolgendosi ai gay: «Se vi dicono frocio, voi ridetegli in faccia». Evidentemente la lezione di Nanni Moretti che in Palombella rossa urlava furente che «le parole sono importanti» non è stata fatta loro. Il regista e attore romano diceva «le parole» e non «le intenzioni». E dire che eravamo nel 1989. Sabato sera le repliche, tra l'incredulo e l'indignato, non hanno tardato ad arrivare. Subito su Twitter è stato un profluvio di interventi, in particolare della comunità rainbow, molti dei quali citavano episodi in cui erano stati oggetto di derisione e di violenza, altro che risate per demolire l'odiatore. Ai comici pugliesi ha risposto anche Michele Bravi, dal palco del Concertone. Era ormai quasi mezzanotte quando il cantante, senza alzare la voce ma con fermezza, ha ricordato che «le parole sono importanti tanto quanto le intenzioni, le parole scrivono la storia, anche quelle più leggere possono avere un peso da sostenere enorme». Bravi ha portato alla loro attenzione la sua esperienza personale: «Io ci ho messo tanti anni a trovare le parole giuste per raccontare il mio amore per un ragazzo - ha detto con un sorriso appena accennato ma gli occhi scintillanti -, e per me è un onore essere su questo palco per continuare a dare il giusto peso alle parole».

Ruth Dureghello: “Bisogna lottare per i diritti. È questo l'unico antidoto  contro l'odio e il razzismo” - La Stampa
Ruth Dureghello

Al coro di chi non ha apprezzato il "duetto" di Pio e Amedeo si è unita la voce di Ruth Dureghello, presidente Comunità Ebraica di Roma: «Le parole sono il preludio della violenza - ha scritto su Facebook -. Questa è la difesa della libertà di tutti, non razzismo al contrario o difesa di alcune minoranze. Anche quella di un bambino del Sud che si trasferisce al Nord e non deve accettare gli insulti contro i meridionali solo perché così lo hanno deciso Pio e Amedeo». «Si può scherzare su tutto? - è la riflessione di Dureghello -. Certo, lo hanno fatto comici veri e di livello, consapevoli dell'importanza della parola e degli effetti che ha prodotto nella storia». Ma attenzione: «Sdoganare l'aggettivo ebreo con il significato di tirchio, per esempio, può sembrare rivoluzionario solo agli ignoranti che non conoscono le cose».

Luca Dondoni: "Fedez: questa Rai è vergognosa"

Primo maggio, la Rai nega le accuse di censura: Fedez pubblica il video  della telefonata - la Repubblica
Fedez

“Sono devastato». La mattina dopo il discorso dal palco del Concertone del Primo Maggio a favore del Ddl Zan e la denuncia di aver subito un tentativo di censura, il rapper ha la voce che gli trema: «Non voglio sembrare uno che vuole sfruttare questa situazione per apparire. Quello che volevo dire l'ho detto. Se la Rai vuole fare chiarezza, bene. Altrimenti quello che è accaduto ieri è sotto gli occhi di tutti». Mentre lo smartphone si riempie di reazioni, Fedez incomincia a rispondere alle critiche su Instagram, spiegando ancor meglio il perché del suo discorso. «Ho dormito poco e niente, ma ho visto che c'è chi mi ha attaccato su tutto, sul discorso che ho fatto ma anche sulla macchina, sulla Lamborghini. Ecco una novità, vendo la Lamborghini, tanto non la uso più e butto lì una domanda: ma se compro una Panda sono più credibile e posso dire quello che penso?». «Voglio solo tornare dalla mia famiglia», dice Fedez: solo dopo aver raggiunto Milano, dove vive con la moglie Chiara Ferragni e i due figli Leone e la neonata Vittoria, si è finalmente sentito più tranquillo. E per capire l'aria che tirava in casa Ferragnez, bastava dare un'occhiata all'account Instagram della regina degli influencer. Che, come sempre, sostiene il marito: «Sono veramente molto fiera di Federico: ha avuto il coraggio di andare contro tutti e dire ciò che si pensa». Certo non è stato un colpo di testa, quello di Fedez: era un mese che preparava il discorso da fare al Concertone. Il tema dei diritti civili gli sta particolarmente a cuore, tanto che i13 aprile aveva organizzato una diretta Instagram con il deputato del Pd Alessandro Zan per parlare della tanto sofferta legge e aveva chiesto, assieme a Chiara, alle oltre trentamila persone collegate di firmare la petizione e mandare una mail al Presidente della commissione giustizia del Senato per chiedergli di calendarizzare la discussione in Aula. «Sono felice di poter mettere a disposizione il mio Instagram per questa causa». Ma oltre ai problemi di merito - e la sacrosanta battaglia contro l'omofobia -, ci sono quelli di metodo, le accuse di censura alla Rai e la rabbia del rapper di fronte al fatto che «mi vogliano far passare per bugiardo». «Non solo è vero che mi hanno chiesto di non fare i nomi dei politici leghisti - rincara - ma sono sicuro che sia successo anche ad altri. Sarebbe interessante indagare dietro le quinte dei concertoni passati. In queste ore mi stanno scrivendo tanti colleghi anche molto famosi che mi dicono come situazioni simili siano capitate anche a loro». Così quando è arrivato il comunicato che sosteneva: «È fortemente scorretto e privo di fondamento sostenere che la Rai abbia chiesto preventivamente i testi degli artisti intervenuti al concertone per il semplice motivo che è falso, si tratta di una cosa che non è mai avvenuta», la reazione di Fedez è stata netta e inconfutabile: ha subito pubblicato la telefonata intercorsa con la vicedirettrice Rai che lo invitava ad abbandonare l'idea di fare nomi e cognomi di alcuni politici leghisti. «Meno male che ho registrato la telefonata e non pensavo di dover arrivare fino a questo punto, ma evidentemente non c'è limite alla vergogna - ha detto Fedez nei suoi post -. Io il testo alla Rai l'ho mandato eccome e al telefono mi hanno detto parole come "devi adeguarti ad un sistema, i nomi che fai non puoi dirli" e una serie di altre cose. Ora, nel momento in cui con un comunicato ufficiale mi si dà del bugiardo, sono costretto a pubblicare la telefonata che fortunatamente ho registrato. Tra l'altro, è stata una delle telefonate più spiacevoli che ho avuto in vita mia. Adesso la Rai mi accusa di aver montato ad arte il video, ma io metto a disposizione la versione integrale e a quanto pare, visto che la stanno facendo girare anche loro, mi stavano registrando». Una situazione quasi surreale, dice Fedez. «Nella parte che hanno pubblicato loro si danno la zappa sui piedi da soli. Io chiedo: "ma allora posso dire quello che voglio?" E la dirigente Rai mi risponde "no, no, no". A quel punto chiedo se posso dire delle cose che per lei sono inopportune ma che per me sono opportune, non hanno turpiloqui o bestemmie e riportano semplicemente i fatti: quel silenzio assordante che si sente di risposta dice davvero tutto».

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