martedi` 23 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
25.03.2021 Danimarca: interi quartieri governati dalla sharia
Commento di Monica Perosino

Testata: La Stampa
Data: 25 marzo 2021
Pagina: 15
Autore: Monica Perosino
Titolo: «In Danimarca nuova stretta sui ghetti: 'Società parallele, via i non occidentali'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/03/2021, a pag.15 con il titolo "In Danimarca nuova stretta sui ghetti: 'Società parallele, via i non occidentali' " la cronaca di Monica Perosino.

Come scrive Monica Perosino, la situazione in Danimarca è grave. Situazioni analoghe a quella descritta sono oggi di attualità in molti Paesi europei, dal Belgio alla Francia, dalla Svezia all'Inghilterra. I numeri citati nell'articolo sono impressionanti.

Ecco l'articolo:

Risultati immagini per monica perosino
Monica Perosino

In Danimarca nuova stretta sui ghetti: “Società parallele, via i non  occidentali” - La Stampa
Nel quartiere
Mjolnerparken...

Ha cancellato frettolosamente il termine «ghetto» perché «fuorviante», ma la sostanza rimane uguale: il governo socialdemocratico danese prevede un nuovo giro di vite sui «quartieri svantaggiati», quelli che fino a ieri erano chiamati ufficialmente «ghetti», nei quali la quota di residenti di origine «non occidentale» non dovrà superare il 30%. Come ha lapidariamente sintetizzato il ministro dell'Interno, Kaare Dybvad Bek, estensore della proposta di legge, troppi stranieri non occidentali in un'area «aumentano il rischio di nascita di società religiose e culturali parallele», e a questo occorre porre rimedio. Tra le strade dei quartieri popolari come Mjolnerparken, a Copenhagen, l'aria è intrisa di paura e rabbia: «Dove andremo ora?», dice Huzaifa, 26 anni, pachistano, mentre tempesta di domande l'avvocato del ghetto: «Io lavoro, guido l'auto, ci hanno già imposto regole "diverse", pene più severe in caso di reati, controlli maggiori su tutto. Qui nei ghetti la vita è difficile, ma almeno abbiamo un tetto». A Mjrinerparken vivono circa 3.000 persone, il 98% è immigrato di seconda generazione, l'83% di origine non occidentale, il 43,5% non lavora né studia. La Danimarca ha già da anni una delle politiche di immigrazione più restrittive d'Europa, e se qualcuno si fosse fatto l'idea che un governo di sinistra e una giovane premier socialdemocratica avrebbero invertito la tendenza si è dovuto ricredere presto. Da quando è salita al potere, nel 2019, Mette Frederiksen ha sostanzialmente confermato la politica migratoria dei precedenti governi, e nonostante abbia bloccato il piano di deportare i richiedenti asilo respinti su un'isola disabitata del Baltico (Lindholm, dove si facevano esperimenti sulle malattie infettive e la cui terra è ancora intrisa di tracce di vari virus), le aperture sono state marginali. Soltanto due settimane fa la Danimarca è stata la prima delle democrazie occidentali a dichiarare alcune aree della Siria «sicure». Le autorità danesi hanno stabilito che la situazione a Damasco è migliorata, nonostante le prove di condizioni di vita disastrose e la continua persecuzione da parte del regime di Bashar al-Assad, e ha privato 94 rifugiati del diritto di rimanere nel Paese. La Danimarca - primo Paese a firmare la Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati nel 1951- ha ora adottato una politica in materia di asilo che, come scrive Politico - assomiglia a quella di Paesi nazionalisti come l'Austria o l'Ungheria. Lo stralcio della parola «ghetto» dalla proposta di legge è stato motivato da Kaare Dybvad Bek con la teoria che ghetto è un termine che «distoglie l'attenzione dall'enorme lavoro che deve essere fatto in questi quartieri». La parola cambia, lo status di queste aeree no: si tratta di zone con più di 1.000 persone in cui più della metà è di origine «non occidentale» e soddisfa almeno due di quattro criteri: oltre il 40% di disoccupati; più del 60% dei 39-50 anni senza istruzione secondaria; tassi di criminalità tre volte superiori alla media; reddito inferiore del 55% rispetto alla media. Quindici quartieri danesi rientrano attualmente in questa categoria e altri 25 sono considerati «a rischio». E nei ghetti le regole sono diverse: i reati comportano il doppio delle sanzioni, l'asilo nido è obbligatorio per tutti i bambini o niente assegno sociale, le case popolari non possono superare il 40% degli edifici. Ora, se la legge passasse, gli stranieri «non occidentali» non dovranno superare il 40% dei residenti. In quartieri come Mjrinerparken significa che quasi la metà della popolazione sarà cacciata dalle proprie case, per andare dove non si sa. «Nonostante ci siano alte possibilità che la legge passi - spiega Nanna Margrethe Krusaa, giurista dell'Istituto danese sui diritti umani - non è ancora detto che sia legale: dopo le regole sempre più rigide nei ghetti, ora si è fatto un salto ulteriore introducendo il criterio etnico. A casa mia si chiama discriminazione». Ma non si chiameranno più ghetti: «Già, saranno società parallele... ma la sostanza non cambia. E rimane il nodo dei migranti regolari, dei discendenti, di dove andranno tutte queste persone, migliaia».

Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT