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La Stampa Rassegna Stampa
30.06.2020 Politica & Affari: a chi l'Italia può vendere armi?
Cronaca di Jacopo Iacoboni

Testata: La Stampa
Data: 30 giugno 2020
Pagina: 16
Autore: Jacopo Iacoboni
Titolo: «Dopo l'Egitto, l'Italia cerca affari con Riad»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/06/2020 a pag.16 con il titolo "Dopo l'Egitto, l'Italia cerca affari con Riad" il commento di Jacopo Iacoboni.

Rousseau, Jacopo Iacoboni:
Jacopo Iacoboni


Abdel Fattah al-Sisi - Wikipedia
Abdel Fattah Al Sisi

Parallelamente alla vendita di due fregate all'Egitto, concretizzatasi proprio all'indomani di una telefonata avvenuta il 7 giugno tra il premier Giuseppe Conte e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, l'Italia – sempre attraverso Fincantieri - sta lavorando con grande accortezza a un'altra possibile operazione, che sarebbe assai rilevante, anche in Arabia Saudita. A Riad le chances che questo genere di contratti hanno di concludersi, in questo momento, passano attraverso l'aiuto di intermediari turchi, non di rado direttamente legati al governo del presidente Recep Erdogan. Il fatto è che i sauditi hanno deciso di incrementare la loro presenza nei mari, Golfo Persico e mar Rosso. E l'Italia ha fiutato, con una certa abilità ma non senza rischi geopolitici - l'opportunità.
Secondo un report di "Intelligenceonline" che ci viene confermato nella sostanza da due fonti, una italiana e una straniera, Fincantieri è in ottima posizione per concludere nuovi contratti che proseguirebbero un rapporto già consolidato proficuamente nel dicembre del 2019. La cosa finora era passata piuttosto sottotraccia, ma alla fine dell'anno scorso – ancora in èra pre Covid – Fincantieri aveva iniziato la costruzione degli scafi di quattro Littoral Combat ships (LCS), navi da combattimento leggere, costruite dal contractor principale, la Lockheed Martin, per la Marina Reale saudita. Ora la società italiana ha gli occhi alla possibilità concreta di fornire in proprio alla Marina saudita due fregate FREMM, del tipo delle due appena vendute ad Al Sisi.
L'operazione in Egitto era costata molte critiche al governo del premier Conte, vista la tuttora modesta collaborazione egiziana nelle indagini sulle torture e l'assassinio al Cairo del ricercatore italiano Giulio Regeni. Naturalmente, anche rilevanti avanzamenti di commesse militari italiane in Arabia Saudita potrebbero essere fonte di problemi e imbarazzi geopolitici. Per diverse ragioni. L'uomo chiave per aprire le porte delle lucrose commesse militari saudite è un turco, con cui gli attori di business italiani in terra saudita sono già in ottimi contatti: si chiama Omar bin Ali bin Omar Babtain, guida una serie di società conosciute come Alomba Group (il cui direttore commerciale è un italiano, Edoardo Lucarelli). Babtain guida consorzi che fanno spesso team con aziende estere, e hanno accesso eccezionale ai ministeri sauditi della difesa e all'energia. Tutto ovviamente legittimo, ma chi conosce il teatro saudita spiega che lavorare con Babtain significa mettersi in scia di Ankara, paese che al momento non brilla per democrazia interna – proprio nel momento in cui, anche in Libia, la Turchia (in nuovo asse con la Russia di Vladimir Putin) ha notevolmente esteso il suo raggio d'azione, conquistando il pallino del gioco (e a scapito della tradizionale forza geopolitica italiana in Libia). Uno dei più grandi magnati turchi, Ahmet Calik, re della finanza e dell'energia turca, assai vicino a Erdogan, si avvale per gli affari nel Golfo proprio di Babtain, a sua volte in contatti col potente consigliere per gli esteri di Erdogan, Ersat Hurmuzlu. 
Che Turchia e sauditi siano disallineati su diverse questioni non sembra essere un problema, per il business. Così come i sauditi hanno fatto conoscere a Roma la volontà di dotarsi anche loro di una certa forza navale. Cosa che potrebbe cozzare con l'intenzione di Al Sisi, loro alleato, di porsi come il primo attore navale in quel quadrante del Mediterraneo. Negli ultimi cinque anni Il Cairo ha speso in armi e piattaforme più di chiunque altro nell'area, ma finora aveva comprato soprattutto dalla Russia (10 miliardi), poi dalla Francia (otto), e solo 2,5 miliardi dagli Stati Uniti. Investimenti egiziani (compresi i due acquisti di fregate dall'Italia) avvenuti soprattutto grazie ai cospicui aiuti ricevuti proprio dai sauditi. Che ora però vogliono rafforzarsi in proprio. L'Italia, in questo mordi e fuggi geopolitico-economico, può allo stesso tempo guadagnare soldi e perdere peso geopolitico, consegnandosi peraltro ai regimi.

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